TESTO Commento su Giovanni 13,1-15
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Giovedì Santo (Messa in Cena Domini) (08/04/2004)
Vangelo: Gv 13,1-15
1Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. 2Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, 3Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. 6Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». 7Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». 8Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». 9Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». 10Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». 11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
12Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? 13Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. 14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».
Dalla Parola del giorno
Simon Pietro gli disse: "Signore, tu lavi i piedi a me?". Gesù rispose: " Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo".
Come vivere questa Parola?
La scena della lavanda dei piedi è narrata solo dall'evangelista Giovanni e, secondo diversi esegeti, è sostitutiva dell'istituzione dell'Eucarestia, perché ne dà emblematicamente il significato profondo. Gesù è infatti quel "servo di Javeh" descritto tanto vivamente dal Profeta Isaia. Lo vedremo tra poco nell'espressione più cruda del "servo sofferente". In lui la divinità giunge alla kenosis, cioè al pieno spogliamento della sua gloria e potenza. In lui l'amore diventa compimento del dono di se stesso fino a dare il proprio corpo e il proprio sangue. E' l'abbassamento inaudito di Dio che si fa servo, lava i piedi all'uomo per renderlo veramente se stesso, divinizzato. Gesù commenta il suo gesto dicendo: "Se io che sono il Signore e Maestro vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni gli altri. Perché io vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come io vi ho fatto". Quando istituisce l'Eucarestia, pronuncia parole quasi uguali: "Fate questo in memoria di me". E' importante, in un giorno grande come il giovedì Santo, cogliere esistenzialmente quanto sia indispensabile vivere Gesù partecipando all'Eucarestia, ma anche vivere Gesù in un Amore di carità che si fa umile servizio, dentro la relazionalità quotidiana.
Oggi, nella mia pausa contemplativa, visualizzerò nel cuore la scena della lavanda dei piedi, togliendo quella patina di risaputo e di abitudinario che ne spegne il fuoco d'amore di cui è apportatrice al cuore. E dirò: caro Pietro, anch'io non riesco a capire la profondità l'altezza e l'ampiezza di questo gesto. Ne capirò qualcosa quando, con te, imparerò a lasciarmi amare dal Signore, a lasciarmi fare da Lui. E prego:
Tu non mi domandi cose impossibili, Signore. Questo vuoi: che io mi lasci amare fino in fondo, fino al risanamento dei miei tumori interiori: incapacità di relazionarmi bene con gli altri. E poi mi chiedi di mettermi come te sulla strada di un amore umile. Dammi, Gesù, di lavare i piedi dell'altro, senza vantare diritti, nella gioia del servizio.
La voce di una mistica del nostro tempo
Concedimi un cuore ospitale, Signore, /con il focolare acceso del "saper amare"/ e un calore umano, un palpito, un ascolto /attento e discreto per ognuno che viene.../Concedimi, Signore, un cuore ospitale che, /dilatato continuamente nel profondo dell'intimità con te, OSPITE sovranamente amato, /riesce a smantellare ogni difesa, /a spalancare porte e finestre /di comprensione e di larga accoglienza.