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TESTO Un Gesù crudele?

don Alberto Brignoli   Amici di Pongo

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XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (04/09/2016)

Vangelo: Lc 14,25-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,25-33

In quel tempo, 25una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 26«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Tanti anni fa, era molta di più la gente che andava in chiesa, rispetto a oggi: questo è fuori di discussione. Nel giro di pochi anni, soprattutto in alcune zone del nostro paese già da qualche tempo maggiormente "laicizzate" rispetto ad altre, abbiamo assistito a un vero e proprio crollo nella frequenza, anche solo alla messa domenicale: alcuni dati molto attendibili parlano di una frequenza intorno al 40% fino al 2000, e ora scesa sotto il 25%, con un calo di quasi la metà nel giro di una ventina d'anni o meno. A chi non frequenta, certi dati non fanno né caldo né freddo; ma a noi che - anche se diciamo di non avere la sindrome del numero - è sempre piaciuto vedere le chiese piene, tutto questo fa male, crea dispiacere e anche un po' di frustrazione.

Nessuno ha mai detto che credere in Gesù Cristo o frequentare la chiesa sia obbligatorio, o che sia un atto dovuto: e a essere sinceri, neppure nostro Signore l'ha mai detto. Anzi, stando al Vangelo di oggi pare che ci tenga in modo particolare a smorzare un po' i toni dell'entusiasmo nei suoi confronti, visto che alla folla numerosa che andava con lui parla in modo abbastanza chiaro, dicendo cosa pensa di questo suo entusiasmo, ma soprattutto dettando le condizioni per essere suoi discepoli. O meglio, indicando cosa significhi "non essere suo discepolo": non può far parte del gruppo dei discepoli chi non è capace di rinunciare, di dire di no a qualcosa. La logica del "sì a ogni costo" non è la logica del discepolo e tantomeno del suo Maestro. Essere discepoli di Gesù significa dire di "sì" a lui, e di conseguenza di "no" ad altri, in particolare a tre realtà senza le quali spesso ci sentiamo finiti: i vincoli familiari e affettivi, l'accettazione da parte della società, i beni materiali.

Per essere suoi discepoli, non esiste altra possibilità: occorre considerare i vincoli affettivi meno importanti dell'amore per il Maestro, occorre accettare la logica della croce, cioè quella dell'isolamento dalla società (com'era appunto per i condannati alla crocifissione), occorre rinunciare a tutti gli averi, ossia ai beni materiali. Un Gesù crudele? Forse. Di certo, l'evangelista Luca vuole concentrare in questi pochi versetti il succo di alcuni degli insegnamenti più importanti del suo Vangelo.

La logica degli affetti, dei vincoli parentali, della "cricca", del gruppetto di persone con cui ci si trova bene e che fa stare bene, è ciò contro di cui Gesù si era scagliato nel Vangelo di domenica scorsa: è difficile poter costruire una comunità di credenti basandosi sulla logica clientelare del gruppetto, dei favori, delle preferenze. Se preferenze ci devono essere, queste devono essere per coloro che a un banchetto sontuoso in cui siederai ai primi posti non potranno invitarti: e sarai beato se al tuo banchetto sederanno, appunto, i poveri. Allora la rinuncia alla logica degli averi, ultima delle tre condizioni per seguire Gesù, renderà credibile la nostra attenzione ai poveri: e qualora non fossimo convinti che la logica del possedere e dei beni materiali non salva l'uomo, prepariamoci, perché in queste prossime domeniche riceveremo una serie di belle lezioni riguardo alla ricchezza, che non vale quanto l'amore di un padre, né quanto l'amicizia delle persone care, né tantomeno quanto la vita eterna. In mezzo, la logica della croce, quella che la folla numerosa non aveva capito, quella che è ben radicata nella mente di questo leader che è Gesù, ma non in quella dei suoi seguaci, che hanno ancora la speranza di vedere in lui l'uomo che prenderà Gerusalemme, la infiammerà, la libererà dal potere di Roma, e allora è bene stare al suo fianco, dietro di lui, pronti, a un suo ordine, ad assumere il potere.

Perciò, oltrepassata ormai la metà del Vangelo di Luca, in dirittura d'arrivo nel suo cammino verso Gerusalemme, è bene che Gesù giochi a carte scoperte e dica chiaramente che la logica della folla numerosa, dei numeri abbondanti, delle tante persone che gli vanno dietro, delle chiese piene, delle messe frequentate e del potente regime di cristianità, non è la sua logica; e se qualcuno la pensa in questo modo, è invitato a fermarsi un attimo e a ponderare per bene se sia il caso o no di continuare a seguire il Maestro. Perché iniziare un cammino è bello ed entusiasmante, ma se la meta è ben diversa da quella che abbiamo in mente, allora è bene evitare di profondere sforzi ed energie per qualcosa che poi rischiamo di abbandonare a metà. È molto più saggio riconoscere che non siamo fatti per una prospettiva di questo tipo, che non siamo fatti per essere suoi discepoli.

Che cosa dobbiamo fare, allora? Smettere di credere in lui? Smettere di essere discepoli di Cristo perché la nostra logica è di un cristianesimo forte, numeroso e potente, come purtroppo la storia per molto tempo ci ha offerto e propinato? Assolutamente no: il Maestro ci offre un'altra logica, quella della croce, della rinuncia, dell'umile accettazione dell'ultimo posto, della scelta preferenziale per i poveri. Questa è la condizione necessaria per cogliere la profondità e l'autenticità del messaggio cristiano; tutto il resto rischia di essere un fuoco di paglia, che brucia in un istante e non rende, o una torre dal progetto faraonico e impossibile da realizzare, o una guerra persa in partenza perché combattuta senza mezzi adeguati.
A noi la scelta.

 

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