TESTO Venite in disparte e riposatevi un poco
Ileana Mortari - rito romano Home Page
XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (19/07/2015)
Vangelo: Mc 6,30-34
30Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. 31Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. 32Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. 33Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
34Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Questo brano di Marco è particolarmente significativo perché presenta due aspetti complementari dell'essere cristiani: da un lato l'impegno a dedicarsi con tutte le proprie forze all'annuncio e al servizio, al punto che Gesù e i discepoli "non avevano neanche il tempo di mangiare" (v.31b); dall'altro la necessità di ricavare nella propria giornata momenti di silenzio, di lettura meditata della Bibbia, di adorazione, proprio per non rischiare di portare agli altri la nostra parola invece della Parola di Dio.
Non a caso Gesù invita subito gli apostoli, tornati dalla loro prima missione, a riposarsi in disparte, in un luogo deserto, cioè nel silenzio e nella solitudine, in sua compagnia, per, diciamo così, "ricaricarsi". Da Marco 3,14 sappiamo che Gesù scelse i 12 "perché stessero con lui e per mandarli a predicare." Così di tanto in tanto Gesù ricavava dei momenti in cui fermarsi solo con i discepoli, per introdurli ad una più approfondita conoscenza dei "misteri del regno" (cfr.Mac.4,10-11) e renderli capace di annunziare la Parola.
E' questo un grande insegnamento, che costituisce un aspetto basilare della vita cristiana e che lo stesso Gesù ha vissuto in prima persona, dandone un esempio trasparente: pur assediato dalla folla (come si vede anche nella pericope odierna), Gesù pregava ogni giorno, al mattino presto e alla sera (cfr. Mc.1,35 e 6,46), e in tutti i momenti più importanti e decisivi della sua missione. Il ritmo della sua giornata non trascurava il momento della solitudine, della preghiera, della comunicazione con il Padre.
Osserva Giuseppe Angelini: "Qualcuno ha scritto: Cammina per cercare gli altri, ma fermati per trovare te stesso. E' quanto ci viene ricordato dall'invito del Signore ai suoi discepoli. Anche con le migliori intenzioni e, persino, allo scopo di far del bene agli altri, si può smarrire se stessi. Ci si può "svuotare" al limite di non verificare più il senso e l'orientamento per cui si lavora. Se questo può succedere all'apostolo, al missionario, tanto più accade a chi si è come ingolfato nella vita attiva di tutti i giorni, la vita che porta con sé una serie di impegni e di problemi tutti all'esterno di noi. Non siamo più noi a guidare gli avvenimenti, ma siamo travolti come fuscelli nel gran movimento che ci circonda."
Dunque è indispensabile "stare soli con Gesù". Uno dei pilastri dell'educazione cristiana è proprio questa capacità di trovare del tempo, ogni giorno, per stare in silenzio, in preghiera, in ascolto del Signore.
Ricordo che, già all'età di 12-13 anni, a catechismo mi avevano insegnato a fare la meditazione quotidiana; e ricordo anche alcuni dei libri meditati allora: dal card. Suenens, "Vita quotidiana, vita cristiana" a Michel Quoist, "Cristo è vivo"; da Jacques Leclercq, "Meditazioni di vita cristiana" a Romano Guardini, "Il Signore". Poi, specialmente qualche anno dopo il Concilio Vaticano II°, sulla scia del rinnovamento biblico, mi venne sempre più spesso proposta la Parola di Dio, della quale mi innamorai al punto da decidere di studiarla anche scientificamente alla Facoltà Teologica di Milano. Sono stata insegnante di lettere al Liceo per 35 anni e dunque ne ho "maneggiate" di parole e testi letterari! sempre con grande interesse e passione. Ebbene, la mia esperienza è questa: non c'è testo poetico, anche il più sublime (Catullo, Virgilio, Leopardi, Montale, etc.) che regga il confronto con una pagina biblica: la ricchezza dell'insegnamento che se ne ricava è sempre nuova, anche se la si rileggesse mille volte.
L'invito al silenzio è poi ancora più necessario oggi, visto che siamo ovunque assediati dal rumore.
"Questa legge del silenzio diventa non solo una necessità psicologica, ma un'esigenza fondamentale dello spirito. Percorsi e attraversati come siamo dai flussi continui di parole, di suoni, di emozioni, bombardati dalle immagini più affascinanti e più spietate, lentamente non ci accorgiamo di non essere più padroni del nostro "io", della nostra intimità e del mistero che è in noi e attorno a noi. Non per nulla "mistero" e "mistica" derivano da una radice greca che significa "tacere".
Una delle più antiche testimonianze della mistica greca, il cosiddetto "papiro di Mitra", contiene questa frase fondamentale: Silenzio, silenzio, silenzio! Prendimi sotto le tue ali, o divino silenzio!. Il filosofo Pitagora insegnava ai suoi discepoli che il sapiente non rompe mai il silenzio se non per dire una cosa più importante del silenzio stesso." (G. Ravasi, p. 235 di "Secondo le Scritture Anno B")
Abbiamo visto che, per poter dare, è necessario prima ricevere quella ricchezza che è dispensata dal silenzio. Questo duplice ritmo trova la sua espressione più significativa nella celebrazione dell'Eucarestia, che in un primo momento consiste proprio in quel "venire in disparte" cui Gesù invita i discepoli, e successivamente, quando si esce dalla chiesa, è un andare in missione, per portare ai fratelli quella pienezza di vita che il Padre ci ha dispensato attraverso la comunione con Gesù.
Come ha scritto Chiara Lubich, grande maestra spirituale, "non dobbiamo misurare il tempo nella preghiera. Lì più ne perdiamo più ne guadagniamo."