TESTO Dire "sì" a Dio
don Walter Magni Chiesa di Milano
II domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore (Anno C) (11/09/2016)
Vangelo: Mt 21, 28-32
28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».
Nel Vangelo di questa domenica si parla di due figli, dietro i quali, però, sta, in modo misterioso, un terzo figlio. Il primo figlio dice sì, ma non fa ciò che gli è stato ordinato. Il secondo figlio dice no, ma compie poi la volontà del padre. Il terzo figlio non solo dice sì al Padre che lo chiama, ma fa anche ciò che a lui piace (Gv 8,29). Questi è stato ed è propriamente Gesù, il Figlio unigenito di Dio, che ci ha tutti riuniti qui. Lui, che entrando nel mondo, ha detto: "Ecco, io vengo (...) per fare, o Dio, la tua volontà" (Eb 10,7).
Gesù conosce la nostra incoerenza
Alcuni esegeti hanno intravisto nel figlio che dice sì e poi fa no gli ebrei, mentre nel figlio che dice no e poi fa sì i pagani. Non è detto che Gesù avesse in mente questa distinzione. Forse è più corretto pensare che Gesù vuole colpire un certo mondo religioso. Una certa religiosità che si potrebbe ritrovare annidata facilmente in ogni esperienza religiosa. Soprattutto nei rappresentanti dell'istituzione religiosa stessa. Non per nulla il Vangelo di Matteo annota, poco prima del racconto della parabola, che Gesù stava parlando ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo Mt 21,23).
In ogni caso, quando Gesù racconta una parabola parla a tutti. Perché non è difficile constatare che a tutti i livelli ci sono persone che dicono sì e poi fanno no e ci sono persone che dicono no e poi fanno sì. L'incoerenza è un atteggiamento molto diffuso. Piuttosto. viene da pensare che Gesù ha una sorta di predilezione, di attenzione particolare a quelli che stando ai nostri criteri è gente del no, ma tuttavia nascondono delle risorse inaspettate nei confronti del sì. Pensiamo, ad esempio, a certe figure evangeliche pescate tra gli esattori delle tasse o anche alle prostitute. Non è forse detto proprio di loro, a commento della parabola, che "i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio"?
Sì nascosti dietro certi no
Stando sempre al vangelo di oggi, Gesù precisa inoltre che i pubblicani e le prostitute, dopo che avevano avuto modo di ascoltare Giovanni Battista, avevano provato nel loro cuore un profondo pentimento. E, stando a Matteo, di loro non si dice che poi si erano convertiti, ma propriamente che "gli avevano creduto". Avevano cioè almeno intuito la gravità e complessità del loro stato. Perché a volte è praticamente difficile, se non impossibile, cambiare di colpo la vita. Ma qualcosa intanto si è smosso nel loro cuore provandone un profondo pentimento. Loro che, a causa di quel loro stile di vita marcatamente negativo, erano semplicemente catalogati tra quelli di un no molto deciso nei confronti di Dio e della Sua legge. Come se Gesù dicesse: "Andate adagio a condannare, a scandalizzarvi per le parole, anche per certi ‘no' detti a Dio. Bisogna imparare a guardare bene dentro i fatti. Le parole non raggiungono mai la verità ultima delle cose". Noi, invece, tendiamo a gridare subito allo scandalo, spesso attenendoci alle parole, al fatto che ha detto proprio così, e poi il "detto così" viene riportato con qualche aggiunta o anche solo qualche allusione dello sguardo. A volte certe persone sono talmente prese dalla morte prematura e drammatica di una persona cara che possono anche arrivare ad accusare pesantemente Dio d'essere la causa di quel dramma - si pensi alla reazione della gente in occasione del terremoto recente. Al vescovo stesso che nell'omelia dei funerali dice, gridando a Dio: "E adesso cosa facciamo?". Come avremmo reagito se noi fossimo stati al loro posto?
Se un figlio dice sì e fa no?
Poi si sono però persone che dicono si e fanno no. Ma qui non siamo alla religione vera, ma alla superficie, all'immagine. Alla scimmiottatura di una autentica religiosità. Alla falsa religione di coloro che sono pronti a dire facilmente "sissignore, certo, ma certamente, non si preoccupi!". Quel modo fumoso di riferirsi a Dio che mette Dio da tutte le parti. Sbandierando un'appartenenza religiosa formalmente ineccepibile, mentre il cuore cavalca altre praterie. Qui si nomina Dio invano, abusando del Suo santo nome. Ricordiamo, infatti, Matteo 7,21-22: "molti mi diranno in quel giorno: ‘Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in nome tuo molte opere potenti?' Allora dichiarerò loro: ‘Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!'". Qui si evidenzia una schizofrenia: l'uso abusato del nome di Dio e l'essere operatori d'iniquità! Decisivo non è, infatti, dire "Signore, Signore", ma operare secondo la giustizia. Uno scollamento, una schizofrenia che succede quando l'istituzione - come anche certi ambienti ecclesiastici parrocchiali o di movimento - si sclerotizzano, rigidi e impermeabili a qualsiasi cambiamento. Così che può anche arrivare un Giovanni Battista o Gesù Cristo stesso in persona, ma tu non ti smuovi e non ti lasci scalfire. Sono casi nei quali "l'unica chance di salvezza sembra essere allora la capacità di ricredersi, questo coraggio di contraddirsi" (Alberto Mello). Che il Signore sciolga il nostro cuore e ci sia concesso di poter ancora cercare il suo volto.