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TESTO Si è inginocchiato

don Marco Pozza   Sulla strada di Emmaus

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Natale del Signore - Messa della Notte (25/12/2016)

Vangelo: Lc 2,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,1-14

1In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.

8C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». 13E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:

14«Gloria a Dio nel più alto dei cieli

e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

E' successo qualcosa d'incantevole: è nato. Si è inginocchiato: «E il Verbo si fece carne». Inginocchiandosi, ha esagerato. Fino a poggiare il suo respiro nel nostro, facendo di uno straccio di terra la sua dimora: «Ha piantato la sua tenda in mezzo a noi» (Gv 1,14). Nessuno, tra gli umani, potrà più vantare un parentado scellerato come il suo, quello narrato dall'evangelista Matteo: «La genealogia carnale di Gesù è spaventosa» (Ch. Pèguy). Nessuno, nel sogno di mettere per iscritto la sua storia, oserebbe partire com'è partito lui: sbattendo, in bella vista, tutti i peccati di casa sua. Le storie-di-regime parlano di vittorie, delle conquiste, di eroi ed eroine. La sua, invece, sarà una storia di grazia riversata in maniera copiosa: graziati, perdonati, assolti. Rialzàti. S'inginocchia, dunque: nel cercare Dio, tutti gli uomini vantano dei tentativi. A Betlemme è l'assurdo a farsi carne: è Dio a cercare l'uomo. Un giorno, diventato bellimbusto, lo dirà: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 5,16). All'inizio, appena bambino, s'inginocchia: che nessuno, di Lui, possa dire che predica bene e razzola male.

I primi a tentare di mettersi-di-traverso fu la sua stessa parentela: Ozia fu accusato d'incesto, Ioatam d'omicidio, Davide fece quello che ben sapete. Il suo albero genealogico è un misto di peccato, di carni eccitate, di corpi vendutisi, di sguardi inquieti. Nessuno, però, riuscì mai ad arrestare il fluire della Grazia: lei procedette a zig-zag, andando ad innestarsi nell'unico vergine rimasto in tutto quel casato: Giuseppe, carpentiere con bottega a Betlemme. La cui Maria, il miglior fiore di Galilea, è già dentro fino ai gomiti ad un'avventura più unica che rara: il suo grembo sarà la pista d'atterraggio dell'Eterno. A Betlemme - casa del pane, del Dio che sceglierà di farsi pane, amore masticato dagli amici - Dio ricomincia da un Bambino. In ginocchio: non s'impone, spia guardingo, bussa alla porta, ha bisogno. Non trova spazio: «Per loro non c'era posto nell'albergo» (Lc 2,7), proprio Lui che un giorno diventerà lo spazio d'incontro tra il Cielo e la Terra. E' storia che si ripete: come accadde con gli antenati, neanche stavolta riuscirà ad alcuno bloccargli il sogno. Nessuno dei tre impreca: sono abituati ai rifiuti. Se ne vanno in direzione della campagna. Là, nella terra povera, il buon cuore terrà sempre una grotta a disposizione di viandanti rifiutati, di naviganti ribaltati, di poveri scartati. Che nessuno si monti la testa: la prima chiesa è una stalla, il primo ostensorio una greppia, la prima tovaglia fatta di paglia-e-sterco. La via che porta a Betlemme è già via crucis. Nessuno obbliga a seguire Cristo: a nessuno sarà concesso di modificare la segnaletica-stradale del Natale.

A Betlemme di Giudea - «nel bel mezzo di una tribù, fra i litigi, le gelosie, i piccoli drammi d'una numerosa parentela» (F. Mauriac) - Cristo nasce in carne e ossa. Lui, il mondo, lo vuole ammirare dai bassifondi: è per questo che nasce in ginocchio, giacché il mondo non è lo stesso a guardarlo dall'alto o dal basso, da chi conquista o da chi viene conquistato. "Avete sbagliato voi?" sussurra alla terra ferita. "Pagherò io, di persona: è il mio regalo". Quella notte nessun umano gli aprì la porta di casa, eppure Dio si era fatto postino della salvezza: capisce così poco l'uomo. I primi a vederlo sono pastori: la natura in ginocchio. Dopo di loro i magi: la sapienza in ginocchio. Erode non lo vedrà: d'inginocchiarsi, lui non ne vuole affatto sapere. Neanche Cristo ne volle sapere d'innalzarsi. A Betlemme, come a Berlino: nasce così in basso che, per fissarlo, occorrerà anche stavolta mettersi in ginocchio. Ne capiamo così poco noi, umani-sapienti: il coraggio di sospettare che la bellezza possa nascondersi negli stracci della miseria è il motivo per cui - nonostante tutto, proprio per questo - anche questa notte Dio nasce. Ancora bambino, muto, genuflesso. La potenza confinata nell'impotenza, il tutto nel frammento, Dio in terra: «Ha fatto risplendere la vita» (2Tm 1,10). La luce, in ginocchio, illumina: le tenebre, illuminate, s'accendono.

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