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TESTO Ecco, o figlia di Sion, il tuo re

don Walter Magni   Chiesa di Milano

Domenica delle Palme (20/03/2016)

Vangelo: Gv 11,55 - 12,11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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55Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. 56Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?». 57Intanto i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo.

1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. 4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: 5«Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». 6Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».

9Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, 11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù si reca a Betania in casa di amici. Il mattino seguente raggiunge l'ingresso di Gerusalemme. Lì viene riconosciuto dalla gente che Lo acclama come un re. Così Gesù, a cavallo di un asinello, entra osannato nella Città santa. In questi due episodi, così diversi e apparentemente distanti, va compresa e celebrata la Domenica delle Palme.

La misura dell'amore
Si inizia con una cena tra amici. Come se, per inoltrarsi nei giorni della Sua passione, Gesù sentisse un bisogno di famigliarità, di calore, di amicizia che comprende, oltre le parole. Volendo persino tacitare quel presentimento di morte che Si sentiva dentro. Marta se n'era accorta subito, appena Gesù era comparso sulla porta. Lo accoglie in fretta improvvisando una cena, ignara di prefigurare quell'ultima cena, che anche Gesù, a giorni, avrebbe predisposto per fare Pasqua coi Suoi. Attorno a Gesù stanno gli amici più fedeli e tra questi anche Lazzaro, che non dice una parola. L'amico che Gesù aveva riportato in vita, che tutti volevano vedere risuscitato.
Viene un momento nel quale anche Gesù ha bisogno di sentire fin dove Lo amiamo, mentre anche noi ci misuriamo con quell'amore che Lui per primo ci ha insegnato. Davanti ai giorni della Sua passione ci viene chiesta una prova d'amore. Quasi l'amore avesse bisogno di sapere su chi contare, fino a che punto ci si può fidare. Non è più un calcolo della mente. E' anzitutto il grido di un cuore che non ha più misura. Ecco perché, nello stupore dei più, si fa avanti Maria, sorella di Marta e di Lazzaro. Subito si guadagna l'attenzione di tutti non per qualche parola di scusa, per qualche timida considerazione. Le basta un gesto di tenerezza sui piedi del Maestro per arrivare dritta al Suo cuore: "Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo".

Un confronto schiacciante
Il confronto è schiacciante. Altro è un atto di tenerezza; altro è disquisire d'amore, teorizzandolo per interesse. Passi la distanza dei nemici dichiarati di Gesù, che forse Lo volevano già morto. La questione si fa triste quando a tradire Gesù, a non capire sono anzitutto i Suoi. Gli amici sui quali anche Gesù contava. Giuda davanti al gesto di Maria prende le distanze, pronunciando parole. Facendone teoria, un'ideologia pauperistica che potesse ridurre l'amore entro i confini calcolati di una domanda: "Perché quest'olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?". Dov'è finito il cuore di Giuda? La conclamata amicizia e ammirazione per il Suo Maestro?
Quanto è facile ancora oggi assistere al triste spettacolo di tante parole di Vangelo in libertà, quasi in caduta libera. Si parla tanto di perdono, anche troppo di misericordia, di amore per il prossimo, del rispetto e dei diritti altrui. Parole abusate spesso da chi del prossimo, dei poveri e degli altri non interessa proprio niente. Intanto il gioco delle parole funziona e magari qualcuno ci casca sempre. Dove sta la differenza tra un bieco calcolo e un gesto d'amore vero? Nel profumo che si sente. Nell'amore che si vede, quando si decide di amare davvero. Maria non fa proclami, non fa discorsi. Semplicemente ama, puntando al cuore di Gesù. C'è ancora differenza tra una religione fatta di riti, di norme e di parole che non raggiungono e che non sfiorano minimamente il mistero di Dio e la fede semplice e diretta di chi si abbandona, facendo vibrare di tenerezza anche il cuore di Dio.

L'eccedenza dell'amore
Maria insegna che per amare qualcosa va rotto se poi lo vuoi versare. Regalandolo, perdendolo senza alcun calcolo. Senza il gioco dei pesi e delle misure. Va dunque rotto il vaso che ancora trattiene il profumo. Così come va rotto tutto ciò che nella vita della gente ancora trattiene l'amore. L'assolutezza di una mentalità mercantile che sta inquinando i rapporti della gente. Vanno rotte certe abitudini, il moralismo etico e religioso che imbriglia l'amore senza sprigionarlo. Che frena l'entusiasmo, che ammazza il coraggio, lo slancio non certo ingenuo che ci fa porgere la mano per primo, chiedendo o regalando il perdono. Siamo poveri di quella tenerezza che ancora ci farebbe provare l'eccedenza dell'amore. Solo la tenerezza raggiunge l'altro nel cuore.
"Tenete fisso lo sguardo su Gesù", invita la lettera agli Ebrei, con un appello che vale per i giorni santi che ancora ci attendono. Imparando ad aprire gli occhi all'eccedenza dell'amore Suo, che "avendo amato i suoi li amo sino alla fine". Ci è chiesto il coraggio di uscire da certi spazi angusti e senza stupore. Di smetterla di calcolare il tempo attenendoci alle nostre misure. Ci sarò data la grazia di provare un'ebrezza. D'essere ancora una volta ammaliati dal Suo profumo. Come quella sera a Betania, mentre Maria lavava i Suoi piedi e "tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo".
Forse si potrebbe persino pensare che anche Gesù, raggiunto dal gesto d'amore così alto di Maria, abbia come trovato il coraggio, la mattina seguente, di andare incontro al Suo giorno, di abbracciare con coraggio la Sua Pasqua. Come avesse ritrovato il coraggio di alzarsi da quella tavola, avendo superare ogni tristezza, sentendosi solo forte dell'amore. L'amore, infatti, basta all'amore.

 

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