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TESTO Signore, nella tua luce vediamo la luce

don Walter Magni   Chiesa di Milano

IV domenica di Quaresima (Anno A) (26/03/2017)

Vangelo: Gv 9,1-38b Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

24Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Un episodio come quello che abbiamo ascoltato corre tutto sul filo dello sguardo. Di uno sguardo che vede, che non vede o che non vuole vedere. E il filo rosso, la tensione che attraverso questo straordinario episodio, il punto focale lo si percepisce alla fine del racconto, quando quell'uomo ch'era stato cieco riesce finalmente a vedere Gesù, credendo in Lui: "ed egli disse: ‘Io credo, Signore!'. E gli si prostrò innanzi" (9,38).

Lo sguardo di Dio
"Passando, il Signore Gesù vide un uomo cieco dalla nascita". Quello di Gesù è uno sguardo che raggiunge il cuore. Che si intreccia con i tuoi desideri e i tuoi bisogni più profondi. Uno sguardo che consola, che salva. Libero da ogni pregiudizio, diremmo noi: semplicemente positivo. Gesù vede con i Suoi occhi un uomo che non vede, che non ha mai visto la luce e colori, un tramonto o il volto di un bambino. E mentre lo guarda Lo attraversa un fremito, un bisogno del cuore. L'istinto divino che anche quell'uomo possa vedere; che pure lui possa amare guardando, accorgendosi degli altri. Riempiendosi gli occhi di quella bellezza che lo renda capace a sua volta di tenerezza e consolazione. Prima di giudicare, prima di tante nostre domande, Gesù mette in atto la grammatica della compassione. Guardando l'altro così com'è. Dando all'altro l'unico credito del quale è capace: essere se stesso. Nella sua identità primordiale. Qui, infatti, scatta un primo contrasto con i Suoi, che davanti a quell'uomo vengono presi dalla smania di farne un caso curioso di teologia morale: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?". C'è una naturalità, una creaturalità dell'altro che non ammette sovraccarichi. Che va accolta senza se e senza ma. Perché l'altro appartiene prima allo sguardo di Dio che al nostro, inficiato dalle nostre infinite considerazioni. Lo sguardo di Gesù, che si posa su quest'uomo cieco, ci rimanda allo sguardo primordiale di Dio creatore, quando voltandosi al termine del sesto giorno, disse dell'uomo che "era cosa molto buona" (Gn. 1,31).

Scegliere di vedere
Non basta però tornare a vedere. La vita ci insegna che si impara a vedere. Scegliendo di vedere, decidendo di vedere. Accorgersi o non accorgersi, stare ai fatti o cercare di negarli. Camuffando i fatti col pregiudizio o lasciandosi cullare dal gioco facile dell'ideologia. Gesù dà inizio al miracolo nella vita di quest'uomo che era cieco, ma il miracolo va compiuto inoltrandosi nell'esistenza, con tutte le sue fatiche e le sue resistenze. È vivendo che si prende posizione, decidendo di vedere o non vedere, scegliendo da che parte stare. I diversi gruppi che, stando all'episodio evangelico, si mettono a discutere della vista riacquistata miracolosamente da quest'uomo, rappresentano alcune tonalità tipiche della vista umana. Angolature diverse, punti di vista diremmo noi, tutti incentrati su un solo fatto evidente: quest'uomo era cieco e adesso ci vede. Puoi fare l'attendista, come i suoi vicini che giocano a dire che è lui o non è lui; o rivestirti della stessa paura dei suoi genitori che non si compromettono; oppure negare l'evidenza, come i farisei che fanno tutti i loro accertamenti ma guidati da un solo grande pregiudizio: quello di non andare alla radice, alla fonte del fatto di quest'uomo che ora vede: quell'uomo, che nessuno sa da dove viene, che si chiama Gesù. Commettendo, loro, il peccato di chi non vuole vedere. Come dirà più avanti Gesù, commentando l'atteggiamento dei farisei: "Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane" (Gv 9,41). Davvero non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere.

Nello sguardo di Gesù
C'era una donna che faceva l'elemosina a chiunque gliela chiedesse. Sapeva d'essere spesso imbrogliata, ma se le chiedevano, lei dava sempre qualcosa. Come riconoscesse che prima del suo dare c'era una dignità da riconoscere. Il mondo non si salva per i nostri discernimenti e le nostre disquisizioni, ma per quella gratuità - che il mondo chiama volentieri insensatezza - che lo sguardo sanante di Gesù mette in atto senza una ragione umana plausibile. Perché "Dio fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni" (Mt 5,45) e i suoi pensieri non sono i nostri. Decisiva diventa pertanto la risposta che Gesù dà ai Suoi discepoli, che avviano la schiera dei ben pensanti che hanno sempre qualche espediente di saggezza da anteporre allo sguardo sanante di Dio: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio". Sono parole illuminanti, che scaldano il cuore. Che avviano una direzione evangelica, una prospettiva, una mèta precisa alla nostra libertà. O si entra nello sguardo misericordioso di Dio - Misericordiae vultus, dice papa Francesco nella bolla di indizione dell'anno giubilare appena passato - o il cancro del peccato continuerà a deformare il mondo. Una convinzione non ci deve mai più abbandonare: l'essenziale della vita degli uomini, spesso invisibile ai nostri occhi, Dio non smetterà mai di vederlo e di indicarcelo ancora. Perché "verità fondamentale del cristianesimo è questa: ciò che salva è lo sguardo" (S. Weil). Continuando a rivelare all'altro la sua inesauribile bellezza. Così infatti è il nostro Dio, così semplicemente fa Dio.

 

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