PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Commento su Gv10, 7

Casa di Preghiera San Biagio FMA   Home Page

Lunedì della IV settimana di Pasqua - anno A (18/04/2016)

Vangelo: Gv 10,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 10,1-10

1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

«In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore»
Gv10, 7

Come vivere questa Parola?
Questa settimana si apre e si connota all'insegna del capitolo 10 del Vangelo secondo san Giovanni. Lo abbiamo letto ieri, nella sua parte quasi finale. Oggi lo riprendiamo da capo. Un capitolo che si legge volentieri e con senso, in questo tempo pasquale. Si accompagna egregiamente al racconto degli Atti, che sono in questo periodo la nostra quotidiana prima lettura.
Come gli Atti degli Apostoli sono una cronaca della prima comunità cristiana, con i primi approfondimenti sul kerigma, così il capitolo 10 di Giovanni è una riflessione post pasquale sulle ipsissima verba di Gesù di una comunità già in diaspora. La memoria delle parole di Gesù, ricordate, pregate, pensate dalla prima comunità cristiana ci viene consegnata con queste pagine e aspetta la nostra rilettura, la nostra preghiera, la nostra interpretazione. Un ovile, la sua porta di ingresso, le persone che varcano la soglia di quella porta. Gesù costruisce similitudini, perché la gente che ascolti pensi e traduca nella propria vita, deducendone sensi e significati altrimenti "difficili", inaccessibili. Nei dieci versetti che la liturgia ci offre oggi, Gesù si afferma prima come la porta e poi come il pastore. Nella primissima parte del discorso lascia intravedere la bontà del pastore che passa e viene riconosciuto dalle pecore, contro l'anonimato del mercenario, che con le pecore non ha nulla in comune. Ma prima di definirsi il pastore (quello bello!), di sé dice "Io sono la porta". In altre parole: io sono la soglia, la differenza che marca e allo stesso tempo permette la transizione, la mediazione per la quale passa una nuova relazione, una nuova possibilità di alleanza. Poi, sono anche il pastore, che guida, sollecita, protegge.
Quel "io sono" ci ricorda che queste similitudini che Gesù si attribuisce sono da collegare a quel "io sono" del roveto ardente di Mosè. Io sono colui che sono si rivela e si specifica meglio oggi come io sono la porta, io sono il pastore. Gesù è Dio, il Dio dei Padri, il Dio sempre presente, che è in ogni momento, ma che in Cristo stesso smette di non avere volto o di averne uno che lo sguardo umano non può sostenere. Porta e pastore bello dicono chi è e com'è il nostro Dio.

Signore, quando verrò e vedrò il volto di Dio? oggi è il giorno di questa contemplazione, senza più paura, senza più veli. Il tuo volto Signore io cerco e quando lo riconosco è un volto affettuoso, paziente, rassicurante ma anche ricco di fiducia per me, per noi. Fiducia che responsabilizza, fiducia che invia, che manda. Grazie!

La voce di un monaco
Dopo i tempi dell'attesa, nella pienezza dei tempi, avendo Dio educato il suo popolo a cercarlo non negli idoli falsi, non nelle immagini manufatte dall'uomo, non nei falsi antropologici da cui gli uomini sono sedotti, ecco l'esaudimento della ricerca del volto di Dio, un esaudimento non ancora pieno: il volto di Dio, infatti, è riconoscibile "in aenigmate" (1Cor 13,12), non in un vero faccia a faccia, perché Dio, del quale l'uomo poteva parlare solo in linguaggio umano, in termini umani, si manifesta in un uomo, Gesù. La parola di Dio si fa carne (cf. Gv 1,14), si umanizza; il Dio-con-noi (Is 7,14; Mt 1,23) si fa uno di noi; il Tutt'altro (cf. Is 6,3) si fa il tutto nostro. Dio ha un volto umano, quello di Gesù di Nazaret, il figlio di Maria; Dio abita in un corpo in tutto uguale a noi (cf. Eb 4,15). Diranno i discepoli coinvolti nella sua vicenda: Noi l'abbiamo visto, dunque un volto; i nostri orecchi lo hanno udito, dunque un volto che parla; le nostre mani lo hanno palpato, dunque un corpo d'uomo.
Enzo Bianchi

Sr Silvia Biglietti FMA - silviabiglietti@libero.it

 

Ricerca avanzata  (54935 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: