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TESTO Piedi sulla terra e occhi al Cielo

padre Gian Franco Scarpitta  

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XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (13/11/2016)

Vangelo: Lc 21,5-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 21,5-19

In quel tempo, 5mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: 6«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».

7Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».

10Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

Si sta osservando la struttura del tempio di Gerusalemme quando Luca illustra questo episodio di predizione da parte di Gesù. I discepoli del Signore, mentre questi ha appena finito di esaltare la povera vedova che ha messo nel tesoro del tempio quelle pochissime risorse che aveva per vivere, stanno ammirando la sontuosità del luogo, la sua bellezza, le varie suppellettili e certamente staranno anche congratulandosi con quanti hanno costruito questo grandioso edificio che rappresenta la città di Gerusalemme e l'intero mondo giudaico.

Parlare del tempio di Gerusalemme non era infatti cosa da poco al tempo dei Giudei. Si metteva in gioco lo stesso popolo d'Israele, la sua fede nel Signore e addirittura la stessa immagine di Dio. Scrive il biblista Von Rad, mentre commenta sul tema il primo capitolo del libro di Aggeo: "Il tempio era il luogo in cui Yahvè parlava a Israele, dove perdonava i suoi peccati e si faceva presente. L'atteggiamento che si adottava di fronte al tempio rifletteva l'atteggiamento che si prendeva in favore o contro Yahvè." Di conseguenza, quando si era rientrati dall'esilio babilonese (538 a. C) occorreva che il popolo, seppure avesse necessità di ricostruire le proprie abitazioni e riprendere il ritmo della sua convivenza, non doveva fare a meno di adoperarsi per la ricostruzione del tempio di Gerusalemme, che frattanto era andato distrutto (Aggeo 1). Anche per questo motivo si esalta adesso la bellezza di tutti quei marmi armonicamente ben disposti e si viene colti da sgomento quando Gesù, prorompendo in un suo discorso, preannuncia la distruzione dello stesso luogo sacro assieme all'intera città di Gerusalemme: "Non resterà pietra su pietra."

Anche Geremia aveva preannunciato, con toni minacciosi, la distruzione del tempio qualora il popolo di Gerusalemme non si fosse emendato dalla sua condotta perversa, smettendo gli abomini e le cattiverie di cui da tempo stava macchiandosi (Ger 26, 1 - 19) e per questo era stato anche arrestato; ma adesso Gesù sta facendo con questa affermazione una predizione storica combinata ad un discorso escatologico, relativo cioè alla fine dei tempi: in effetti nel 70 d. C si avvererà la sua profezia, in quanto i Romani cingeranno d'assedio Gerusalemme distruggendo il suo maestoso luogo di culto e di spiritualità. Ciò nonostante la predizione non si limita alla sola data storica che è stata individuata, ma riguarda anche i tempi ultimi, quello che sarà l'epilogo della storia umana, la conclusione della vita e del tempo presente. Forse per questo Gesù non vuole soddisfare la pressante curiosità di coloro che, preoccupati, lo interrogano: "Quando avverranno queste cose e quale sarà il segno della loro imminenza?" Al contrario, Gesù annuncia quali NON saranno i segni della conclusione di questa nostra vicenda umana: 1) Non saranno i mistificatori esaltati che si spacceranno per Messia e che tenderanno addirittura a identificarsi con Gesù stesso; 2) Non saranno i fenomeni dirompenti e le belligeranze che normalmente sconvolgono la convivenza umana. Di falsi profeti che emergono improvvisamente e raccolgono turbe di seguaci attorno a sé, se ne contano a centinaia in tutte le epoche: presunti indovini, astuti calcolatori e fautori di pronostici che si avvalgono anche di presunte affermazioni della Bibbia, sedicenti profeti attorno ai quali si costruiscono gruppi, sette e movimenti religiosi alternativi che seducono con false promesse. Dove risiede il fascino di queste leader che attirano a sé turbe di popoli che pendono dalle loro labbra? Semplicemente nella capacità di saper presentare, con dovizia di eloquenza e proprietà di linguaggio, l'estasi di una novità tangibile che "si toccherà con mano" e che arriverà immediatamente a rendere tutti quanti felici, quale l'avvento di un mondo nuovo o di un nuovo ordine di cose che soppianterà il sistema malvagio attuale e che è prossimo a verificarsi: "Credimi, il mondo sta per finire"; "fidati, la Bibbia ci promette un paradiso a breve; convertiti". Oppure l'ebrezza illusoria di una presenza del divino del tutto straordinaria e affascinante che alletta e che seduce soprattutto persone sensibili oppresse da continue vessazioni del quotidiano, giovani in preda all'angoscia per la disoccupazione o stremati da disturbi e malattie. Fenomeni di tal fatta si verificano non di rado anche all'interno dello stesso cattolicesimo, a proposito di movimenti carismatici o gruppi abbandonati a se stessi o privi di adeguate guide spirituali. La raccomandazione di Gesù a guardarsi da falsi profeti e millantatori è già sufficiente e apodittica nella sua affermazione; ad avvalorarla è anche il famoso monito di Paolo ai Galati: "Ma se anche noi stessi, oppure un angelo disceso dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anatema! Se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema."(Gal 1, 8 - 9).

Che si verifichino guerre, stragi, terremoti e calamità naturali non dovrà mai essere inteso come un segno della fine dei tempi. Purtroppo è normale che determinati eventi si verifichino e sono scritti anche nel Libro della Vita; ‘avvicendarsi di devastanti fenomeni (anche nei giorni in cui stiamo scrivendo) non va interpretato come se rappresentassero dei castighi divini, poiché un Dio amore e misericordia, che fa sua la sofferenza umana sulla croce, non può volere né preferire simili penalizzazioni. Gesù ci invita in questa pagina ad accettare con sopportazione le prove e i turbamenti che codeste esperienze abominevoli ci procurano, a rafforzare la speranza e la fede in Lui al presenziare di simili circostanze demoralizzanti, a non demordere e a guardare per quanto possibile alla sua Croce che diventa resurrezione e gloria quando accolta con fede. Se determinati eventi si verificano, ciò avviene per una misteriosa ragione che a noi sfugge, per un particolare misterioso disegno per cui (lo ripetiamo) il Signore non vuole atrocità come queste ma da esse sa trarre appropriati frutti di bene che si saggeranno nel tempo. In nessun caso però in essi è giustificato vedere l'imminenza della fine: nessun evento cosmico o calamità naturale, nessuna guerra o devastazione deve rappresentare come il preambolo della fine dei tempi.

A quando allora l'epilogo di questa nostra storia? Quando vedremo finalmente Dio faccia a faccia nel giudizio finale per godere dei meriti acquisiti nel nuovo regno che non avrà fine? La risposta non può essere che una sola, peraltro suggerita altrove dallo stesso Signore Gesù Cristo: "Quanto a quel giorno e a quell'ora però nessuno lo sa; neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre."(Mat 24,36). Ed è necessario che sia così. Conoscere in anticipo il giorno della fine potrebbe suscitare in noi sgomento e apprensione per il timore di un giudizio finale di redarguizione. Oppure potrebbe insinuare in noi la demotivazione nella lotta per la vita presente, scoraggiare la virtù e l'esercizio del quotidiano e ingenerare semplicemente una fuga dal presente per un anelito meschino, come di fatto capita all'interno di tanti movimenti millenaristi. Lasciare invece che sia solo Dio a conoscere il tempo della fine e non proporre soluzioni di comodo quali pronostici e calcoli sulla Scrittura avvantaggia molto di più, poiché aiuta a prepararci al Domani costruendo questo Domani mediante gli sforzi continui del nostro oggi. Quello che infatti è necessario non è conoscere il tempo della fine ma non procurare la fine a noi stessi. E di conseguenza è vivere la radicalità della testimonianza sopportando ogni sorta di prova e di persecuzione, perseverare nella speranza lottando imperterriti contro il male e raccogliendo ogni sfida senza eluderla. Il vero discepolo non è colui che fugge la realtà in vista di un'alienazione o di di un rifugio futuro possibile, ma chi costantemente costruisce il proprio futuro con le armi del presente e vivendo appieno la realtà senza lasciarsi sedurre da chimere o da illusioni. E quando si persevera fino alla fine, il traguardo è garantito.

 

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