TESTO La partecipazione delle genti alla salvezza
don Walter Magni Chiesa di Milano
II domenica dopo la Dedicazione (Anno C) (30/10/2016)
Vangelo: Mt 22,1-14
1Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Il vangelo di Gesù è per tutti e non ammette esclusioni. Il titolo liturgico di questa domenica parla, infatti, della partecipazione delle genti alla salvezza. Papa Francesco, anche recentemente diceva, col suo linguaggio spesso così diretto e talvolta un po' destabilizzante, che "La Chiesa non è soltanto per i buoni o per quelli che sembrano buoni o si credono buoni; la Chiesa è per tutti, e anche preferibilmente per i cattivi, perché la Chiesa è misericordia".
Il sogno di Dio
Gesù sta raccontando delle parabole. La prima - quella dei due figli dove uno dice no e fa sì e l'altro che dice sì e fa no - permette a Gesù di concludere che prostitute e esattori di tasse ci passeranno avanti nel Regno di Dio. Segue la parabola dei vignaioli che uccidono l'erede, con Gesù che annota che la vigna sarà data ad altri che la faranno fruttificare. La terza parabola è quella raccontata dal Vangelo odierno e narra della festa di nozze del figlio del re. L'invito arriva a tutti, buoni e cattivi, ma molti invitati non se ne danno pensiero. Una prima sorpresa è proprio questa: l'insistenza del re, che manda i servi a chiamare gli invitati; e poi degli altri servi ancora. E anche davanti a un esplicito rifiuto non si arrende affatto: invia altri servi a raccogliere degli invitati agli angoli delle strade. Perché la sala delle nozze deve essere piena, stracolma per la festa. Come se questo re perseguisse un'idea fissa, persino esagerata se confrontata con i nostri parametri d'invito. Perché non lasciarci affascinare dal pensiero che il nostro Dio ci voglia tutti presenti alla festa di Suo Figlio? Un Dio che sogna la salvezza di tutti i Suoi figli e che insieme vuole che la salvezza, l'appartenenza al Suo Regno, sia segnata da un banchetto festoso, gioioso. Perché il Regno di Dio non è solo vigna, cioè lavoro e impegno, è anche festa, convivialità e godimento. Un Dio che non si scoraggia mai. Che anche davanti ai nostri rifiuti non si arrende, ma semplicemente allarga il sogno e la strategia dell'invito. Mentre noi davanti a un fallimento chiudiamo tutto, il nostro Dio insiste, inventa nuove strade, allarga gli orizzonti.
La veste nuziale
Qui però scatta un'obiezione che deriva da un particolare non irrilevante del racconto: la veste nuziale: "Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. Gli disse: ‘Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?'. Quello ammutolì". Siamo in presenza di un racconto di Gesù che non evidenzia solo il sogno grande di Dio, ma anche l'importanza della risposta degli invitati. Perché Dio non ci considera dei burattini inerti. Delle marionette passive nelle Sue mani, delle macchine da manovrare. Tocca a noi rispondere e prendere posizione. Tocca a noi scegliere la veste adatta, la veste bella da indossare. Cos'è dunque la veste? E soprattutto: quale veste è bene scegliere? Una prima risposta ci viene dalla Parola di Dio, quando ad esempio nell'Apocalisse dice che "la veste di lino sono le opere giuste dei santi".(Ap 19,81). Non viene alla mente anche a voi la pagina suggestiva di Matteo 25, quando il figlio del re dirà dall'alto del suo trono: "avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere; ero nudo e mi avete vestito, in carcere e mi avete visitato...". La seconda suggestione mi riporta invece al momento carico di tenerezza della celebrazione dei Battesimi, quando consegnando la veste bianca, la liturgia fa dire al celebrante: Cari bambini, vi siete rivestiti di Cristo... questa veste bianca sia segno della vostra nuova dignità. Rivestiti di Cristo. Passare una vita a rivestirci continuamente di Cristo.
Declinare l'invito?
Ma mentre l'abito da nozze accomuna nella sua eleganza e ricercatezza tutti coloro che hanno accettato l'invito, nella sala c'è qualcuno che vuole distinguersi, che non vuole condividere quanto si sta compiendo. Si trova nel mezzo di una festa, ma il suo spirito e i suoi pensieri sono altrove. Ha in mente anzitutto se stesso, le sue cose, le sue preoccupazioni. E così finisce inevitabilmente per trovarsi nella stessa parte di tutti coloro che hanno già declinato l'invito con l'insieme delle loro scuse. Per alcuni si trattava di un campo, per altri di qualche loro affare. Non c'è attenzione, non c'è sensibilità, non c'è passione per il bene comune, per la gioia comune. Ognuno il proprio, cura il proprio campo, i propri affari, la propria veste. Eppure proprio Gesù ha voluto mettere, ha immaginato e sognato sotto il segno del banchetto che ci mette insieme, che ci accomuna, anche l'Eucaristia. E il rischio sta proprio nel fatto che le nostre celebrazioni non dicano convivialità, festa e anche quel sano godimento che ti potrebbe portare a dire: che bella messa! Rischiano piuttosto celebrazioni segnate dal sermone religioso e da una gestualità vuota. Dov'è finita la dolcezza dello sguardo, il sorriso, l'attenzione premurosa all'altro? Racconta don Angelo Casati in una sua omelia: "due domeniche fa alla messa di mezzogiorno una ragazza stava seduta qui sulle panche e di tanto in tanto accarezzava il suo grembo rigonfio. Seduta vicina, una donna che non conosceva, le si rivolse con dolcezza e le disse: ‘Aspetta un bambino? Che bello! Pensi che anch'io ho una nipotina che questo pomeriggio verrà battezzata'. E ancora incantata diceva: ‘Non sono nemmeno di questa parrocchia. Pensi che tenerezza!'". Il Signore ci conceda di illuminare di qualche tenerezza anche le nostre celebrazioni.