TESTO Commento su Luca 7,18-28
3a domenica Tempo di Avvento (anno C) (29/11/2015)
Vangelo: Lc 7,18-28
18Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. Chiamati quindi due di loro, Giovanni 19li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 20Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”». 21In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. 22Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. 23E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
24Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 25Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. 26Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 27Egli è colui del quale sta scritto:
Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero,
davanti a te egli preparerà la tua via.
28Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui».
Il nostro sguardo si volge ancora una volta al Battista. Domenica scorsa era colui che ci spronava a spianare la strada per l'incontro con Gesù che intende entrare nella nostra storia. Di fronte al suo invito ci dobbiamo porre degli interrogativi.
Quello forte è se abbiamo tracciato in noi un progetto di vita per questo tempo che è l'Avvento. Dovremmo un po' inquietarci perché rischiamo di far scivolare un'altra volta questo appuntamento importante che è il Natale.
Questa domenica rimaniamo particolarmente perplessi.
Il Battista, colui che invitava a spianare la strada per prepararci al Natale, oggi chiede ai discepoli del Signore una domanda che sa di dubbio. Egli chiede se è Lui quello che deve venire oppure un altro. Teniamo conto che il Battista è in prigione. Erode lo fa arrestare perché il precursore inizia a inquietarlo. Occorre immaginarsi cosa penserà il Battista tra sé nelle inteminabili giornata di prigionia: "Io lo ha annunciato e ora mi trovo in questa situazione".
Gesù non manca di mandare il suo appoggio e manda i discepoli a confermare che Lui è il Messia, coLui di cui Giovanni stesso ha annunziato l'arrivo.
Il Battista presentato a noi in maniera austera nelle Scritture diventa più vicino a noi. Egli ha i momenti di titubanza di cui i Santi si sono trovati anche loro immersi. La titubanza nella fede caratterizza tutti. Momenti in cui vacilliamo ci sono per tutti.
La grande Teresa d'Avila, nel pieno della sua attività di riforma del Carmelo, sperimentò questa realtà: «Allora», racconta nella Vita, l'autobiografia da lei intitolata "Delle misericordie di Dio", «mi dimenticavo le grazie ricevute delle quali mi rimaneva soltanto un ricordo come di un sogno lontano che accresceva la mia pena. L'intelligenza si offuscava ed io mi trovato avvolta in mille dubbi e ansietà. Mi pareva di non saper ben capire ciò che accadeva in me, dubitavo che non si trattasse d'altro che di immaginazioni mie. E allora pensavo: perché trarre in inganno anche gli altri? Non era forse sufficiente che fossi ingannata io sola? E intanto diventavo così pessima ai miei occhi da credere che tutti i mali e le eresie che desolavano il mondo fossero un effetto dei miei peccati».
La stessa cosa capitava all'altra grande carmelitana, Teresa del Bambino Gesù, che ne parla diffusamente nella sua Storia di un'anima: «Nei giorni felici del tempo pasquale», scrive, «Gesù mi fece sentire che esistono veramente delle anime che non hanno la fede, che per abuso delle grazie perdono questo dono prezioso, questa sorgente delle gioie pure e vere. Egli permise che la mia anima fosse invasa dalle tenebre più fitte, e che il pensiero del Cielo, così dolce per me, diventasse un argomento di lotta e di tormento... Questa prova non doveva durare solo qualche giorno o qualche settimana, bensì era destinata a durare fino al momento deciso da Dio e... questo momento non è ancora arrivato...
Vorrei poter esprimere ciò che sento ma, ahimè, penso che sia impossibile. Bisogna aver viaggiato in questa cupa galleria per capirne l'oscurità. [...] Quando voglio far riposare il mio cuore, affaticato dalle tenebre che lo circondano, il mio tormento diventa più grande per il ricordo del paese luminoso al quale aspiro; ho l'impressione che le tenebre, assumendo la voce dei peccatori, si prendano gioco i me dicendomi: "Tu sogni la luce, una patria avvolta nei più soavi profumi; tu sogni il possesso eterno del Creatore di tutte queste meraviglie; tu credi che un giorno ti libererai dalle nebbie che ti circondano! Avanti, avanti, rallegrati della morte, che ti darà non ciò che speri, ma una notte ancor più profonda, la notte del nulla"». Era il 5 aprile 1896, giorno di Pasqua: la prova sarebbe durata altri 18 mesi, fino alla morte della santa.
L'esperienza dei santi si può riassumere: "Affinché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne...ho pregato il Signore perché l'allontanasse da me. Ed Egli mi ha detto: Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si mostra pienamente nella debolezza" (2 Cor 12, 7ss).
Se l'esperienza riguarda tutti non dobbiamo disperare dobbiamo metterci sempre in cammino. Il Signore sa dove ci troviamo in quale situazione versiamo e manda a noi il sostegno. A noi il compito di sapere individuare questi segni della sua presenza e del suo amore. A noi il compito di affermare con Teresa d'Avila:
Nulla ti turbi - Niente ti rattristi, tutto passa - Dio non muta. Chi ha Dio non manca di nulla. Solo Dio basta. (S. Teresa d'Avila)