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don Walter Magni   Chiesa di Milano

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Domenica che precede il martirio di S. Giovanni il Precursore (Anno C) (28/08/2016)

Vangelo: Mt 18,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». 2Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro 3e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. 4Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. 5E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.

6Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. 7Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all’uomo a causa del quale viene lo scandalo!

8Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno. 9E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna del fuoco.

10Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.

Il tema affrontato dalla Parola di Dio di questa domenica è propriamente quello dello scandalo. Nella prima lettura, lo scriba Eleazaro accetta di morire martire per non dare scandalo ai giovani andando contro la Legge, mentre Gesù nel Vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato inveisce fortemente contro chi scandalizza "uno solo di questi piccoli che credono in me".

Non scandalizzare i giovani
Stando alla prima lettura, sappiamo che la politica del re Antioco IV non era di cancellare il culto di Dio, ma di eliminare certe usanze discutibili, come quello di non mangiare carne suina in nome della fede, per riuscire ad allargare il culto del Dio di Israele oltre i suoi confini. Sarà Paolo che due secoli dopo l'avrà vinta a questo riguardo, lottando in modo tenace per riuscire ad aprire la fede in Gesù a tutti i popoli, superando ogni confine etnico e geografico. Perché non sono certi alimenti che ci rendono impuri, ma altro. Come dice Gesù: "Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro" (Mc 7,15). Andando, tuttavia, oltre l'interpretazione delle novità imposte agli ebrei dal re Antioco, non ci resta in ogni caso che ammirare la rettitudine morale, la resistenza messa in atto dallo scriba Eleazaro, che si rifiuta di mangiare carne suina, ritenendolo un gesto offensivo nei confronti della sua fede. Dicendo così: "Non è affatto degno della nostra età fingere, con il pericolo che molti giovani (...) si perdano per causa mia". Sono parole che colpiscono perché ci dovremmo domandare se un atteggiamento di questo genere ci appartiene, se saremmo in grado di farlo anche noi oggi, nei confronti di chi viene dopo di noi. Soprattutto ci potremmo domandare se ci sentiamo in debito di testimonianza nei loro confronti o, invece, non finiamo per trasmettere loro più facilmente tutti i nostri intrighi, le nostre diplomazie e i nostri compromessi. Sapendo che tutto questo semplicemente depotenzia la loro fede e il coraggio di credere nella speranza di un futuro migliore. Ributtandoli nel disimpegno e nell'indifferenza.

Diventare come servi, come garzoni
Andiamo allora anche al brano di Matteo, dove il contesto è quello posto dalla domanda dei discepoli: "Chi è dunque più grande nel regno dei cieli?". "Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «‘In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cielì". La nostra versione liturgica traduce bambino, ma il termine greco (paidìon) andrebbe meglio tradotto con ragazzo, servo, garzone e il termine greco (tapeinòses) che viene tradotto col ‘diventare come bambini' significa propriamente: stare in basso, stare vicino alla terra, cioè, dunque, diventare, farsi umili. "In questione non è la figura del bambino, ma quella del garzone o del servo che non aveva alcuna specifica mansione, se non quella di aiutare" (G. Borgonovo). Questo è il modello che Gesù propone ai Suoi discepoli. Come se Gesù dicesse: "se non cambiate modo di pensare e non diventerete come questi garzoni, questi servi che si accovacciano per terra, che si fanno piccoli per servire, voi nel regno di Dio non c'entrerete mai". Gesù non sta certo indulgendo in una qualche forma di infantilismo o puerocentrismo pedagogico. Piuttosto, sta dicendo che nella comunità dei Suoi discepoli, nella Chiesa appunto, si è tutti garzoni e nessuno può pretendere qualche forma di potere o di dominio sugli altri. Del resto, poco più avanti Gesù stesso dirà: "Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mt 20,25-28).

La rivoluzione della tenerezza
Dunque: il più grande è colui che si mette a servizio degli altri membri della comunità, soprattutto dei piccoli, che non sono propriamente o soltanto i bambini, ma i deboli, quelli che agli occhi del mondo non contano granché. Di loro bisogna prendersi cura, altrimenti ricadiamo nella mentalità mondana che privilegia i posti alti, le posizioni di prestigio e di dominio. Se, invece, all'interno delle nostre comunità succede altro, succede questa corsa all'alto, ai primi posti, ai riconoscimenti e ai titoli, allora questo fa scandalo davvero. Questo contraddice fortemente la logica profonda del Vangelo che Lui è venuto ad annunciare. Certo, una pagina di questo genere può anche essere usata per bollare anche nella chiesa chi scandalizza per pornografia o pedofilia. Se non altro perché quello della pedofilia è uno dei casi di dominio, di abuso dei deboli e dei piccoli tra i più inquietanti. Ma pure sappiamo che l'orizzonte, l'orizzonte del dominio, che viola la dignità dell'altro, che viene meno al rispetto della persona, è purtroppo ben più vasto.
È ormai tempo che la Chiesa diventi "più facilitatrice della fede che controllore della fede". Invece, a volte, ci sono "pastorali ‘lontané, pastorali disciplinari che privilegiano i principi, le condotte, i procedimenti organizzativi... senza vicinanza, senza tenerezza, senza carezza. Si ignora la ‘rivoluzione della tenerezza' che provocò l'incarnazione del Verbo. Vi sono pastorali impostate con una tale dose di distanza che sono incapaci di raggiungere l'incontro: incontro con Gesù Cristo, incontro con i fratelli" (Papa Francesco, Discorso al Comitato coordinamento Celam, 28.07.2013).

 

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