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TESTO Popoli tutti, lodate il Signore, alleluia!

don Walter Magni   Chiesa di Milano

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VI domenica T. Pasqua (Anno C) (01/05/2016)

Vangelo: Gv 16,12-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

16Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». 17Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». 18Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».

19Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? 20In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.

21La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. 22Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia.

Diciamo che Dio ama alla grande! L'avevamo compreso nelle domeniche passate, mentre proprio il Suo modo di amare diventava un paradigma, un esempio per noi. Più che confrontare la Sua grandezza e la nostra fatica e debolezza nell'amare come Lui, conta piuttosto saper stare davanti al Suo stile inconfondibile. Quella Sua straordinaria capacità di farsi accanto a noi, adattandosi a ciascuno di noi per amore nostro. Lo si intuisce riascoltando il Vangelo di questa domenica.

"Molte cose ho ancora da dirvi"
Siamo sempre nel contesto dell'ultima cena, mentre Gesù sta promettendo ai Suoi lo Spirito Santo. Giungendo a fare un'affermazione che ci tocca un po' nell'orgoglio: "molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso". Da una parte Gesù, in un impeto del cuore, vorrebbe fare loro tante raccomandazioni, dall'altra i Suoi discepoli sono confusi, e incapaci di comprendere cosa stia succedendo. Soprattutto il tempo sembra mancare, mentre un velo di tristezza s'impadronisce del cuore di tutti. Capita a noi, in certi momenti di intimità, di voler dire ancora tante cose. Soprattutto cose delicate, che sentiamo importanti per noi e per tutti coloro che amiamo. Intanto, mentre parliamo, il volto di coloro che più di altri ci dovrebbero capire, sembra andare per chissà quali altre strade. "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso". In fondo si trattava di quella tristezza che proprio la Sua passione e morte di lì a poco avrebbe inevitabilmente provocato. Pietro per paura prenderà le distanze dal suo Maestro; mentre Giuda s'era già incamminato sulla strada del tradimento dell'Amico. Poi tutti, nel momento della Sua cattura, sarebbero fuggiti. Solo tenendosi a debita distanza dalla Sua croce l'avrebbero visto morire. Nonostante Gesù li avesse preavvertiti: "Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore (...). Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero" (Mt 10,29-30). Se il Vangelo di Gesù è un insieme di sacrifici e di impegni, di certo sarà un peso insopportabile; se, invece, ce ne facciamo carico con amore, allora diventerà persino dolce e leggero.

"Tutta la verità"
Dove ci vuole condurre Gesù nonostante la nostra piccolezza e fatica a capire? Stando alle Sue parole, con l'aiuto dello Spirito Santo Egli mira alla pienezza della verità: "Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità". Gesù però non sta parlando ai Suoi di quella verità che si attiene alla consapevolezza dei fatti che stanno per capitare, ma di quella più profonda verità che abita persino dentro le pieghe più dolorose della Sua passione e della Sua morte. Frutto maturo dell'intimità e della relazione singolare di Dio con noi. Che si affida anzitutto alle praterie sconfinate del cuore, prima d'essere materia per l'intelligenza dei pensatori e dei teologi. Verità che sta dentro l'inserzione, l'incarnazione della propria vita fino alla morte per i Suoi: "avendo amato i Suoi li amò sino alla fine" (Gv 13,1). Che si identifica nel segno eucaristico di Sé, donato e consumato: "Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo (...). Prendete e bevete, questo è il mio sangue". In gioco sta la partecipazione reale di Dio all'intero arco della esistenza: "fino alla morte e alla morte di croce". Questa è propriamente "tutta la verità", la verità tutta intera. Che la nostra intelligenza potrà solo sfiorare, che nessuna teologia potrà mai pretendere di spiegare. Ci è chiesto piuttosto di saper essere umili, stando discreti sulla soglia di questo mistero. Come ai bordi del pozzo della vita. Come la donna che "quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo".

"Non comprendiamo quello che vuol dire"
Tuttavia, i Suoi discepoli faticano a capire. Preferiscono, piuttosto, discutere su alcuni particolari. Disquisire concludendo che "non comprendiamo quello che vuol dire". I vangeli registrano anche altri passi nei quali i Suoi non Lo capiscono. Come quella volta che s'erano messi a discutere tra loro del fatto che avevano dimenticato di prendere il pane, dopo aver assistito al miracolo della moltiplicazione del pane. E Gesù che dice loro: ma come, non riuscite a capire, non capite ancora? (Mc 8,14-21). E quell'altra nella quale s'erano accalorati nel discutere su chi tra loro doveva essere il più grande. Gesù allora, preso un bambino, lo mette al centro dell'attenzione, spiegando che il Regno dei cieli appartiene a chi sa diventare come quel bambino che ancora respira di fiducia e di affidamento. Impressiona a volte incontrare delle persone anziane che dopo anni di fede praticata con intensità si ritrovano confusi a domandare: cosa mi aspetta? Gesù mi sta spettando dopo la morte? Ci sarà davvero ancora un Dio che mi perdona? Sono già molti i libri che raccolgono le lettere che Madre Teresa di Calcutta scriveva al suo direttore spirituale. Lettere che arrivano a descrivere un'aridità spirituale profonda, come una vera e propria notte oscura del silenzio e dell'assenza di Dio. Ma "se la pena e la sofferenza, la mia oscurità e separazione da te, ti danno una goccia di consolazione, mio Gesù, fa' di me ciò che vuoi". Un grande teologo ha affermato che "il cristianesimo del futuro, o sarà mistico, o non sarà". Non dobbiamo sprecare i santi, riducendoli semplicemente a generosi distributori di grazie, ma intendendoli piuttosto come gli apripista della nostra fede. Spiragli di luce e di speranza nei confronti della verità tutta intera. Della pienezza di verità che Gesù ci ha promesso.

 

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