TESTO Gesù non è mai morto
Pentecoste (Anno C) - Messa del Giorno (15/05/2016)
Vangelo: Gv 14,15-16.23-26
«15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre»,
23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
Oggi la chiesa celebra la festa di Pentecoste. La Pentecoste (prima lettura/centro festa)=50 giorni. La Pentecoste era una festa cananea: la festa della mietitura. Quando gli ebrei giunsero in Palestina la assunsero. Il centro del rito consisteva nell'offerta a Dio delle primizie del raccolto (Dt 23). Poi gli ebrei inserirono questa festa nella loro storia della salvezza e così a pentecoste celebravano il dono della legge sul Sinai a Mosè e a tutto il popolo ebraico.
Per i cristiani, invece, la Pentecoste è la discesa dello Spirito sugli apostoli. Dio è presente in loro in un'altra forma. Già questo ci aiuta a capire che il vero comandamento non sono più i Dieci Comandamenti ma l'ascolto dello Spirito. Fede non è eseguire (comandamento), ma permettere al Dio in me di vivere secondo la sua forma.
Cosa sta succedendo nel vangelo di oggi? Gesù è morto e gli apostoli sono presi dalla paura: che accadrà adesso? Possiamo capire tutta la loro paura e i loro dubbi: "Gesù se n'è andato, è morto: cosa ne sarà di noi, adesso che il maestro, il nostro capo, è morto? Gesù era Gesù, noi siamo noi: come possiamo pensare di continuare noi il suo messaggio? Gesù lo hanno ucciso: noi abbiamo paura. Faranno anche a noi ciò che hanno fatto a lui?". Per loro questo è un momento di crisi forte, profonda, radicale, decisiva. Gli apostoli si chiedono: "E adesso, che si fa?".
Il vangelo di oggi sono alcuni versetti del capitolo 15: sono un taglia e incolla di versetti che riguardano lo Spirito Santo che staccati dal loro contesto sono un po' monchi.
15 Se mi amate, osserverete i miei comandamenti;
SE MI AMATE OSSERVERETE I MIEI COMANDAMENTI=qui Gesù parla volutamente di comandamenti perché gli ebrei avevano i Dieci Comandamenti e i 613 precetti. Gesù è stato molto chiaro. Vi è solamente un comandamento che tra l'altro non si può comandare: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,34-35).
COMANDAMENTO NUOVO=nuovo in greco si può dire neos che significa un altro "aggiunto nel tempo" (ho una bicicletta e me ne regala una di nuova, cioè un'altra). Oppure si può dire con kainos che vuol dire nuovo nel senso di qualità: "E' un'altra cosa!" (prima avevo una bicicletta e adesso ho una moto nuova: è su di un altro livello, di un'altra qualità). Gli ebrei avevano già i 10 Comandamenti e Gesù non ne dà un undicesimo. Avevano già 613 di regole da seguire, bastavano quelle: erano più che sufficienti! Gesù non aggiunge, ma toglie.
Gesù dà un comandamento unico, totalmente nuovo, su di un altro piano, un'altra cosa: soppianta tutto ciò che c'è prima. Avete presente il mare di Sottomarina: carino! Ma volete mettere quello della Sardegna, delle Isole Tremiti, ecc. Sempre mare, ma tutta un'altra cosa. Lo stesso mare... due mari diversi.
Il criterio di riferimento dell'amore non sono più io, come nell'A.T.: "Ama il prossimo tuo come te stesso" (qui il criterio è: "Sì ma se io non mi amo, come faccio ad amarti? Se io non so cos'è l'amore, perché da piccolo non l'ho mai ricevuto, come faccio ad amarti?"), ma Gesù: "Amatevi come io vi ho amati!" (qui il criterio è Gesù e il suo amore disinteressato, gratuito, totale e avvolgente).
DA QUESTO SAPRANNO CHE SIETE MIEI DISCEPOLI: Gesù non dice: "Si saprà che siete miei discepoli se dite il breviario... se siete santi... se pregate molto... se portate la talare... se studiate molta teologia... se predicate bene... ecc". Gli scribi e i farisei avevano dei vestiti "speciali": tutti li riconoscevano quando passeggiavano per le strade perché i loro vestiti manifestavano la loro condizione.
Ma il vestito che tutti vedono adesso, non è di nessun tessuto: il vestito visibile è l'amore. Tutti gli stemmi, le insegne, gli abiti, le decorazioni, i riti, le preghiere, non dimostrano niente della tua fede. La tua fede si misura solo nell'amore e nell'amore concreto. Una carezza, un abbraccio, un bacio, un gesto d'amore, del tempo donato gratuitamente, non ha bisogno di spiegazioni, lo capiscono tutti. Questo è l'amore di Gesù, questo è il vestito del suo discepolo
Un anziano anni fa mi raccontò di come, lui soldato dell'Armir, fu salvato e curato in un'isba da una famiglia russa: "Non so se erano cristiani - mi disse - ma di certo amavano Dio".
Vicino a casa mia c'era una famiglia "rossa" (comunisti doc: di quelli che la chiesa la vedevano solo passando per la via della chiesa) eppure tutti i ragazzini della mia via, ogni giorno, andavano a casa loro e vi trovavano dolci, sorrisi, abbracci e accoglienza. Sicuramente non andavano in chiesa... ma di certo amavano Dio.
16 e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
E IO PREGHERO' IL PADRE ED EGLI VI DARA' UN ALTRO PARACLITO PERCHE' RIMANGA CON VOI=parakletos=soccorritore, difensore, colui che assiste, che sta accanto. Prima c'era Gesù accanto agli apostoli. Adesso, anche se Lui non c'è più, c'è qualcun altro che "rimane" con loro, questo Paraclito, che è lo stesso Spirito del Padre, che è lo stesso Spirito che dal Padre si è posato, nel Battesimo, su Gesù.
PER SEMPRE=per sempre Dio c'è vicino. Anche se Gesù non c'è più, la sua Forza, il suo Spirito, la sua Energia, il suo Coraggio, la sua Intensità, il suo desiderio di Verità e Libertà, il suo Amore, sono con noi sempre. Anche se il suo corpo non c'è più, il suo Spirito è sempre con noi.
Quando diciamo che la forza di Dio è con noi, non diciamo solo delle belle parole incoraggianti ma diciamo l'esatta verità. E' proprio così. Poi ci sta bene non crederci; poi ci sta bene far finta che non sia così; poi ci sta bene eludere questa realtà, ma in ogni caso rimane vera. Ed è un vero peccato che le persone non credano a questa potenza che abita in loro perché si precludono la possibilità di essere grandi, potenti e di diventare creature meravigliose e luminose.
Nelson Mandela: "Noi ci chiediamo: "Chi sono io per essere così brillante, così grandioso? Pieno di talenti, favoloso?". In realtà chi sei tu per non esserlo? Tu sei un figlio di Dio".
Nelson Mandela: "Non abbiamo paura di non essere all'altezza, la vera paura che abbiamo è di essere troppo potenti... Non sono le zone d'ombra a terrificarci di più, ma la luce che è in noi. Perché, chi siamo noi per essere così brillanti, formidabili, pieni di talento e di risorse? Effettivamente, chi vi credete di essere, voi, per non poter essere tutto ciò? Siete figlie e figli di Dio.
Fare i piccoletti, non aiuta il mondo. Disprezzare se stessi per riconfortare gli altri intorno a sé, non ha nulla di eccezionale. Siamo stati creati tutti (e non solo qualcuno di noi) per diffondere la gloria di Dio che è in noi. Quando la lasciamo risplendere, incitiamo gli altri a fare lo stesso. Quando abbandoniamo le nostre paure, la nostra presenza aiuta gli altri a liberarsi delle loro".
Io sono potente non perché sono più degli altri: questo è narcisismo. Io sono potente perché sono figlio di Dio: la sua forza è la mia forza ed anche la tua forza. E sono chiamato a far brillare la luce che già c'è in me e ad esprimere i talenti che risiedono nel mio cuore. Il vero peccato è questo: essere grandi e voler vivere da piccoli, da inetti, abdicare a ciò che possiamo essere. Il peccato è non vivere la propria condizione: siamo aquile ed è un peccato vivere da polli.
Questi stessi versetti sono stati letti quindici giorni fa e non si capisce perché la liturgia ci riporti a quindici giorni di distanza due vangeli uguali. Comunque...
Gesù sta rispondendo a Giuda, non l'Iscariota che gli ha chiesto: "Come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?"(Gv 14,22). Giuda, come molti altri discepoli, non capiscono come mai Gesù non si manifesti al mondo secondo le aspettative del tempo sul Messia, in modo spettacolare, straordinario.
23 Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.
SE UNO MI AMA OSSERVERA' LA MIA PAROLA=l'adesione a Gesù è inseparabile dalla sua Parola. Ma qual è la sua parola? L'ha appena detta nei versetti precedenti; l'abbiamo sentita domenica scorsa: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri" (Gv 13, 34-35).
La Parola di Gesù non si manifesta in uno scritto, in una preghiera, in un testo (come era ad esempio per la Legge) ma nella vita. E' la vita che mostra se una persona ama e segue il Signore. La Parola di Dio è l'amore. L'Amore è la Parola di Dio.
E IL PADRE MIO LO AMERA'=quel "amerà" non è un amore in futuro, come premio, ma un amore che avviene adesso. Se tu fai così senti subito l'amore di Dio.
Non è che Dio ci dà in base a quanto noi amiamo gli altri. Più tu ami gli altri e più io ti premio e ti amo. Perché sembrerebbe un amore a premio: più tu ami gli altri e più meriti hai. No! Dio ama chi fa come Lui e non gli altri? No, non s'intende questo. Dio ama tutti, anche chi non lo ama (cfr. Giuda). Ma chi ama è più capace di sentire l'amore di Dio.
Solo chi ama sente Dio (e il suo amore)
Cosa vuol dire Gv allora? Che solamente chi ama può sentire il Signore, cioè riesce a percepirne la sua presenza.
Cosa succede allora? Chi ama dilata il proprio cuore per amare, contenere, per effondere sugli altri il proprio amore che vuole dare vita.
Bene: quest'apertura per gli altri è l'apertura che ti permette di ricevere in maniera sempre più abbondante anche l'amore di Dio.
Non è che Dio ti ami di più! E' che tu lo senti di più.
Hai aperto il tuo cuore per gli altri e in quest'apertura adesso tu puoi sentire di più l'amore di Dio. E' per questo che più si dà più si riceve! Perché ti rendi conto (diventi più sensibile) sempre di più di quanto bene c'è attorno a te, di quanto le persone fanno per te, in quanta gratitudine sei immerso.
Chi chiama "amore" l'attaccamento, non può sentirlo. Cerca santini, liturgie, si attacca a quello che qualcuno gli dice, ma non lo vede perché l'amore è amare senza attaccarsi.
Chi chiama "amore" il possesso, non può vederlo/sentirlo. Cerca verità che lo rassicurino, cerca una "prova" inattaccabile (visione, apparizione, miracolo), cerca di possedere la certezza ma non lo vede perché nell'amore non si possiede nessuno e non si è posseduti da nessuno.
Chi chiama "amore" la pretesa, non può sentirlo. Perché l'amore non è quello che l'altro deve fare per me, ma ciò che io metto in gioco con l'altro perché la nostra relazione viva. L'amore che pretende è dominio, potere, costrizione, manipolazione.
Chi chiama "amore" i propri bisogni, non può sentirlo. Perché se per me l'amore è che tu riempi il mio bisogno di solitudine o che tu riempia il mio buco di affetto o che tu mi dia ciò che altri non mi hanno riconosciuto, allora non ti amo ma ti uso. L'amore uno usa l'altro; l'amore si dona all'altro.
L'amore è lo spazio tra me e te; non sei tu, non sono io, ma ciò che nasce fra me e te (che fisicamente ad esempio è un figlio).
Chi non "conosce" quest'amore, dice Gv, non può vedere il Signore. Perché? Perché Dio è visibile con gli occhi del cuore, dell'amore appunto; è un'esperienza visibile, chiara, certa, toccabile, ma solo con questi occhi. Sono quegli occhi che ti permettono di vedere il sorriso negli occhi di chi ami o la luce nel volto delle persone che "vivono". Solo con quegli occhi lì lo vedrai: sono gli occhi dell'amore. Per questo solo chi ama "vede" Dio e chi "vede" Dio sicuramente ama.
E NOI=sia Gesù che il Padre. Quindi, anche se Gesù se ne va, i discepoli lo perdono solo fisicamente perché lo potranno rivedere e trovare sempre dentro di loro. Per questo Gesù Cristo non è mai morto: perché tu lo puoi contattare sempre e quando vuoi, perché Lui vive in te.
VERREMO A LUI=lett.: "ci fermeremo a vivere; faremo dimora/vita con/insieme". L'idea è quella del cambio di casa: prima Dio aveva "casa" nei cieli, adesso nel cuore dell'uomo. Questo è di una novità immensa: Dio a quel tempo era considerato esteriore all'uomo, una realtà diversa dall'uomo, soprattutto lontano. Con Gesù tutto cambia: il Dio di Gesù è vicino, dentro all'uomo e chiede all'uomo di fondersi con Lui perché l'uomo stesso diventi tempio di Dio.
Nell'Esodo Dio camminava in mezzo al popolo (Es 26): c'era una tenda, che era la dimora di Dio. Ma Dio era sempre qualcosa di esterno, al di fuori dell'uomo. Poi, nel corso degli anni, Dio fu relegato nel tempio e solo la mediazione della casta sacerdotale ti poteva mettere in contatto con Lui. Dio era ancor più esterno, altro dall'uomo. Santo (il Santissimo) vuol dire altro: Dio è Altro, Lontano; Dio non è assolutamente vicino a noi. E nel tempio Dio non solo era lontano ma era solamente per alcuni, per quelli che avevano certi requisiti (che non era nell'impurità e che rispettavano tutte le Leggi), per cui Dio era veramente solo per pochi.
E quando Gesù nasce e viene chiamato l'Emmanuele, il Dio-con-noi, questa è una novità assoluta e inaudita. Dio è qui con noi? Ma non è possibile!
No, non solo Dio è con noi, ma Dio è dentro di noi! Gv 1,18 dice: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". Con Gesù Dio ha posto la sua tenda in mezzo a noi, addirittura dentro di noi.
Per cui il cammino, l'esodo, non è più verso qualcosa di esterno ma verso l'interno: è dentro di sé che si può fare esperienza di Dio. Dio adesso ha posto tenda non più nella tenda dell'Incontro, ma nella tenda del cuore dell'uomo. Dio abita già in te: non lo devi più cercare ma scoprire.
Da questo punto di vista l'uomo diventa sacro, inviolabile, perché in Lui c'è già Dio. Chi fa del male all'uomo fa del male a Dio. Chi giudica o disprezza l'uomo, giudica o disprezza Dio. Non sono più le preghiere, le offerte o i digiuni che rivelano il tuo amore per Dio ma è l'amore per l'uomo perché Dio dimora lì. Questa cosa che oggi per noi è pacifica (mica tanto!) a quel tempo fu sconvolgente e una bestemmia.
PADRE=il Dio di Gesù si chiama Padre. Gesù non parla mai di "Dio" ma sempre del "Padre". "Dio" si rifà al Dio dell'A.T., il Dio lontano, inaccessibile, separato dall'uomo.
Il Dio di Gesù, invece, è il Padre, che è un Dio completamente diverso, vicino, un Dio a cui puoi rivolgerti, che ti ascolta, a cui puoi parlargli, a cui puoi dire tutto, un Dio che ti accompagna nel tuo cammino di vita (Emmaus), un Dio vicino, un Dio dentro di te.
E se il Dio dell'A.T. aveva bisogno di mediazioni (il Tempio) adesso ci si può rivolgere a Lui direttamente, basta connettersi e collegarsi con lui. Se prima per pregare (=comunicare con Lui) si andava nel tempio o nella sinagoga, adesso basta andare in un luogo deserto o in un monte o in luogo solitario; questi luoghi sono favoriti perché creano un maggiore silenzio, ma in realtà qualunque luogo va bene. Se prima Dio aveva dei sudditi che dovevano ubbidire alle sue regole (altrimenti Lui chiudeva la comunicazione con il suo popolo), adesso il Padre ha dei figli, che gli assomigliano, che gli sono cari, che sono infinitamente amati da Lui. Se prima si credeva che l'uomo vivesse per Dio, con Gesù adesso è Dio che vive per l'uomo e lo potenzia nel suo amore, nella sua fiducia in sé, nella sua stima e nel suo coraggio. Dio non chiede, Dio dà. L'uomo non vive più per Dio ma di Dio.
Il Maestro interiore
Questo vangelo fa parte del lungo discorso fatto da Gesù durante l'Ultima Cena, dove aveva lavato i piedi ai suoi discepoli (Gv 13-17). Dopo che Giuda se n'è andato per compiere il suo tradimento. Gesù fa un lungo discorso e prepara i suoi amici alla sua partenza. Non lo vedranno più.
Gli apostoli dicevano: "E' perso tutto!". Per certi aspetti era vero: finiva un mondo. Quando moriremo, perderemo tutto e finirà per davvero un mondo.
Ma dopo la morte del Maestro non ci fu più un solo Maestro ma decine di altri maestri. Gesù adesso viveva dentro gli apostoli. Questa esperienza di avere il Signore vivo dentro di loro la chiamarono lo Spirito, l'Amore, il Risorto.
C'era un discepolo che tutti i giorni da tanti anni andava dal suo maestro. Il suo maestro gli spiegava i segreti della natura, le leggi che sottendono a tutto ciò che vive a tutto ciò che esiste. Gli aveva insegnato a leggere i cuori degli uomini, a capirne le intenzioni, a prevederne le reazioni. Ogni mattina il discepolo arrivava, poneva delle domande al maestro e questo rispondeva alle sue domande. Il discepolo aveva imparato molte cose e ogni volta che non era sicuro, chiedeva al maestro. Una mattina andò come tutte le mattine dal maestro. Come arrivò, il maestro gli disse: "Questa mattina sarà l'ultima mattina che verrai qui da me!". "Ma perché maestro? Ti ho deluso? Ho fatto qualcosa che non dovevo fare? Non ti ho obbedito? Non ti ho rispettato? Dimmi, maestro in cosa non ti ho ascoltato e io lo farò!", disse il discepolo. "Finché tu vieni da me, io sarò sempre il maestro e tu sempre il discepolo. Ma adesso devi imparare l'ultima lezione: io sono maestro e tu anche. Da domani non chiederai più a me ma a te stesso", disse il maestro.
Ci sono tanti modi per amare: posso ogni giorno darti un pesce da mangiare ma posso insegnarti anche a pescare, e allora sarai diventato tu stesso un altro pescatore.
Molte persone hanno 30 anni, 40, ma sono ancora attaccate alla tetta della mamma. Ma viene un tempo in cui il latte bisogna prenderselo da soli. Basta con il rimanere bambini.
Dio ci ha fatto un regalo incredibile, enorme. Dio non ha voluto che noi lo ubbidissimo sempre, che ci riferissimo a lui per ogni cosa, che dovessimo sempre consultarlo per sapere sempre e in ogni istante cosa fare. Dio non ci ha creati schiavi del suo volere. Dopo averci educati e insegnato un po': "Io sono il Maestro e tu il discepolo. Ma da adesso tu sei il maestro".
Gesù non ci chiama a venerarlo, a pregarlo, ad adorarlo. Gesù ci chiama ad essere noi stessi degli altri Gesù. Tutt'oggi la maggior parte delle persone chiede risposte: "Cosa devo fare in questa situazione? Cosa dice il Catechismo della chiesa cattolica? Cosa dice il Papa? Cosa è giusto fare? Cosa bisogna fare?". E' il bambino che chiede tutto alla mamma perché non sa ancora cosa vuole e cosa non vuole, perché ha paura di fare delle scelte e di sbagliare. Ma l'adulto non chiede più all'esterno, chiede all'interno, chiede al Dio dentro di sé.
Noi dobbiamo prendere sul serio il fatto che Dio ci abita, che lo Spirito è dentro di noi. Sentirsi Dio dentro è farsi carico di una responsabilità che pochi sono disposti ad accettare. Meglio affidarsi al Dio dei dogmi e delle chiese, perché così ci si risparmia lo sforzo di decifrare quel mistero che siamo, dato che saranno i suoi rappresentanti a dirci come è fatto questo Dio e come lo dobbiamo amare e adorare. La gente che chiede troppe risposte agli altri è perché non vuole prendersi la responsabilità e il carico di vivere la propria vita e la propria fede in prima persona. E' sempre più comodo farsi portare in carrozzina, in passeggino, piuttosto che camminare con le proprie gambe.
Dio è dentro di te; il maestro è lì in te a portata di mano: perché chiedi a me? Perché chiedi in giro? Da questo punto di vista la chiesa ha le sue responsabilità. Ha sempre detto: "Io ho la verità". Questo voleva dire: "Se vuoi sapere cosa dire e cosa fare, cosa è giusto e cosa no, chiedi a me". Era un po' come dire: "Tu non sai niente. Chiedi a me se vuoi non sbagliare". Ma allora si è come delle marionette: qualcuno tira i fili, tu fai e ti muovi. Ma facendo così le persone si sentivano deresponsabilizzate. Non era importante ciò che loro pensavano o vivevano: bastava eseguire. Il valore primo era il comandamento da rispettare; il verbo più stimato era obbedire.
Ma la chiesa deve insegnare che il primo valore è la tua coscienza: solo a lei devi rendere conto. E il verbo prima è ascoltarsi, percepirsi ed essere fedeli al Dio interiore. Lo Spirito ci ricorda una verità enorme: Dio è dentro di te. Tu lo devi conoscere, tu lo devi cercare, tu devi darti le tue risposte e ti devi prendere le tue responsabilità.
Giovanni XXIII passò un giorno con la sua auto davanti alla sinagoga di Roma (gli ebrei per secoli erano stati tacciati dalla chiesa come "perfidi", ritenendoli colpevoli della morte di Gesù e a quel tempo questa credenza rimaneva). In quel momento stavano uscendo dal tempio una dozzina di ebrei. Il papa ordinò di fermare l'auto. Poi si diresse a piedi verso di loro e disse: "Non lo so se faccio bene o male, ma ho sentito la voglia di darvi la mia benedizione come padre dei cristiani". Gli ebrei ricevettero il suo gesto con simpatia e alcuni perfino lo abbracciarono. Quando poi rientro in auto disse al suo segretario Loris Capovilla: "Mi domando che cosa direbbero alcuni teologi del Vaticano di quel che ho appena fatto. E se fossero loro a sbagliarsi?".
La tua coscienza è il Dio che parla dentro di te. Non delegare a nessun altro la tua vita.
24 Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
CHI NON MI AMA NON OSSERVA LE MIE PAROLE=chi sono coloro che non osservano le sue parole ("Amatevi come io vi ho amato") e quindi non lo amano? I Giudei. Ancora una volta viene affermato il criterio per capire se una persona è o no discepola di Gesù: l'amore.
Non se è stato battezzato, se va in chiesa, se prega, ma se ama concretamente le persone. L'amore stabilisce se una persona ama o no Dio.
E LA PAROLA CHE VOI ASCOLTATE NON E' MIA, MA DEL PADRE CHE MI HA MANDATO=Dio è come Gesù! Ciò che Gesù dice è esattamente quello che il Padre gli ha comunicato. Quindi, per ascoltare Dio basta ascoltare Gesù.
Il vangelo dice: "Chi mi ama osserva la mie parole; chi non mi ama non osserva le mie parole". Tereo "osservare" vuol dire custodire, osservare, guardare, aver cura, stare in guardia, conservare. E' il pastore che osserva, custodisce il suo gregge perché gli è caro, lo ama, perché è prezioso per lui. Osservare vuol dire non perdere mai di vista. E' il pastore che siccome quelle pecore sono tutto ciò che ha, le osserva, non le perde mai di vista, le sorveglia dagli attacchi dei lupi e dei predatori.
Qui, allora, non si parla di osservanza, di fare giusto o sbagliato. Si vuol dire: hai scoperto una verità? Hai trovato qualcosa che ti riscalda il cuore? Hai trovato il cibo della tua anima? Hai trovato ciò che ti fa vivere? Non perderlo! Custodiscilo con tutto il tuo amore.
Bisogna proteggere ciò che è prezioso. Proteggi i tuoi tesori o ti verranno rubati.
Le parole di Gesù avevano riscaldato il cuore e l'anima degli apostoli; quelle parole li avevano fatti vivere. Per questo, se lo amano, le osserveranno, le custodiranno come tesori preziosi e unici.
Abbiamo davanti una grande tavola. In questa tavola c'è pasta con i gamberetti, pasta al pomodoro, roast beef, macedonia di frutta, fragole con la panna, yogurt, sushi, formaggi, dolci con varie marmellate e meringata, salmone, grigliate di carne, ecc. Tu vai e dici: "Cosa potrei prendere? Beh, mi prendo un po' di questo, un po' di quello; ma sì anche un po' di quell'altro e anche quello". Ci sono uomini e donne che prendono per tutta la vita le decisioni così: "Oggi facciamo quello; domani quell'altro; ma sì proviamo anche questa cosa e quell'altra pure".
Ci sono cose che ci fanno un cenno (che ci piacciono) e cose che ci appassionano, che ci prendono l'anima. Quando uno sceglie tutto è perché non ha ancora capito cosa è suo e cosa no, così prende tutto. Ma prendere tutto è come prendere niente: non si sceglie!
Os-servare, con-servare, vuol dire: "Questo, e non uno a caso o quello che trovo!".
Rimanere fedeli a sé vuol dire, siccome non tutto si può scegliere, che non perderemo mai di vista ciò che ci prende l'anima, che ci appassiona il cuore, che è centrale per la nostra vita. Non ci faremo distrarre. Bisogna chiedersi: "Ma io cosa voglio? Di che cosa sono affamato? Che cosa mi fa sentire vivo?".
L'anima non si accontenta di quello che le passa davanti. L'anima vuole il suo nutrimento, il suo cibo. E trovato ciò che ti fa vivere, bisogna conservarlo, custodirlo, osservare che non vada perso.
Oggi ci sono mille cose da fare. Se guardi a ciò che potresti fare, ci si scoraggia: c'è così tanto da fare. Il rischio è di essere tirati a destra e a sinistra, di fare di tutto e ogni cosa. Per questo è fondamentale conservare il proprio tesoro (ciò che ti fa vivere) e osservare di non essere fuori dalla propria strada. Così mi devo sempre chiedere: "Che cosa mi fa vivere? Che cosa mi appassiona? Per che cosa io vivo e voglio vivere? Per quali motivi io voglio spendere la mia vita?". Per questo io mi devo ogni tanto fermare, pregare e ricordarmi: "Io sono qui per questo".
Conserva le tue intuizioni: a volte abbiamo colto qualcosa di noi o verso dove andare. Non perderle. Quante persone si sono perse, si sono dimenticate di ciò che li appassionava nell'anima. Allora si muore dentro.
Conserva le tue relazioni: ci sono delle persone che sono per noi come dei porti, delle ancore di salvezza, dei salvagente nel pericolo. Mai perderli, lasciarli; conservali perché ti fanno vivere.
Conserva i tuoi incontri: ci sono delle esperienze che ci ricaricano, che ci rientrano, che ci danno forza ed energia per andare avanti. A volte la fatica, la stanchezza, ci distolgono da ciò che per noi è vitale. Conserva ciò che riscalda il tuo cuore e che è il sangue e la linfa dell'anima.
Conserva le tue parole. In certi momenti della vita tutti noi abbiamo percepito dei richiami, delle parole che ci hanno svegliato, risuonato dentro, rimbombato, che abbiamo sentito come nostre.
Conserva le tue parole, accarezzale, ritornaci, custodiscile perché sono il dono di Dio per te, sono indicazioni di chi sei e di dove andare.
Conserva il tuo amore: troppe persone si fanno prendere dal lavoro e dai lavori, si distraggono in mille cose e perdono di vista il "tesoro" della loro vita. Così perdono l'amore, perdono ciò che li faceva coppia, ciò che li univa.
25 Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi.
VI HO DETTO QUESTE COSE MENTRE SONO ANCORA PRESSO DI VOI=Gesù prepara i suoi discepoli alla sua partenza. Intanto gliele ha dette: poi ci penserà lo Spirito Santo a fare loro comprendere la portata di queste parole.
26 Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
MA IL PARACLITO=parakletos da parakaleo significa "mandare a chiamare, invitare, invocare aiuto, consolare, dire una buona parola".
LO SPIRITO=pneuma=spirito, è soffio, alito, vento. Lo Spirito (=la presenza di Dio nell'uomo), quindi è qualcosa di molto dinamico, in continuo movimento come il vento o il respiro. E' tutt'altro che statico.
SANTO=aghion=santo=separato perché appartiene alla sfera divina (e che è in grado di separare). Ma ecco la grande novità: lo Spirito Santo=separato, adesso, non è più separato dall'uomo. Anzi, è dentro l'uomo e nell'uomo.
Cosa sta succedendo? Gesù se ne va e lo sa che i discepoli sono turbati e hanno paura. Gli apostoli si chiedono: "Ma ce la faremo senza di Lui? Ma siamo in grado? E ci ricorderemo tutto quello che Lui ha detto? E chi ci spiegherà le cose, adesso? E dove troveremo la luce, ora?". Il dolore degli apostoli è grande, ma Gesù dice: "Tranquilli, amici miei, perché sentirete dopo la mia morte una presenza dentro di voi che vi sosterrà e che vi darà forza". Voi adesso soffrite ma la vostra sofferenza sarà cambiata in una gioia indicibile. E' un po' come la donna quando partorisce: un grande travaglio ma poi una gioia senza fine quando vede suo figlio.
Il centro della forza è dentro
Il vangelo di oggi ci ributta dentro di noi. La tua forza è dentro: lì c'è lo Spirito, il Dio in te.
La forza di un albero non sta in quello che si vede, nelle foglie, nei rami o nel tronco. La sua forza sta nelle sue radici, in ciò che non si vede, in ciò che ha dentro. Nessun albero è più alto delle sue radici.
La forza di un uomo è in ciò che ha dentro. Se amiamo veramente i nostri giovani dobbiamo insegnargli dov'è la loro vera forza. A che serve farli belli, grandi, grossi, laureati, quando poi non hanno la forza di vivere? Tutta la società è preoccupata di svilupparsi fuori: più belli, più ricchi, più acclamati, più degli altri. E' un'illusione che avvelena la vita di milioni di persone. La vera forza, infatti, sta dentro.
Per la società è "forte" chi non prova nulla, chi non sente la paura, chi non soffre mai. La forza di un uomo è la capacità si resistere al dolore del rifiuto e dell'abbandono, senza evitarlo.
Per la società è "forte" chi è ammirato e chi ha tutti ai suoi piedi. Ma la forza di un uomo è l'intensità del suo sguardo, la profondità e la vibrazione del suo tocco.
Per la società è "forte" chi è intelligente, chi te la sa raccontare, chi "te la incarta sempre".
Per la società è "forte" chi viaggia e va dappertutto anche se non sai compiere il viaggio dentro di te. Ma la forza di un uomo è la capacità di ascoltarsi, di conoscersi, di seguire cosa accade dentro di sé.
Per la società è "forte" chi fa sempre il furbo, chi se la cava sempre, chi sa mascherare e mascherarsi. Ma la forza di un uomo è non vergognarsi di niente di ciò che gli accade dentro e di avere il coraggio di riconoscere e di chiamare per nome ogni cosa.
Per la società è "forte" chi ha potere, chi può permettersi, chi ha soldi. Ma la forza è nell'intensità dei suoi sentimenti e nel seguire la sua coscienza anche controcorrente.
Per la società è "forte" chi come il camaleonte si adatta a tutto e ne viene sempre fuori bene. Ma la forza di un uomo è inchinarsi e chiedere perdono quando sbaglia ma non inchinarsi a nessuno e a nessun compromesso se ne va della propria dignità e integrità.
La forza di un uomo è far emergere la Forza divina che lo abita e non vivere al di sotto delle sue possibilità. E' ciò che hai dentro che ti sostiene (che ti tiene su).
Quando guardi un albero dici: "Ma che belle foglie; e com'è alto! E che fiori! E che frutti meravigliosi!". Ma in realtà devi dire: "Le sue radici sono profonde e radicate; la linfa scorre senza ostacoli e senza barriere; dentro è vivo e pino di vita che emerge ed esce".
E adesso guarda la tua vita. Ciò che vedi fuori è la conseguenza di ciò che hai dentro. E se non ti piace il fuori devi cambiare il dentro.
Pensiero della settimana
Possiedo già tutto ciò che mi serve. Per questo non mi serve possedere gli altri.