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TESTO Intercede la regina, adorna di bellezza

don Walter Magni   Chiesa di Milano

2a domenica dopo Epifania (anno C) (17/01/2016)

Vangelo: Gv 2,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

L'episodio delle nozze di Cana, proclamato dalla liturgia odierna (II domenica dopo l'Epifania, 17 gennaio 2016) non è un bel raccontino, carico di simpatia a causa del vino che viene a mancare e di Gesù che comincia a farSi conoscere e a incuriosire la gente. Stando al Vangelo di Giovanni, qui avviene, c'è un cominciamento, si cominciano a vedere i segni forti della presenza di Dio tra gli uomini: "questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui".

In una casa
Intanto Giovanni non parla di miracoli, ma di segni. Un miracolo può creare curiosità, ma anche scetticismo, soprattutto a noi, figli di un razionalismo esasperato. Poi tutto finisce lì, quando è stato appagato quel bisogno di sensazionalismo che ci portiamo dentro. Il Vangelo invece parla di segni, anzi, del "principio dei segni". Un termine che ci fa capire che l'avvenimento capitato a Cana rimanda ad altro. Cioè in-segna, segnala qualcosa che è sempre da scoprire e riscoprire ancora oggi.
Un primo aspetto - un primo in-segnamento - potrebbe essere questo: il fatto che l'inizio dei segni di Gesù sia stato fatto proprio in una casa di un paesino sperduto della Galilea. Questo ci meraviglia perché i grandi segni di Dio - pensiamo anche a quei segni che per noi sono i sacramenti -, nei quali Dio Si rende presente, noi li vedremmo collocati anzitutto in una chiesa. Mentre le religioni antiche li avrebbero evidenziati in un santuario, sopra un'alta montagna o dentro un tempio. Invece, per Gesù il Suo segno, l'inizio dei segni, lo compie in una casa come tante. Al punto che potremmo cominciare a lasciarci prendere dal sospetto che ancora oggi ci siano segni, cioè delle vere e proprie manifestazioni di Dio, dentro le case della nostra gente. Anche dentro le nostre case. E forse noi non ce ne siamo mai accorti. Del resto, chi si accorge del vino ultimo, quello buono? Solo i servi e Maria sapevano da dove proveniva. Mentre gli altri, sposi compresi, l'avevano bevuto, senza sapere nulla.

Durante una festa
Dunque, il segno della presenza reale di Dio si dà anzitutto nell'orizzonte gioioso di una festa di nozze di paese. Come a dire - ecco un secondo in-segnamento - che la presenza di Dio si realizza anzitutto dentro una festa. La festa propria di tutti coloro che amano. Non la festa requisita dal sacro. Ma quel tipo di festa durante la quale può capitare che qualcuno si lasci andare un po'. Sbilanciandosi sino a lasciarsi coinvolgere in una danza. Sciogliendo certe rigidezze per abbandonarsi alla gioia del canto. Senza calcoli e senza tutte quelle formalità che irrigidiscono il volto di Dio, stravolgendolo in un volto compassato e smorto. Come certe nostre celebrazioni, senza smalto e passione. Senza amore. Forse anche Dio non accetta più di rientrare in certe rigide caricature. Il nostro Dio non è chiuso in Se stesso. È piuttosto uno che Si sbilancia, soprattutto amando. Forse anche Dio sbuffa davanti a certi nostri formalismi. Magari fatica a anche manifestarSi, se il nostro cuore è distratto. Piuttosto ama raccontarSi, immaginandoSi come il grande regista delle nozze di Suo Figlio. Non si è forse raccontato così in certe parabole? ImmedesimandoSi persino nell'amore di un uomo e di una donna? Il fatto è che il rabbino Gesù decide di raccontarSi nel bel mezzo di una festa di nozze, come già Dio S'era raccontato nel Cantico dei Cantici. Ben oltre le nostre catechesi intellettualistiche e fredde. Dio ama l'ebbrezza del vino, la gioia del canto. L'abbandono e l'abbraccio dell'amore.

"Non hanno più vino"
E siamo al terzo in-segnamento. Al segno di un'abbondanza che supera ogni aspettativa. Dove non bastano più sei giare di pietra, che pure contenevano più di seicento litri d'acqua che diventano vino di ottima qualità. Perché non bastano più le tradizioni esteriori e tutte le nostre coreografie, se manca il vino nuovo dell'Evangelo. Se manca un sussulto, un entusiasmo sincero, una sana passione, proprio nelle nostre cose di chiesa. Per questo possiamo rileggere le parole che Maria si permette di dire che: "non hanno più vino". Segno di un'attenzione profonda, di un intuito, una chiaroveggenza di donna e di madre, che osa dire a Gesù: "Non hanno più vino". Oggi, guardando a certe pesantezze della nostra quotidianità, a certi affaticamenti che ancora gravano nelle nostre chiese, non potrebbe ripetere la stessa domanda di Maria? Nei nostri ambienti, nelle nostre chiese spesso l'apparato c'è tutto. C'è la forma delle cose che facciamo, delle celebrazioni, ma la sostanza sembra che si volatilizzi. Come mancasse l'anima profonda, il cuore stesso di certe cose. Quello spirito che rende caldo e luminoso anche le situazioni più semplici e apparentemente più povere. "Che fortuna potrebbe essere per noi l'eucaristia della domenica, se non fosse ridotta a giara di pietra vuota, ma fosse per me, per tutti noi la custodia del vino nuovo dell'evangelo, un vino che ci consente di rientrare nella vita non con la faccia degli annoiati, degli stanchi, dei delusi, ma con il volto di chi ha incontrato il Dio della vita, il Dio del banchetto, il Dio della festa!" (don Angelo Casati).

 

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