TESTO Commento su Luca 1,26b-28
don Walter Magni Chiesa di Milano
Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria (08/12/2015)
Vangelo: Lc 1,26-38
26Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
Oggi la liturgia smette il coloro viola dell'attesa e della penitenza dell'Avvento e si riveste dei colori luminosi della solennità dell'Immacolata Concezione di Maria. Dove il colore bianco della liturgia allude alla bellezza sfolgorante di Gesù risorto. Con questa solennità dell'Immacolata celebriamo l'inizio stesso della nostra fede, scaturito dal "si" pronunciato con fermezza da una donna.
Maria, donna dell'attesa
Com'è stato possibile tutto questo? Anche Maria, all'angelo che le diceva che sarebbe diventata la Madre del Figlio dell'Altissimo, pone la domanda: "com'è possibile questo?". Tutto questo è stato possibile perché Maria ha saputo umanamente attendere. Maria è stata anzitutto una donna capace di attesa. Se è vero che lo spesso di una persona si commisura dalla qualità delle sue attese, allora bisogna concludere che Maria è la più santa delle creature, perché tutta la sua esistenza è cadenzata dai ritmi gaudiosi di chi sa sempre aspetta. Come stando con pazienza infinita sull'orlo di quello stesso mistero che l'avrebbe avvolta e coinvolta. Già Luca nel brano evangelico odierno parla di lei come una donna promessa, fidanzata: "Promessa sposa di un uomo della casa di Davide". Attesa da un uomo, ma subito in attesa di un figlio. Per nove lunghissimi mesi. E poi l'attesa di tutta una serie di adempimenti legali: l'iscrizione all'albo del censimento dei romani e le prescrizioni per l'offerta a Dio del suo primogenito. E ancora: la ricerca affannosa di Lui che s'era perso a dodici anni nel Tempio; e quella continua attesa di Lui, ad ogni Suo ritorno nella casa di Nazaret, al tempo della Sua predicazione. Sino all'attesa della sua Ora. Presagita come sa presentire una madre. Aspettando persino l'ultimo Suo respiro, vedendoLo inchiodato su di una croce. Sino all'attesa del terzo giorno.
La bellezza di Maria
C'è una espressione di don Tonino Bello a riguardo di Maria che dice così: "attendere: infinito del verbo amare. Anzi, nel vocabolario di Maria, amare all'infinito...". Perché Maria è riuscita a sostenere tutta questa lunga attesa? Perché si è lasciata amare da Dio; perché si è sentita profondamente amata da Dio. Ha percepito sin dall'inizio della sua esistenza un amore profondo e unico da parte di Dio. Perché ha intuito sin dall'inizio della sua esistenza d'essere stata amata e cercata, attesa in modo unico da Dio. Qui sta tutto il segreto della sua santità, il segreto della sua bellezza e della sua verginità.
La bellezza di Maria non sta anzitutto in una purezza astratta, in una verginità statica, fissata dall'inizio della sua esistenza dallo sguardo geloso di Dio, che in lei aveva deciso di incarnare Suo Figlio. Troppo artefatta e rigida una teologia di questo genere. E' piuttosto questa sua attesa generata, sostenuta dall'amore, che nel primato dell'amore di Dio ritrova la sua radice, il suo inizio più vero, a spiegare la sua bellezza di donna e di Madre. Solo un amore così grande ha permesso a Maria di non scomporsi davanti all'annuncio dell'Angelo Gabriele. "Non temere Maria", dice infatti a Maria: perché la grazia è più grande del peccato, la misericordia di Dio è più potente del male.
Lasciarsi ritrovare dalla grazia
La vera tristezza non è quando, a sera, non sei atteso da nessuno al tuo rientro in casa, ma quando tu non attendi più nulla dalla vita. Quando ti prende il pensiero che per te la musica è finita e i giochi siano fatti. E più nessuno verrà a bussare alla tua porta. Senza più soprassalti di gioia per una buona notizia che arriva, né trasalimenti di stupore per l'improvvisata di un amico. In un mondo di disgrazia, in un mondo che sembra essere sempre più oscuro, noi, guardando a Maria osiamo sperare non perché ci impegniamo a sperare moralmente di più, ma perché permettiamo alla speranza di ritrovarci ancora. L'annuncio dell'angelo Gabriele a Maria non è stato un annuncio importa solo per lei, ma diventa buona notizia anche per ciascuno di noi. Quando l'angelo dice a Maria: tu sei "piena di grazia" lo dice per noi. Di fatto da soli non riusciremmo a liberarci dai nostri mali e in modo particolare dal male. Soprattutto quando la tristezza diventa l'anticamera della paura e "un imprevisto è la sola speranza" (Montale). "Non temere Maria", dice l'angelo a Maria: perché la grazia è più grande del peccato, la misericordia di Dio è più potente del male e sa trasformarlo in bene. Il "si" detto da Maria, il suo "fiat" è come l'inizio di un alfabeto che Maria ci sta suggerendo, ci sta insegnando a pronunciare. Così come l'ha insegnato anche al bambino Gesù. Introducendolo sulle strade dell'amore.