TESTO Commento su Mc 4, 26-29
Casa di Preghiera San Biagio FMA Home Page
Casa di Preghiera San Biagio FMA è uno dei tuoi autori preferiti di commenti al Vangelo?
Entrando in Qumran nella nuova modalità di accesso, potrai ritrovare più velocemente i suoi commenti e quelli degli altri tuoi autori preferiti!
Venerdì della III settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (27/01/2017)
Vangelo: Mc 4,26-34
«Gesù diceva [alla folla]: "Così è il Regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura"».
Mc 4, 26-29.
Come vivere questa Parola?
Nella splendida e breve parabola del seme di Marco riportata nella liturgia odierna, mi ha colpito e meravigliato un termine greco quanto mai significativo. Il Vangelo dice che nell'impatto del seme con la terra si instaura un processo dinamico di fecondità che è spontaneo (automate: automatico). Tra la semina e il raccolto c'è un intervallo, c'è un tempo molto lungo e molto evidenziato, nel quale tutto è affidato al seme e alla terra, in cui Dio sembra tacere... Ma non è così! Il tempo dell'apparente assenza di Dio non deve turbare il seminatore. Infatti, il seme, nonostante le apparenze esterne, cresce, cresce comunque, spontaneamente!
Il seminatore pertanto si affida alla forza del seme e poi attende pazientemente i tempi della crescita. È una grande lezione di fiducia, di pazienza e di abbandono nel mistero di Dio e dell'uomo i quali, anche se noi non sappiamo né quando, né come, né dove, sono però destinati in qualche incrocio della storia ad incontrarsi e a portare frutto. Si possono accelerare i tempi della tecnica, del nostro computer, ma non si possono accorciare i tempi che occorrono a Dio nel suo lavoro sotterraneo, paziente e invisibile. La forza infatti non è nostra, ma del seme, che ha la capacità in se stesso di aprirsi un varco dovunque.
Il seminatore è sempre, evangelicamente, un inguaribile ottimista! Il seme che va perduto, non dimentichiamolo mai, è soltanto quello che rimane nella bisaccia o tra le mani del seminatore pigro o troppo calcolatore.
Bisogna saper cogliere le tracce dell'agire di Dio nel nostro quotidiano, senza pretendere di scrutare all'orizzonte avvenimenti spettacolari e improbabili. Allora nasce la fiducia contagiosa che spegne i nostri lamenti sterili. Si acquista così la capacità di risignificare l'ordinario, si diviene capaci di lode e di ringraziamento, e si vive l'attesa operosa del seminatore pieno di fiducia e di speranza.
Concludo riportando più sotto un bel testo di un grande pastore, che ha saputo seminare con arditezza e coraggio nella sua vita tormentata, il buon seme di Cristo, Ambrogio di Milano.
La voce di S. Ambrogio di Milano
"Semina Cristo nel tuo orto - l'orto è un luogo pieno di fiori e frutti diversi - in modo che fiorisca la bellezza della tua opera [...]. Vi sia Cristo là dove vi è ogni frutto. Tu semina il Signore Gesù: egli è un granello quando viene arrestato, ma un albero quando risuscita... È un granello quando viene sepolto in terra, ma è un albero quando si eleva al cielo".
Expositio in Lucam 7, 189
Don Ferdinando Bergamelli SDB - f.bergamelli@tiscali.it