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TESTO La vera ricchezza che arricchisce in terra e in cielo

padre Antonio Rungi

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (31/07/2016)

Vangelo: Lc 12,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 13uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Il tema della ricchezza e all'attaccamento alle cose del mondo e della terra, di questa esistenza temporanea e transeunte che caratterizza il nostro pellegrinaggio vitale è al centro della parola di Dio di questa XVIII domenica del tempo ordinario, che capita con l'ultim giorno del mese di luglio. Come la bibbia affronti questo argomento, lo sappiamo benissimo. Visto tutto in prospettiva dell'eternità, i beni del cieli sono quelli che contano davvero. Purtroppo non è così, e non è mai stato così, in quanto la gente è legata alla terra e ai beni di questo mondo. Possederli sembra che gli diano maggiore sicurezza e tranquillità. Poi ti accorgi che non è affatto così. Basta una brutta malattia e uno si accorge che il possedere e l'avere non ti danno la salute, né ti allungano la vita, ma tutti di fronte al male siamo uguali e siamo sofferenti allo stesso modo, ricchi e potenti, poveri e non considerati della terra. Alla fine di ogni valutazione morale, filosofica e religiosa, arriva alla considerazione, saggia e intelligente, realistica e aderente alla vita, che ti spinge a vivere e a non morire, a lottare e a non soccombere, che troviamo sintetizzato nel bellissimo brano della prima lettura di oggi, tratto dal Qoelet: "Vanità delle vanità, vanità delle vanità: tutto è vanità. Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male. Infatti, quale profitto viene all'uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!".

Applicando queste verità alla vita di oggi, alla vita di tutti, specialmente di quanti si affannano nell'avere, più che nell'essere, c'è da riflettere seriamente, sul futuro della nostra vita, quel poco o molto che il Signore ci ha assegnato e che si sta consumando di minuti in minuti, di ora in ora, di giorno in giorno, di mese in mese e di anno in anno: "Quale profitto viene all'uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole?". Nessun profitto se il tutto è inquadrato in una visione materialistica dell'esistenza. Se, invece, proiettato in una visione eterna, può avere un valore e significato se tutto quello che facciamo, siamo lo mettiamo a servizio degli altri, nella carità, nella misericordia, donando con cuore e generosità ciò che abbiamo. Beni e preoccupazioni che ci prendiamo ogni giorno per migliorare le nostre personali, familiari e sociali condizioni hanno un valore, se non ci chiudiamo i noi stessi, ma apriamo il nostro cuore a fare il bene e a farlo anche molto bene, donando senza pretendere nulla in cambio. Vivere per possedere, è morire ogni giorno, lentamente, perché il possedere non rende mai libero il cuore e la vita da ciò che si ha e si pensa di avere per sempre, forse anche per l'eternità. Il vero possesso è di ciò che ha valore non temporaneo, ma eterno, come ci ricorda il brano della vangelo di oggi, estremamente istruttivo per tutti, nel quale si parla della divisione della proprietà, tra due fratelli. Mi sembra la scena di tante famiglie, dopo la morte dei genitori, che si dividono, spesso litigando anche per oggetti di poco conto, nella divisione dei beni. Leggere attentamente questo brano ci aiuta a camminare nella verità della vita, che passa e che assume valore se si lasciano tracce d'amore e di bontà per tutti. In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».

E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: "Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così - disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!". Ma Dio gli disse: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?". Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio». Il versetto conclusivo di tutto questo chiaro discorso sulla precarietà dell'esistenza umana sulla terra e tutte le illusioni che ci facciamo per renderla sempre più ricca di cose e mai di valori, suona terribilmente come un rimprovero per tutti: ""Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?". Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio». San Paolo Apostolo convinto di tutto questo e avendo uno sguardo molto chiaro e puntuale sul mondo che verrà, quello vero e definitivo, scrive parole stupende ai Colossesi, indirizzando il loro impegno morale e cristiano su cose che contano per sempre: "Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra...Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria". Un male terribile la cupidigia, cioè il desiderio spasmodico di possedere tutto e sempre di più. Un vero e proprio culto delle cose materiali, facendole diventare idoli, e beni di cui non possiamo fare a meno.

Sia questa nostra incessante preghiera nella lotta quotidiana tra il possedere e l'essere, che ci può attrarre e affascinare, dimenticandoci delle cose che meritano davvero attenzione da parte di tutti coloro che credono con sincerità nel regno di Dio che verrà: "O Dio, principio e fine di tutte le cose, che in Cristo tuo Figlio ci hai chiamati a possedere il regno, fa' che operando con le nostre forze a sottomettere la terra non ci lasciamo dominare dalla cupidigia e dall'egoismo, ma cerchiamo sempre ciò che vale davanti a te. Amen.

 

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