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TESTO Commento su Giovanni 21,19c-24

don Walter Magni   Chiesa di Milano

San Giovanni apostolo ed evangelista (27/12/2015)

Vangelo: Gv 21,19c-24 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

20Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». 21Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». 22Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». 23Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?».

24Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera.

Cari amici e care amiche,
cerco di capire la sequenza della liturgia di questi giorni. Siamo partiti celebrando il Natale del Signore, poi il martirio di Santo Stefano ed oggi ci troviamo davanti la figura accattivante dell' Evangelista Giovanni (27 dicembre 2015, III giorno dell'Ottava di Natale). Di certo un senso liturgico c'è nell'articolarsi di queste celebrazioni. Solo mi resta un'intuizione profonda, come un filo rosso che le attraversa: siamo in presenza di un unico grande messaggio d'amore e di tenerezza.

Sentirsi amati
Ci sono dei fatti alla radice dell'esperienza spirituale di questo Evangelista. Riandando alla prima pagina del suo Vangelo, subito dopo il Prologo, si coglie subito un grande senso di stupore e di meraviglia tra i primi discepoli del Signore. Giovanni era figlio di Zebedeo, fratello di Giacomo il Maggiore. Forse, aveva già tentato di star dietro a Giovanni Battista. Con suo fratello e suo padre faceva il pescatore e un giorno si sente chiamare da Gesù: "subito li chiamò. Ed essi, lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni, e andarono dietro di lui" (Mc 1,19-20). Cos'era avvenuto? Che di colpo s'era sentito preso da qualcosa di irresistibile. Che lo aveva sconvolto, l'aveva cambiato profondamente. Nessuno l'aveva mai affascinato così prima d'allora. Forse il cuore aveva già sognato di partire, di fare fortuna altrove. Lontano dalla barca di suo padre, lontano dal suo paese. Ma tutto si risolve quando l'amore ti sorprende, quando ti lasci sorprendere dall'amore. Proprio in quel momento, sentendo il timbro di quella voce, nel modularsi di quelle Sue parole, quel giovane pescatore s'era sentito amato. Come si definirà, quasi al termine del suo Vangelo: il "discepolo che Gesù amava". Perché la logica profonda di una qualsiasi chiamata sta tutta in una dinamica d'amore. Gesù per un verso riconosce in quel ragazzo un grande sete d'amore, un bisogno profondo d'essere amato e Giovanni, di tutta risposta, quell'amore l'accoglie, lo fa suo. Ne fa il senso primo e ultimo della sua vita. Semplicemente lasciandosi stupire, abbagliare da Lui.

Mettere la testa sul Suo cuore.
C'è una seconda immagine che Giovanni ci consegna, quasi senza alcun pudore. Senza lasciarsi prendere dal timore d'essere frainteso e senza nascondimenti. Quando si definisce come "colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: ‘Signore, chi è che ti tradisce?'". Il contesto è quello dell'ultima cena, nel momento della comunicazione estrema di Dio agli uomini. Ad un tratto la relazione tra i commensali subisce un arresto, una sospensione. Si sente aria di incomprensione e di tradimento. Qualcuno ha tradito Gesù e tutti si domandano chi mai poteva essere quello scellerato. Giovanni non sa fare domande. Piuttosto è confuso in quella situazione. A volte sembra proprio di vederli tanti giovani e ragazzi, smarriti davanti ai ragionamenti degli adulti. Come se, dopo averli confusi non sapessero più dove sbattere la testa. In un papiro egiziano di circa 4000 anni fa, un giovane egiziano aveva scritto, smarrito nell'amore: "Cerco un cuore su cui appoggiare la mia testa e non lo trovo, non ci sono più amici!". Non fu così per il giovane Giovanni. Come preso da un istinto sicuro non gli restava che un gesto coraggioso e carico di tenerezza: chinare il proprio capo sul petto di Gesù. Là dove sapeva che avrebbe trovato di certo il Suo cuore. L'avrebbe sentito battere ancora, nonostante quel concitato parlare di tradimento e di morte. Forse è stato un gesto istintivo, forse un gesto di consolazione e di affetto. Ma anche così Giovanni, il più giovane dei discepoli del Signore, ci ha tracciato una strada che ancora i santi continueranno a percorrere lungo la storia dei nostri ragionamenti e delle nostre teologie.

"Correvano insieme"
C'è un terzo episodio che ci aiuta a declinare l'esperienza d'amore del più giovani dei discepoli del Signore. Al mattino di Pasqua Maria di Magdala, pure lei affascinata dall'amore di Gesù, non aveva trovato il corpo del maestro nel sepolcro. Di corsa raggiunge il luogo dove si trovavano Pietro e Giovanni. Propriamente il Vangelo dice: "corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepoli, quello che Gesù amava" (Gv 20,2). Questi decidono di uscire e l'evangelista commenta: "Correvano tutti e due insieme" (20,4). Chi è innamorato non s'arresta mai. Semplicemente corre. "All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva" (Benedetto XVI, Deus Caritas Est, 25 dicembre 2005). Troppo spesso interpretiamo la nostra fede come qualcosa di intimistico, di raccolto e adagiato nella quiete e nella pace. Come al riparo da ogni tempesta. Ma non è questa l'esperienza di chi è stato toccato dall'amore. Chi ama non solo corre, ma vola. Non ha più pace per sé, ma la pace la trova solo nell'altro e corre fin quando l'altro non troverà un po' di pace. L'amore è questione di immaginazione: "Gesù Cristo non ha mai parlato di risultati. LUI ha parlato solo di amarci, di lavarci i piedi gli uni gli altri, di perdonarci sempre. I poveri ci attendono. I modi del servizio sono infiniti e lasciati all'immaginazione di ciascuno di noi. Non aspettiamo di essere istruiti nel campo del servizio. Inventiamo... e vivremo nuovi cieli e nuova terra ogni giorno della nostra vita" (Annalena Tonelli, 30 novembre 2001, deceduta in Somalia durante un attentato terroristico, il 5 ottobre 2003).

 

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