TESTO Sangue
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Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno B) (07/06/2015)
Vangelo: Mc 14,12-16.22-26
12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. 14Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
22E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
26Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Offrire olocausti e di sacrificare giovenchi
È un testo complesso, questo dell'Esodo, che ingloba diverse tradizioni che nel tempo e nella storia d'Israele si sono sedimentate e intersecate. Ma non possiamo dimenticare che Dio parla all'uomo nella sua storia, nella sua cultura e continua a farlo sicché gli elementi culturali fanno parte di quel messaggio di salvezza che Dio comunica all'uomo.
Mosè affida l'offerta dei sacrifici di olocausto e di comunione a giovani israeliti, non solo agli appartenenti la tribù sacerdotale, perché l'intero popolo è chiamato a celebrare l'Alleanza, infatti tutto il popolo rispose a una sola voce alla Parola di Dio impegnandosi per il futuro.
Nell'olocausto, lo apprendiamo da scritti più tardivi (Lv 1-7), l'animale veniva macellato, la carcassa veniva scorticata, tagliata a pezzi e bruciata; tutto era consumato dal fuoco, la distruzione totale della vittima indica la solennità del sacrificio tutto dedicato a Dio, il fumo che sale in alto (in ebraico "holè") ne dà il senso.
Il sacrificio di comunione celebra la buona relazione tra Dio e l'uomo, l'animale sacrificato veniva diviso: le parti grasse, le interiora venivano bruciati, le altre parti erano consumate dai fedeli. È un banchetto in cui l'uomo e Dio condividono lo stesso pasto.
In ogni caso il sangue veniva raccolto e versato sull'altare o intorno ad esso.
La tradizione profetica e sapienziale hanno riletto i riti sacrificali come adesione del cuore a Dio: Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi (Sal 51,19). Pur non superando l'aspetto materiale degli animali uccisi e bruciati, così lontano dalla nostra sensibilità, il sacrificio viene reinterpretato come segno visibile di un significato interiore e profondo: il sacrificio del cuore.
«Voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti» (Os 6,6; cfr. Mt 9,13; 12,7).
Se il Signore gradiva il sacrificio di un agnello o di un vitello, con il tempo fa capire che desidera il cuore, l'essenza della persona: Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze (Dt 6,5).
In questo nostro tempo, con la crisi economica, siamo chiamati a fare dei sacrifici, così come prima ci si lamentava di aver perso il senso del sacrificio, ma intendiamo rinunce, privazione di qualcosa che ci piace. Per sacrificio, invece, dovremmo comprendere il fare qualcosa di sacro (sacrum-facere), qualcosa che ci fa piacere perché diventa dono al Padre... in alto i nostri cuori... Il sacrificio è un modo in cui cerchiamo Dio, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi (At 17,26-27).
Il sacrificio chiede la totalità della persona, sacrificare il proprio cuore, offrire la propria vita, la propria intelligenza e la propria volontà.
Mosè prese la metà del sangue
Il sangue per gli ebrei, ma anche per tutti gli orientali antichi, era considerato la sede della vita, da qui il comando: non mangerete la carne con la sua vita, cioè con il suo sangue (Gn 9,4). Si aveva il diritto di uccidere gli animali e di mangiarli a condizione di non consumare il loro sangue, perché la vita appartiene a Dio.
Poiché la vita della carne è nel sangue. Perciò vi ho concesso di porlo sull'altare in espiazione per le vostre vite; perché il sangue espia, in quanto è la vita (Lv 17,11).
Con il sangue Mosè suggella l'alleanza tra Dio e il suo popolo: è la stessa vita che lega Dio all'uomo che diventano consanguinei, si appartengono reciprocamente perché hanno messo in comune il sangue, hanno condiviso l'un l'altro la propria vita.
Per noi occidentali, figli della filosofia greca che tanto ha sublimato nel pensiero, spiritualizzando e esprimendo concetti, il linguaggio simbolico e un po' materiale come quello della Bibbia ci risulta ostico e non di immediata comprensione; eppure tutto nell'uomo passa attraverso la sua esperienza che è essenzialmente fisica e legata alla sua corporalità. L'uomo ha bisogno di vedere e di toccare, di essere visto e toccato. Il sangue sparso sull'altare di Dio è lo stesso che è percepito su se stessi, che impregna le loro vesti e la loro pelle. Davvero il sangue, per quello che rappresenta e per i tabù (Cfr. Gen 4,10) che lo caratterizzano, è diventato segno di comunione tra Dio e l'uomo e tra l'uomo e l'uomo. Il sangue che ci fa vivere è un legame comune tra appartenenti a una comunità e soprattutto un vincolo indissolubile con la vera fonte della vita, che è Dio (G. Betori 2012).
Papa Francesco insiste sul cammino dei cristiani delle diverse confessioni, non ancora attorno all'unico Pane e all'unico Calice, ma già attorno all'unico Sangue versato per Cristo. La preghiera dei martiri copti, nel momento di versare il sangue è la stessa che lungo i secoli è stata ed è ancora oggi l'invocazione quotidiana: "Gesù, aiutami".
Ecco il sangue dell'alleanza
Queste parole, che accompagnano il segno del l'aspersione del sangue, rimandano dalle pendici del Sinai a Gerusalemme, alla Cena pasquale che Gesù celebra con i suoi (Mc 14,24).
Come nel Sinai, il sangue sancisce il legame e la reciproca appartenenza tra Dio e Israele, così nel Cenacolo il sangue concretizza definitivamente l'unione tra Cristo e la Chiesa: così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri (Rm 12,5).
Ciò che era segno ora è divenuto realtà: non un banchetto simbolico ma la vera familiarità con Dio, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue (Eb 9,13) Cristo è mediatore di un'alleanza nuova (Eb 9,15).