PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Il sapore del sale

don Fulvio Bertellini

V Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (06/02/2005)

Vangelo: Mt 5,13-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 5,13-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.

14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.

Una ricca trama simbolica è sottesa alle parole di Gesù sul sale e sulla luce, che Matteo colloca tra le Beatitudini e le antitesi del discorso della Montagna. E' necessario rendersene conto, perché ottengano pienamente il loro effetto. La parabola va gustata con calma, perché possa offrire tutto il suo sapore.

Sale e luce sono elementi essenziali per la vita. Più preziosi nel mondo antico, più banalizzati nel nostro. Con un salto al supermercato compri un chilo di sale, con un tocco del dito accendi l'interruttore. Nel mondo antico il sale è un bene prezioso, attorno a cui si sviluppano le rotte commerciali, e la luce è prevalentemente quella del giorno. Lampade a olio e candele costano, e non assicurano certamente una grande illuminazione. La notte è l'ora delle tenebre, del male, in cui i ladri si aggirano indisturbati, in cui si crede che gli spiriti agiscano... bisogna che venga un black-out per riportarci all'epoca in cui buio e tenebra conservano la loro carica originaria di terrore. Oppure un'improvvida dimenticanza, e una pastasciutta scotta e insipida ci ricorda l'importanza di quell'umile pugno di sale disperso nel cibo.

Il linguaggio rivelatore

Le parabole di Gesù hanno la capacità di dire grandi cose con parole semplici, facendo riferimento alla concretezza della vita. Tra il mistero del Regno e i piccoli eventi quotidiani sembra non esserci distanza: ogni cosa può parlare del mistero di Dio. Il senso una volta dischiuso non si cristallizza in un'interpretazione unica, ma resta disponibile, aperto a nuove rivelazioni. Così ogni evangelista riprende le parabole adattandole alle proprie esigenze e al proprio contesto. Marco ad esempio usa la parabola del sale nel contesto di un discorso sulla comunità, e conclude: "abbiate sale in voi stessi, e state in pace gli uni con gli altri". Per lui il sale è la saggezza e la capacità di comunione, perdendo la quale il discepolo perde la propria identità. Il discorso di Matteo è invece riferito alla capacità di testimonianza, e riguarda sia i discepoli, sia la folla che ascolta il Discorso della Montagna. Come ogni uomo è destinatario almeno teorico delle Beatitudini, ma solo chi accetta di "farsi povero" entra effettivamente nell'abbraccio della grazia, così ogni uomo è idealmente chiamato ad essere "sale" e "luce", ma solo il discepolo, colui che si decide per Gesù e per il Regno dei Cieli, è effettivamente contrassegnato come colui che dà sapore e luce al mondo.

L'articolazione del discorso

Matteo dà un'articolazione chiara al discorso, che si divide in tre nuclei: il primo centrato sul sale (voi siete il sale...); il secondo sulla luce (voi siete la luce...); il terzo che definisce con più chiarezza l'ambito di applicazione (così risplenda la vostra luce...). Notiamo l'insistenza sulla seconda persona plurale ("voi"... "vostra luce"... "vostre opere buone"...) e quindi su coloro che accettano di diventare interlocutori di Gesù; in relazione ad essi sta la "terra" o il "mondo", o la massa degli "uomini". E il termine "uomini" è appunto il termine-chiave che all'inizio e alla fine definisce il destino, il risultato della condotta di chi è sale e luce. O è "calpestato dagli uomini", oppure "risplende davanti agli uomini", che possono così "vedere e dare gloria".

Ognuna delle immagini è presentata con una prima affermazione forte "voi siete", in positivo, a cui segue una messa in discussione, in negativo: che accade al sale se "perde sapore"? può "restare nascosta" la luce, o una città costruita sul monte? L'argomentazione procede per assurdo: il sale senza sapore non è più sale, è un non-senso, e lo stesso vale per una luce che resti nascosta.

Lo sforzo della testimonianza

Presentando questo brano a un gruppo di catechisti e catechiste, invitati a dare la loro interpretazione, il primo e fondamentale significato che emergeva era il dovere di dare la propria testimonianza. A volte connesso anche a una nota di fatica e di sforzo: è difficile essere sale e luce. Si tratta di un significato corretto, indubbiamente presente nel testo. Ma la parola di Gesù non ci indica solo che cosa dobbiamo fare: prima di tutto ci rivela chi siamo. Il discepolo "è" sale e luce, indipendentemente dal suo sforzo e dalla sua volontà: vale a dire, porta in sé un dono che è estremamente positivo, bello, buono. L'immagine del sale è nell'ambito simbolico del gusto, dell'invisibile, dell'interiorità. L'immagine della luce è nell'ambito del visibile, del bello, dell'esteriorità. Sale e luce non devono fare nessuno sforzo per dare gusto e illuminare, è sufficiente che siano se stessi, e che sia rimosso ogni ostacolo.

Il rischio del discepolo

Quando dunque parliamo della "difficoltà" di dare testimonianza, forse stiamo parlando di qualcosa di più profondo e grave. La testimonianza diventa difficile se si riduce a un "dovere", se si è perso qualcosa del proprio "essere". Se il sale volesse raddolcirsi, non serve più a nulla. Esiste un modo di entrare in contatto con il mondo che diventa, da parte del discepolo "mondanizzazione". Credendo forse di modernizzarsi e di dialogare, si perde il proprio sapore, la propria identità. Senza per questo essere apprezzati, ma anzi, finendo "calpestati dagli uomini". Il dialogo fa parte dell'identikit, anzi, del DNA del cristiano, ma il vero dialogo è sempre anche testimonianza. La luce non può restare nascosta, come una lucerna sotto un secchio soffoca. La testimionianza è difficile se la fede si riduce a fatto privato, come un hobby da coltivare nel proprio intimo, che inevitabilmente viene estromessa da tutti gli ambiti importanti della nostra vita.

L'umile e semplice testimonianza

"Risplenda la vostra luce davanti agli uomini": l'immagine finale ci mostra la testimonianza che ha in mente Gesù. Non manifestazioni chiassose, non la conquista della società, ma qualcosa di semplice e quotidiano, come una lampada che risplende, alimentata dall'interno. Essere se stessi, e lasciarlo trasparire. Non esibire, semplicemente non nascondere. Al termine del brano, c'è un colpo di coda inatteso: "vedano le vostre opere buone, e rendano gloria al Padre". E' la misura dell'autenticità del nostro agire. Non siamo chiamati a fare propaganda, ma a lasciar agire in noi l'amore del Padre, lasciare che sia reso visibile davanti agli uomini, perché essi rendano gloria a lui, non a noi.

Alle soglie della Quaresima, il nostro brano diventa un interrogativo per le comunità cristiane. Che cosa manca alla nostra testimonianza? Che cosa la impedisce? Quali ostacoli soffocano la luce divina in noi? E' per l'insensibilità degli uomini, o per la nostra insipidità?


Flash sulla I lettura

"Spezza il tuo pane con l'affamato...": la profezia propone un'attiva solidarietà con i bisognosi, che comprende un'effettiva presa di responsabilità. Non si invita ad una generica beneficienza, ma ad un "prendersi cura", a "farsi carico" di alcune concrete situazioni di bisogno

"La tua ferita si rimarginerà presto": è la ferita provocata dalla rottura dell'Alleanza, dall'infedeltà al volere di Dio. La trasgressione della Legge non è solo l'idolatria, peccato contro la fedeltà al Dio unico, ma anche il peccato contro la fraternità. Ciò che in quell'epoca si era dimenticato era che l'Alleanza comprendeva anche la creazione di una comunità nuova, una comunità di fratelli, legati da vincoli di solidarietà. Anche la nostra fede privatizzata, ridotta a "bene di consumo", finalizzata allo "stare bene con se stessi", "in pace con la nostra coscienza" rischia di andare nella stessa direzione.

Flash sulla II lettura

"... ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso". Il riferimento fondamentale a Gesù morto e risorto è il "sapore" del cristiano, di cui si parla nel Vangelo, e il fondamento della sua testimonianza. In ogni epoca si tratta di un evento e di un messaggio che dà scandalo, che appare difficilmente comprensibile, per chi cerca "sublimità di parola o di sapienza". All'epoca di Paolo, "sapienza" significava "discorso filosofico convincente"; nella nostra epoca la "sapienza" è identificata con l'efficienza tecnica, la capacità di produrre risultati tangibili in tempi brevi. La croce, che all'epoca di Paolo poteva apparire un assurdo, oggi non appare tecnicamente plausibile: i problemi dell'uomo e del mondo sembrano aver bisogno di una ben diversa soluzione.

"perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio": eppure, anche nella nostra epoca tecnologica, l'evento di Cristo, morto e risorto, può essere testimoniato come la vera risorsa dell'uomo. Ciò che manca all'uomo non è oggi la capacità tecnica, già aumentata a dismisura, e sempre in corso di perfezionamento, ma la capacità di servirsene per il bene. Non la sapienza per "fare", ma la sapienza per "donare". Quella appunto che è data a chi affida la sua vita al Cristo...

 

Ricerca avanzata  (54936 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: