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TESTO Commento su Luca 4,14-22

don Walter Magni   Chiesa di Milano

Domenica dopo Ottava del Natale del Signore (03/01/2016)

Vangelo: Lc 4,14-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.

16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:

18Lo Spirito del Signore è sopra di me;

per questo mi ha consacrato con l’unzione

e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,

a proclamare ai prigionieri la liberazione

e ai ciechi la vista;

a rimettere in libertà gli oppressi,

19a proclamare l’anno di grazia del Signore.

20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».

Quasi al termine delle celebrazioni natalizie c'è il pericolo di ricordare le emozioni, le suggestioni di quei giorni e di quei momenti, dimenticando il segreto che il Natale si porta dentro. Perché il Natale di Gesù risponde a un grandioso disegno di sapienza, come ci ha detto la prima lettura, ed è l'avvio di un singolare programma di azione da parte di Dio in mezzo agli uomini, come ci ricorda il Vangelo di Luca di questa domenica (Domenica dopo l'Ottava del Natale, 3 gennaio 2016).

In principio la Sapienza
Il testo del Siracide ci parla della Sapienza come fosse una persona che, scaturita dal cuore di Dio dilaga poi in modo molto operativo nel mondo degli uomini: "Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo e come nube ho ricoperto la terra". Pensate cosa significa dire che all'inizio del nostro esistere e del nostro agitarci in questo mondo c'è una Sapienza. C'è un senso intelligente delle cose che precede la nostra intelligenza. Il nostro domandare e anche il nostro cercare di rispondere. Cioè in principio, come ci ha anche detto l'inizio del Vangelo di Giovanni la notte di Natale, "sta il Verbo". Sta un logos, una logica, un pensiero intelligente, una volontà precisa del cuore. Un' espressione verbale che dice una direzione, un senso preciso. Insomma: non sta il disordine, non c'è il caos. Non le cose fatte così come capitano, a casaccio. C'è un'idea che percorre le cose, che le attraversa da dentro. Una sapienza che illumina e innova le cose nelle loro fibre più segrete. Quanta forza ci dà questa affermazione della Scrittura. Soprattutto nei giorni in cui siamo presi da un senso di frustrazione, di non senso e di vuoto. Soprattutto quando abbiamo l'impressione che questo nostro mondo sia come una barca senza timoniere, un aereo senza pilota, lanciato verso un bersaglio carico di paura e di morte. La gioia, invece, di poter dire a noi stessi e a chi ci pone domande di senso: forse oggi il senso di quello che stai facendo ti sfugge, eppure un disegno c'è. Esiste una trama, una sapienza anche dentro le cose più difficili da sopportare. Resisti ti prego, non perderti d'animo.

"Fissa la tenda in Giacobbe"
Ma parla ancora la Sapienza e dice: "Allora il creatore dell'universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele". Ritorna ancora una volta alla memoria il Prologo di Giovanni, dove sta scritto appunto che "Il Verbo si fece carne e mise la sua tenda in mezzo a noi". Rileggere il Natale che abbiamo da poco celebrato come l'azione precisa di Dio che decide di avere una casa tra gli uomini, fissando la sua tenda tra noi. Non solo una sapienza che ci avvolge come una nube e che già guidava il popolo d'Israele nel deserto, verso la Terra promessa. Un Dio che decide di prendere casa, calcolando se è meglio andare ad abitare qui piuttosto che altrove. Che alla fine fissa la Sua tenda "in Giacobbe". Tra quei figli dell'uomo. Come un uomo che nasce, che vive e che muore. La relazione che Dio stabilisce con noi non si può descrivere solo con i tratti di una generica sapienza o di una qualunque filosofia. È piuttosto una vera e propria filantropia. Una precisa passione per l'uomo. Per quello che l'uomo è e così com'è. Diventando come uno dei tanti figli di Giacobbe. Con i suoi tratti caratteriali, segnato da una specifica appartenenza etnica e religiosa.
A fronte della teologia della salvezza, è urgente recuperare una teologia della grande passione di Dio per gli uomini. Fatta di vicinanza e segnata dall'amore. Con le sue ragioni, prima delle nostre. Perché siamo stati educati a pensare anzitutto che Gesù entra nel mondo in seconda battuta, come Salvatore che ripara il nostro male, l'Agnello di Dio che si fa carico dei peccati del mondo. Meno siamo stati aiutati a pensare che alla radice del disegno di salvezza ci sta una passione singolare di Dio per gli uomini. Il Suo desiderio di starci vicino, fissando per questo la Sua tenda tra noi.

Gli occhi "fissi su di lui"
Perché la questione di fondo è tutta qui: perché Dio s'è fatto uomo? Cur Deus hom (S. Anselmo d'Aosta), si sono domandati tanti pensatori cristiani. Intanto, per stare al Vangelo di Luca, Gesù nei confronti di Nazareth di Galilea prova una grande nostalgia, ci tornava volentieri: "Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere". È come se entrassimo anche noi oggi nella sinagoga, mentre, come scrive Luca "gli occhi di tutti erano fissi su di lui". Come sarebbe bello se i nostri occhi, gli occhi di noi che oggi qui siamo radunati, fossero anzitutto fissi su Gesù. Per vederLo nel volto, per sentire il fluire delle Sue parole. Per capire le Sue ragioni. Ascoltando il Suo modo di parlare schietto e diritto: che parte da Isaia per spiegare ai compaesani qual è la missione che Gli è stata affidata. Ma è bene anche ricordare rendercene che subito dopo che Lui ha enunciato il Suo programma qualcuno Gliela giura: "all'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città" (Lc 4,28-30). Il brano riportato dalla liturgia è stato impietosamente tagliato e non racconta di questo esito negativo. Ma noi Signore, invece, vogliamo restare caparbiamente davanti a Te, fissando ancora il nostro sguardo in Te. Sapendo che qui vengono chiamati in causa i nostri occhi. Gli occhi della mente e del cuore. Ricordando l'invito della Lettera agli Ebrei "Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti fissando lo sguardo su Gesù, che dà origine alla fede e la porta a compimento..." (12,1-2).

 

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