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TESTO BEATI VOI! Ma chi e come?

mons. Antonio Riboldi

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (30/01/2005)

Vangelo: Mt 5,1-12a Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

3«Beati i poveri in spirito,

perché di essi è il regno dei cieli.

4Beati quelli che sono nel pianto,

perché saranno consolati.

5Beati i miti,

perché avranno in eredità la terra.

6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,

perché saranno saziati.

7Beati i misericordiosi,

perché troveranno misericordia.

8Beati i puri di cuore,

perché vedranno Dio.

9Beati gli operatori di pace,

perché saranno chiamati figli di Dio.

10Beati i perseguitati per la giustizia,

perché di essi è il regno dei cieli.

11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

Verrebbe voglia di commentare il Vangelo di oggi con la solennità di una meravigliosa sinfonia, che attingesse direttamente le note dagli Angeli, esperti in felicità, e riempisse l'aria, il cielo, il cuore di tutti gli uomini.

Perché c'è una sete in tutti di felicità, che non si può assolutamente sopprimere perché, quando Dio ci ha creati, ha come impastato quel fango con la bellezza che Lui è ed ha; la felicità. ED è quindi naturale che tutti ne sentiamo la sete. Ma dove attingerla? A chi chiederla? Chi o cosa ce la può donare?

Ci risponde oggi il profeta Sofonia: "Cercate il Signore, voi tutti poveri della terra, che eseguite i suoi ordini; cercate la giustizia, cercate l'umiltà, per trovarvi al riparo nel giorno dell'ira del Signore"(Sof.2,3).

E Gesù, presentandosi alla umanità, per indicare le vie del Regno del Cielo, subito si affretta a tracciare la carta di identità per chi vuole partecipare alla gioia dei 'beati'. E' la netta contrapposizione a quanto il mondo ogni giorno propone, inventa, senza mai riuscire nell'intento di sollevare il cuore. Presto o tardi tutti ci accorgiamo che le felicità del mondo, che possono chiamarsi con tutti i nomi delle cose che passano e a volte distruggono la voglia di vivere, altro non sono che lucciole che per una notte luccicano e prendono la loro stupenda luce dal letame, così pare. Può mai il letame essere cibo del cuore?

Gesù, proclamando al mondo, e per sempre, le sue regole, lo fa con una solennità che l'evangelista marca nel semplice racconto delle beatitudini. Ancora oggi chi va in Israele, inevitabilmente si sofferma sul monte delle beatitudini: un colle che si alza come un immenso pulpito sul mondo: un mondo avvolto da una bellezza incomparabile, come se la natura avesse voluto dare i colori alle beatitudini.

Così le presenta Matteo: "Gesù, vedendo le folle, salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli.

Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno del cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché possederanno la terra.

Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per causa della giustiziai perché di essi è il regno dei cieli.

Beati voi, quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli"(Mt. 5,1-12)

II solo leggerle, diciamocelo francamente, allarga il cuore, come se per incanto sparissero tutte le nubi che coprono di infelicità la terra e noi, per dare tutto la spazio alla patria celeste del Regno. Ed è di questo che sentiamo il bisogno.

Dio non scherza mai con noi. Anche a costo di dire verità contro moda, che forse fanno male, dona la bellezza della verità. Ci dice come partecipare alla sua felicità. "Vostro è il regno dei cieli....vedranno Dio... saranno chiamati figli di Dio". C'è forse qualcosa di più grande, per noi, di questo?

È però facile forse dire: "beati voi poveri di spirito...beati voi puri di cuore...", ma poi sentiamo tutto il peso della nostra ignoranza, della nostra superbia, che frena l'entusiasmo di uscire allo scoperto per seguire le vie di Gesù.

Così annotava quel grande esperto, nostro contemporaneo, delle beatitudini che era don Tonino Bello: "Anzitutto il discorso delle Beatitudini ha a che fare con il discorso della felicità... Chi vuole entrare nella gioia, per realizzare l'anelito più profondo che ha sepolto nel cuore, deve necessariamente passare per una di quelle nove porte: non ci sono altri ingressi consentiti nella dimora della felicità. Ma anche perché la croce, la sofferenza umana, la sconfitta... vengono presentate come partecipazione all'esperienza pasquale di Cristo, che attraverso la morte è entrato nella gioia. E allora, se il primo titolare delle Beatitudini è Lui, se è il Cristo l'archetipo sul quale si modellano tutti i suoi seguaci, è chiaro che il dolore dei discepoli, come quello del Maestro, è già contagiato dal gaudio e la morte profuma già di resurrezione.

In fondo queste porte, pur differenti di forma, sono strutturate sul telaio architettonico che è il telaio della povertà evangelica, trionfo della vera libertà di cuore da tutto, per essere tutto per Dio e per i fratelli. "Di essi è il Regno". Se vogliamo avere parte anche ora del Regno dei cieli, regno di gioia, siamo chiamati a diventare "poveri in spirito" e i veri poveri che il nostro egoismo crea, dobbiamo tenerceli buoni con la nostra carità, perché un giorno si ricordino di noi".

Forse facile parlare di "beatitudini", ma non possono essere una "poesia" o "un sogno": sono le porte della felicità.

Bisogna avere fatto esperienza di queste beatitudini per capirne la bellezza.

Cosa c'è di più bello, come vero respiro dell'anima, di un sorriso che spunta sulle labbra di un fratello che si è fatto felice, quando noi ci siamo svestiti della nostra "ricchezza", per sottrarlo alla sua povertà? E' un sorriso che vale più di tutto quello che abbiamo o possiamo dare. E' il sorriso di Dio. Chi non ha incontrato un ammalato che vive la beatitudine della sofferenza e visitandolo ti investe di felicità, quasi denudandoti della tua sicurezza riposta nella buona salute?

Come si vorrebbe che la vita diventasse una continua ricerca di poveri di cose, di poveri di serenità, di disperati in cerca di speranza, per farli beati con la nostra vicinanza, che a volte chiede a noi di morire a noi stessi perché loro tornino a conoscere la gioia dell'amore e quindi della vita.

Il nostro mondo è pieno di poveri cui manca la nostra solidarietà e non sanno cosa sia la porta della beatitudine. La chiave ce l'abbiamo nelle nostre mani ma come è difficile usarla...perché la loro povertà diverrebbe in parte nostra! Ma possiamo permettere che le beatitudini rimangano un "sogno di Gesù" sul monte, rischiando di morire di angoscia per non essere beati?

O non conviene metterci tutti nella schiera dei beati per stendere un manto di gioia a questo mondo che soffre troppo, è da troppo tempo sulla croce e attende chi lo schiodi?

Vi confesso che ho vissuto la mia vita tra i poveri, nelle baracche in Sicilia per esempio: ma la mia gioia era grande perché ero povero come i miei fedeli, ma nello stesso felice di farmi ogni giorno povero in spirito per vedere il loro volto sempre illuminato dal sorriso della speranza e dalla certezza di essere amato.

Si racconta che un giorno il grande Follereau che aveva donato la sua vita ai lebbrosi del mondo, visitasse un campo di questi fratelli emarginati per la loro malattia.

Giunse con le tasche vuote, perché aveva dato tutto ad altri. Incontrandone duecento, che gli si fecero attorno come all'amico atteso che non si risparmiava per dare speranza e sorriso, disse: sono venuto tra voi, ma questa volta non ho nulla da darvi: vi posso donare il mio cuore e la certezza che vi sarò sempre vicino". I lebbrosi, dopo un breve consulto, chiesero di poter avere il dono di dargli la mano. E così fu. Per loro quel semplice gesto era gioia.

Dopo giorni scrissero a Follereau ringraziandolo e dicendogli: "non ci siamo lavata le mani per giorni per conservare il profumo del suo amore".
Se questo non è "essere nel Regno", dove andare?

Avremo il coraggio di varcare le porte delle Beatitudini? Me lo auguro.

Questa volta sarò un pochino più lungo, perché non voglio privarvi di una forma di beatitudine che una amica di Internet mi manda:

"Beati quelli che sanno ridere di se stessi, non avranno mai finito di divertirsi.

Beati quelli che sanno distinguere una montagna da un ponticello di una talpa, saranno risparmiate loro molte preoccupazioni.

Beati quelli che sono capaci di riposare e dormire senza bisogno di cercare scuse, diventeranno saggi. Beati quelli che sanno tacere e ascoltare, impareranno molte cose nuove.

Beati quelli che sono abbastanza intelligenti da non prendersi sul serio, saranno stimati dai loro amici.

Beati voi, se saprete guardare seriamente le piccole cose e serenamente le cose serie, andrete lontani nella vita.

Beati voi se saprete apprezzare un sorriso e dimenticare uno sberleffo, la vostra strada sarà piena di sole.

Beati voi se saprete interpretare sempre benevolmente gli atteggiamenti altrui, anche quando le apparenze sono contrarie, passerete per ingenui, ma è il prezzo della carità.

Beati quelli che pensano prima di agire e ridono prima di pensare, eviteranno di commettere sciocchezze.

Beati voi se saprete sorridere quando vi interrompono, vi contraddicono o vi pestano i piedi, il Vangelo comincia a penetrare nel vostro cuore.

Beati sopratutto voi che sapete riconoscere il Signore, in tutti quelli che vedete, avrete incontrato la vera luce, avrete trovato la vera saggezza; siete entrati nella casa delle Beatitudini".

 

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