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TESTO ... quel sognare ad occhi aperti

don Angelo Casati   Sulla soglia

II domenica di Quaresima (Anno A) (12/03/2017)

Vangelo: Gv 4,5-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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5Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.

31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Ho letto con voi questo racconto, da brivido. So di averlo letto anche male. E aggiungo che, a fronte dello sconfinare emozionante del racconto, molto povero sarà il mio commento. Vorrei lasciarvi un invito: l'invito a rileggerlo, ma piano piano, in silenzio, ciascuno di voi. Come se vi affacciaste da una fessura a quel pozzo. Osservare e ascoltare. Leggerlo con la vostra sensibilità, nelle pieghe segrete. Si parla di un corteggiamento.

Ve ne accorgete dalle parole, che a volte sembrano un pretesto, anche buono. Ma è come se gli occhi dei due andassero ad altro: ciò che conta, ciò che si insegue è altro. Succede. Succede quando ci si innamora. O se volete quando un incontro è vero e non è impallidito né dall'ovvietà né dall'abitudine. E' un incontro vero.

E potrebbe essere un suggerimento a ripensare ai nostri incontri, quelli con Dio e quelli con l'altro, con l'altra. Perché siano veri. Pensate, il vangelo raccontato al pozzo. Nella Bibbia il pozzo è avventura di incontri, il pozzo è terra di trasalimenti, di fidanzamenti. Luogo di appuntamenti. Starei per dire che se non c'è pozzo, se non c'è incontro, non c'è vangelo. Se non c'è in qualche misura corteggiamento, non illudetevi che ci sia evangelizzazione. Negli sguardi indifferenti freddi, gelidi, senza sussulti, non c'è buona notizia, non c'è vangelo.

Il pozzo di Sicar insegna. Il pozzo è all'aperto, non è un luogo religioso. Non è richiesta una appartenenza per andare ad attingere, ci può andare chiunque, non ci vogliono permessi. Ci può andare anche una donna, una donna con una vita disgraziata alle spalle come la donna del racconto. Ci posso andare anch'io. Che non ho una vita immacolata alle spalle. Ebbene Il pozzo di un incontro decisivo, forse unico, lo puoi, per avventura, o, meglio, per grazia, trovare anche in una terra come la Samaria, terra a mezzo tra fede ed idolatrie. Tra fede ed idolatrie, come può essere il mondo d'oggi, o forse il mondo di sempre, stagioni di meticciati e di infedeltà. Le nostre.

Forse c'è una condizione per l'accesso al pozzo: non è che tu sia uomo o donna, di questo o di quel paese, di questa o di quell'altra religione, di un monte o di un altro monte su cui adorare Dio. Lui è spirito e vuole adoratori in spirito e verità. La condizione di accesso - non dimenticare! - è che uno abbia sete. Di acqua. E che l'acqua non sia stagnante. Ma di che cosa uno ha sete, o anche fame, lo suggerisce - e in modo intrigante - il racconto.

Non era forse venuta per attingere acqua al pozzo, la donna? Alla fine trovi che abbandona l'anfora al pozzo. Quasi la cancellasse dai suoi pensieri. Ha altri pensieri. E dunque di che cosa aveva sete? O di che cosa si può aver fame? Era mezzogiorno, i discepoli erano andati in città a far provvista di cibo, per loro e per il loro maestro. Ed ecco, il loro maestro non ha più fame, come se avesse cancellato la fame: "Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete".

Potremmo chiederci quale fosse mai il cibo che gli aveva cancellato la fame. Potremmo forse immaginare che quell'incontro fosse il suo cibo, quell'incontro fosse "fare la volontà del Padre". Non l'aveva forse mandato per chi si sente perduto? Anche per quella donna che aveva una vita disgraziata alle spalle e si sentiva perduta? Era come se avesse fatto un lungo viaggio. Gesù, per incontrarla. Penso a Dio che deve farne uno lungo, molto lungo, per me!

Ebbene lui, che un momento prima si era seduto stanco del viaggio al pozzo, è come se non sentisse stanchezza. Sai, quando sogni? Da dove veniva dunque quel suo sognare a occhi aperti, quel suo sognare messi che biondeggiano, quattro mesi prima della mietitura? Se non dall'emozione di quel parlarsi, tra lui e la donna, al pozzo? Dall'emozione di vederla fiorire? Lo abitava una gioia, gliela aveva regalata quella donna. Certo, soprattutto per lei, lui era stato un regalo inimmaginabile. Per lei che aveva trovato, in quel rabbi giudeo, uno così diverso, unico. Quasi le venisse spontaneo mettere a confronto il suo modo di guardarla con centinaia e centinaia di altri modi con cui nella vita si era sentita guardata: le erano rimasti, come ferite, sulla sua pelle.

Quelle parole e sopratutto quello sguardo erano balsamo per lei. Era come se l'avessero messa in movimento. Così la parola di Dio. Ci mette in movimento. Sempre. Ed era tale il movimento dentro che si trovò, quasi d'istinto, a fare passi. Come se una forza dentro la spingesse a ritornare in città e a raccontare. Aveva imparato da quel rabbi - chissà se noi lo abbiamo imparato! - che bisogna raccontarsi le storie della sete E poi? Poi rimanere sulla soglia, rifuggendo da ogni invasione di campo. Le parole di quel rabbi erano come di vento.

Avevano il potere di imbrividire l'acqua che gorgoglia nel cuore. A volte basta una domanda per muovere i passi degli altri: "Che sia lui il Cristo?". "Uscirono dalla città e andavano a lui". Potere di una domanda! Sta in ascolto. Sta al pozzo della parola di Dio in questa quaresima. Nella certezza che la parola fa fiorire. Ti fa fiorire. E come fa Dio con te, anche tu fa fiorire: sta al pozzo dell'altro, dell'altra, ascolta le storie della sete.

E prega. Prega che tu possa essere un rigagnolo, un rigagnolo di acqua zampillante.

 

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