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TESTO Signore, nella tua luce vediamo la luce

don Walter Magni   Chiesa di Milano

IV domenica di Quaresima (anno C) (06/03/2016)

Vangelo: Gv 9,1-38b Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

24Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Il Vangelo non ci dice nulla dei tratti del volto di Gesù. Del colore dei suoi occhi, dei suoi capelli, dell'inflessione della voce, come avrebbe potuto fare un biografo minuzioso. Il Vangelo è piuttosto attento e preciso nel descrivere l'intensità dello sguardo di Gesù. Perché come c'è uno sguardo che ferisce e giudica, così c'è uno sguardo, come quello di Gesù, ad esempio, che consola e salva. E questo lo si percepisce subito ascoltando l'episodio del cieco nato (IV di Quaresima, 6 marzo 2016).

Oltre il peccato
C'è anzitutto un vistoso contrasto: al centro del racconto non sta Gesù, che compare all'inizio e alla fine dell'episodio, ma lo sguardo negativo dei discepoli, dei vicini, dei genitori e dei farisei nei confronti di quest'uomo, cieco dalla nascita. Tutti presi da una domanda: perché quest'uomo è cieco? Lasciandosi prendere da pregiudizi e da schemi di pensieri poco evangelici rispondono in modo unanime: perché è un peccatore! Cominciano i discepoli: "Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?"; poi i vicini che faticano a riconoscerlo. Anche i genitori per non compromettersi prendono le distanze dal figlio. Infine, i farisei emettono la sentenza: "Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?". La realtà di quest'uomo, cieco dalla nascita, si riduce ad una questione di peccato. L'ossessione di vedere peccato ovunque. È interessante notare che alcuni termini che definiscono delle figure ecclesiastiche hanno a che fare con la vista. Vescovo (gr. epìscopos) significa supervisore; mentre prete (presbyteros), la persona più anziana e saggia della comunità, allude al disturbo visivo della presbiopia. Senza generalizzare, è chiaro che anche in chi presiede la vita della Chiesa, ci possono essere dei rischi o dei limiti visivi. A loro, come a tutti i credenti, è chiesto di sintonizzarsi sui parametri visivi del Vangelo. Imparando a guardare come guarda Dio, senza sostituirlo. Accogliendo la gente com'è. Spesso col cuore carico di attesa, invocazione e speranza. In fondo il Vangelo ci insegna a fare memoria di coloro che non contano agli occhi degli uomini. Perché segnati da storie trascurabili e insignificanti forse al nostro sguardo, ma non agli occhi di Dio.

Nello sguardo di Gesù
Gesù piuttosto sbarazza il campo da ogni fraintendimento. Rispondendo ai Suoi, ribalta la questione: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio". Come dire: non banalizzate la situazione di quest'uomo! Anche la sua cecità con le sue complicazioni è una grande occasione di grazia. Dove Dio stesso si manifesta. Proprio questo però spiazza i nostri pensieri e i nostri parametri. Domandiamoci quanto interessava ai farisei della sinagoga accorgersi della grazia di Dio che si stava manifestando in quella situazione? Mentre nello sguardo di Gesù un uomo ricomincia a vedere con i suoi occhi, questi farisei diventano sempre più incapaci di vedere le opere del Signore. Sono così caparbiamente ciechi che Gesù ha per loro parole molto pesanti: "Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane" (Gv 9,41). E ancora: "Guai a voi, guide cieche" (Mt 23,16). O si entra nello sguardo misericordioso di Dio o il cancro del peccato continuerà a deformare il mondo e le persone che lo abitano. Teresa di Lisieux, in un poemetto scriveva: "Lo sguardo del mio Dio, il suo splendido sorriso. Ecco il mio Cielo! (Mon Ciel à moi)"; mentre von Balthasar nota che "la santità consiste nel tollerare lo sguardo di Dio". Perché c'è più vita nel grido di un uomo ferito che in tutti i libri. Se impariamo ad amare la vita più della sua logica, allora forse ne capiremo il senso (Dostoewskij). Accorgendoci, oltre le apparenze, che l'essenziale, spesso invisibile ai nostri occhi, è però evidente nello sguardo di Dio.

Rivelare all'altro la sua bellezza
Gesù ci sta insegnando l'arte del guardare gli uomini con gli occhi di Dio. Se, come scriveva J. Vanier: "Amare qualcuno è rivelargli la sua bellezza", allora la questione è permettere all'altro di tornare a vedere, permettendogli di ricominciare ad amare appunto. Gesù, dopo aver visto con gli occhi di Dio quest'uomo, semplicemente lo risana. Conferendogli di fatto una forza, una sicurezza, una schiettezza, un coraggio impensabile prima. Rileggendo le diverse situazioni nelle quali s'imbatte quest'uomo, ci è dato di assistere a una sorta di illuminazione progressiva. Carica di emozioni, di colpi di scena. Ad esempio lo si vede all'inizio, mentre si aiuta col suo bastone e con gli occhi ancora chiusi va verso la piscina di Siloe, alla quale Gesù l'aveva inviato. Poi gli occhi d'improvviso si aprono alla luce del sole, ma questo ancora non basta. Inizia un vero e proprio combattimento. Come attraversato da una luce interiore profonda difende la dignità della sua persona ("sono io"). La sua umanità precaria, la sua cecità precedente e quella guarigione inattesa. Soprattutto non ha paura a dichiarare d'essere stato raggiunto dallo sguardo sanante di un uomo. Che inizialmente era soltanto "un uomo che si chiama Gesù". Poi diventa "un profeta" e comunque Uno che viene "da Dio". Infine, eccolo inginocchiato ai Suoi piedi, come ci si inginocchia per adorare Dio: "gli disse Gesù: ‘Lo hai visto: è colui che parla con te'. Ed egli disse: ‘Credo, Signore!'. E si prostrò dinanzi a lui". Certo, dice Sant'Ambrogio: "Nessuno vede Gesù senza un po' di fatica" (In Lucam VIII,81), ma la bellezza di poterLo contemplare con i propri occhi è indicibile. Come anche afferma Giobbe al termine del suo cammino: "Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono" (Gb 42,5).

 

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