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TESTO Commento su Giovanni 8,31-59

don Michele Cerutti

III domenica di Quaresima (anno C) (28/02/2016)

Vangelo: Gv 8,31-59 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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31Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; 32conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». 33Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». 34Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. 35Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. 36Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. 37So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. 38Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». 39Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. 40Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. 41Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». 42Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. 43Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. 44Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. 45A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. 46Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? 47Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio».

48Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». 49Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. 50Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. 51In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». 52Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. 53Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». 54Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, 55e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. 56Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». 57Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». 58Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». 59Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

La domenica che la liturgia ci invita a vivere, in questo tempo quaresimale, è detta la domenica di Abramo. Da questo patriarca impariamo la sua fede incondizionata. Egli è chiamato a lasciare il paese d'origine e a fronte di questo suo lasciare la terra per raggiungere quella promessa da Dio e che Abramo non conosce riceve da Dio stesso sette benedizioni. La costruzione di altari nei luoghi che toccherà mostra il riconoscimento da parte di Abramo ad YHWH come Signore. Egli tiene così tanto al progetto di Dio che non vuole litigare con il fratello Lot sulla spartizione dei possedimenti una volta giunto nella Terra promessa.
Lot sceglie la pianura del Giordano più rigogliosa. YHWH premia Abramo riconoscendogli la discendenza. Egli si presenta uomo di preghiera di intercessione. Implora la protezione sugli abitanti di Sodoma città corrotta. Una preghiera insistente in cui Abramo si riconosce piccolo davanti a Dio, ma esorta questi a salvare la città anche se ci fossero 10 giusti.
Abramo viene messo alla prova. La prova più grande è la richiesta della vita di Isacco fino a fermare la mano perché Abramo non uccida Isacco. Il Signore lo ha provato nel fuoco. Una lunga vita provata fino all'ultimo. A 75 anni lascia Carran a 100 divenne Padre di Isacco e a 175 quando morì. Da questo patriarca impariamo la fede forte e robusta che va alimentata in continuazione con una risposta generosa.
Il rischio è di vivere la fede come i protagonisti che nel brano evangelico di oggi si rifanno ad Abramo. Si riempiono la bocca di Dio, ma come vivono la fede? In maniera superficiale. Si rifanno a Dio, ma sono chiusi alla novità dello Spirito. Occhi incapaci di vedere la novità di Gesù.
Quante volte la nostra fede è impregnata di giustizialismo e non di misericordia?
Quante volte ci accontentiamo di una fede fatta di precetti e non di risposta generosa?
In questo tempo di Quaresima prepararsi a una buona confessione fatta non perché bisogna farla, ma per scandagliare la propria vita alla luce della grazia di Dio. Una grazia che ci deve trasformare e portare a una fede più incisiva. Viviamo con una dimensione di carità.
Santa Teresa di Gesù Bambino ci aiuta nel riscoprire questo:
La vera carità consiste nel sopportare tutti i difetti del prossimo, nel non meravigliarci delle sue debolezze e nell'edificarsi dei minimi atti di virtù.
Ma soprattutto... la vera carità non deve starsene chiusa nel fondo del nostro cuore, perché "nessuno accende la lucerna per metterla sotto il moggio, ma per collocarla sul candelabro, affinché serva ad illuminare tutti coloro che sono nella casa". Questa lucerna mi sembra rappresentare la carità, la quale deve illuminare e rallegrare non solamente coloro che mi sono più cari, ma tutti coloro che si trovano nella casa.
Quando il Signore, nell'antica legge, comandava al suo popolo d'amare il prossimo suo come se stesso, non era sceso ancora su questa terra; e ben sapendo a che punto ciascuno ami se stesso, non poteva chiedere di più.
Ma quando egli lascia ai suoi apostoli un comandamento nuovo, il "Comandamento tutto suo", non esige più solamente che amiamo il prossimo nostro come noi stessi, ma come egli stesso lo ama, e come l'amerà fino alla consumazione dei secoli.

Un periodo in cui il vero digiuno è altro da quello formale, che giustamente bisogna fare perché proposto dalla saggezza della Chiesa. Occorre fare anche un salto ed è quello di ridurre il pettegolezzo e l'alimentarsi di spettacoli poco edificanti. Riuscire quindi a fare un salto nella fede per evitare di fare come gli interlocutori del Vangelo di oggi abitati da una fiducia in Dio che non si apre alla sua novità.

 

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