TESTO I barbagianni e un Dio-spremuto
don Marco Pozza Sulla strada di Emmaus
XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) - Cristo Re (22/11/2015)
Vangelo: Gv 18,33-37
33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Non era nato burocrate: era un ragazzo vivace d'indole e d'ingegno, discendente diretto di buonissimi maestri dell'epoca. Maestri d'epoca. Il suo punto forte era la filosofia, uno dei passatempi per gente nata nel crinale di un'epoca nella quale la vera saggezza stava per diventare follia, follia cristiana e ardita. Non era nato burocrate, Pilato, lo era divenuto nel tempo: sempre meno poesia a scapito di una sempre maggior prosa. Non la poesia di chi usa le parole per un puro gioco di suoni, bensì la poesia di chi con le parole crea. Crea dal nulla il tutto: Il Nulla e Qualcuno. Amministrare la città in un paese di fanatici e di superbi è un affaraccio da sudarci sette camice: lo si intuisce ben presto che senza compromessi non si governa, che senza interesse alcuno è faticosissimo sedere in uno scranno di potere, qualunque esso sia, anche quello religioso. I barbagianni conducono Gesù da lui, immagine del potere di Roma: quel Ramingo dice d'essere immagine di un potere che non è di questo mondo. Lo strattonano fin dentro le sue stanze perché lo giudichi, lo processi, lo dia in pasto alla folla.
Non è stupido Pilato. Quando L'incontra, in Lui intravede di tutto un po', eccetto che la Nullità: è fermo nel guardarlo, non si scompone più di tanto, è di bell'aspetto, mite e affabile, per nulla intimorito da quel regno di cartapesta del quale Pilato dice d'essere rappresentante ed esecutore di mandanti, organizzati e firmati altrove. Pur irridendolo, Gli tributa l'onore stesso della regalità: «Sei tu il Re dei Giudei?». C'è dell'ironia in quell'interrogazione pilatesca: che sia forse in prossimità di uno dei tanti miserabili e funamboli della storia? L'Altro non teme la chiarezza: «Il mio regno non è di questo mondo (...) Per questo io sono nato e sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla Verità». La verità: l'eterno cruccio per un buongustaio come il procuratore. Non la riconosce la Verità Pilato, anche se gli è davanti: non è più un concetto, è una presenza. Un'attrattiva: l'attrattiva Gesù. L'unica verità che Pilato sa cogliere, è che quell'Uomo tiene nel cuore un qualcosa di prospettico, d'indecifrabile, un qualcosa che pesta i calli alle gerarchie. Forse anche lo affascina quel Nazareno. Sì: è padrone di un Regno, e Gesù questo non lo nega. Fatica, però, a spiegare ad un generale la possibilità che esista anche un altro regno. Uno spazio di comando che non ha le sfumature di un progetto politico, che non è un sistema di potere, che non odora di strategie militari. E' un regno atipico: irresistibile per la sua innata debolezza, eterno perché capace di reggere il fluttuare del tempo, invisibile perché nascosto nell'intimo della storia. Un Re atipico per un regno atipico: un Dio-confinato nella ristrettezza di una carne, un Dio-spremuto sul legno di una croce, un Dio-esiliato negli anfratti della storia. Un Dio debole per gli dei potenti di quaggiù. Darà testimonianza alla Verità: mica s'accorge, quel gran genio di Pilato, che sarà quella la freccia micidiale sferrata da Lui e dall'intero suo popolo che Gli rimarrà fedele.
La testimonianza, per l'appunto: la folle capacità di morire per vincere, di lasciarsi ardere pur di pronunciare il Suo nome, d'accettare che il mondo vada per la sua strada e loro dall'altra. In direzione opposta, nella direzione del Cielo. Un Dio torchiato, come un'oliva d'autunno: spossato, vinto, irriso. Ancor di più: crocifisso. Sotto gli occhi stupiti di un procuratore imbarazzato dalla precisione d'intenti di un Re-non-più-re, di un potente forte della sua sola presenza, di un Dio fattosi uomo per riportare gli uomini a Dio: «L'intelligenza esamina i materiali ma solo lo spirito vede la nave. E se io ho fondato la nave, essi mi presteranno le loro intelligenze per rivestire, scolpire, consolidare, dimostrare il volto che avrò creato» (A. de Saint-Exupéry).
Quando s'affaccerà dal balcone per mostrarlo alla folla, Pilato non troverà di meglio che dire di Lui Ecce homo! Nessun'altra affermazione la supererà mai più in bellezza, densità e verità. Era Uomo tutto d'un pezzo, mica facile da riconoscere per omuncoli di legge come Pilato.
Anche per quelli era venuto.