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TESTO Commento su Matteo 28,16-20

Carla Sprinzeles   Radio Nichelino Comunità

Santissima Trinità (Anno B) (31/05/2015)

Vangelo: Mt 28,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 28,16-20

16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Amici, diciamo subito che la festa della Trinità non ha la presunzione di celebrare la realtà di Dio in sé, che noi non conosciamo.

Se noi sapessimo cos'è Dio, non sarebbe Dio, perché sarebbe all'altezza delle nostre immagini, dei nostri pensieri.

Occorre che ci facciamo un'immagine di Dio, per relazionarci in qualche modo con lui, ma la nostra immagine è una cosa creata, un riflesso della tua esperienza, non può essere Dio.
Cosa diciamo allora, dicendo che è Padre, Figlio e Spirito?

Vogliamo dire che l'azione di Dio nei nostri confronti, quell'azione che si manifesta nella storia, alimenta la nostra vita, alimenta il cammino dell'umanità, ci perviene attraverso il tempo, perché noi siamo creature.
Gesù è venuto a manifestarci chi è Dio.

Occorre quindi richiamare il passato nostro personale, il passato della storia umana e della storia della salvezza leggendo la sacra scrittura.

A noi è necessario richiamare il passato per conoscere i valori, le ricchezze emerse nella storia.

Alcune persone della nostra storia ci hanno aiutato a costruire la nostra persona.

Il presente è l'istante in cui viviamo il passato, in cui l'offerta di vita ci viene consegnata.

C'è poi un progetto futuro, come un mosaico, fatto di pietruzze colorate. In ogni istante ci viene consegnata una pietruzza della nostra identità di figli di Dio. Sovente siamo distratti e invece di inserirla nel mosaico ricade a terra senza significato. Per cui lasciamo degli spazi vuoti.

Ogni istante della giornata e della notte occorre cogliere il dono di vita, che ci viene offerto e non c'è nessuna situazione negativa, che ci possa togliere questo dono. Il male è dovuto all'incompiutezza della creazione, ma non è una forza che si contrappone all'energia creatrice, alla forza del bene.

Celebrare la Trinità è vivere il tempo nelle tre dimensioni, sapendo che il Padre è il presente, siamo suo investimento, suo capitale prezioso, il Figlio, la Parola è il passato, il modello da vivere oggi, lo Spirito è il progetto, il futuro, il mosaico, che costruiamo con lui nel presente.

DEUTERONOMIO 4, 32-34. 39-40

La prima lettura è tratta dal libro del Deuteronomio, ci presenta che la fede, ossia la nostra risposta all'amore di Dio, è fondata su una storia precedente, che dobbiamo rendere presente e ci interpella in prima persona, ci chiede un'adesione di vita.

Israele arriva a definire gli attributi di Dio sempre tramite la rilettura delle proprie vicende storiche. Dalla manifestazione di Dio al Sinai, alla liberazione dall'Egitto, il Deuteronomio arriva a dire: "Il Signore è il nostro Dio".

La solennità della Trinità è la celebrazione della presenza di Dio nella storia.

E' lo svelarsi di Dio "scegliendo una nazione in mezzo a un'altra, con prove, segni, prodigi e battaglie".
Dice: "Dio è lassù nei cieli e quaggiù sulla terra"

La loro concezione del mondo faceva pensare a un Dio che abita i cieli. Oggi sappiamo che Dio non ha un luogo da abitare, è una presenza da vivere, sentire, scoprire, penetrare sempre più senza mai esaurirla.

Il salmo 36 dice: "alla tua luce vediamo la luce".

MATTEO 28, 16-20

Il brano del vangelo è tratto da Matteo, che sottolinea l'intronizzazione definitiva di Gesù Cristo come sovrano dell'universo.

I discepoli salgono in Galilea "sul monte che Gesù aveva loro fissato".

In realtà Gesù non aveva indicato alcun monte: aveva chiesto ai suoi discepoli di andare in Galilea, ma senza indicare il luogo preciso dove incontrarlo.

L'evangelista vuol mettere in relazione l'accoglienza e la pratica delle beatitudini, date su un monte, con l'esperienza della resurrezione.

L'esperienza di vedere il Cristo resuscitato, non è pertanto un privilegio per poche persone, ma per i credenti che attuano le beatitudini, condividendo quello che si è e quello che si ha.

I discepoli hanno visto Gesù e riconoscono in Cristo la condizione divina, difatti si prostrano, eppure Matteo scrive che "dubitavano".
Di che cosa dubitano?

Non certamente della resurrezione del loro maestro, ma non sono sicuri di loro stessi, non sanno se saranno capaci a seguirlo sulla sua strada, rifiutato, disprezzato, messo a morte.

Ma Dio ha scelto ciò che è debole per confondere i forti e il Cristo affida proprio a questi uomini, che dubitavano, il mandato di manifestare la presenza di Dio a tutta l'umanità, assicurandoli che non saranno soli, ma che lui collaborerà sempre con loro: "ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del tempo".

Con Gesù, Dio non è più da cercare, ma da accogliere, per continuare, con lui e come lui, a comunicare amore e vita a tutta l'umanità.

Per l'evangelista Gesù è il compimento del disegno del Creatore dell'uomo.

Le ultime parole di Gesù: "mi è stata data piena autorità in cielo e in terra", sono sul modello del decreto con il quale Ciro, re di Persia, ha permesso ai Giudei di tornare in patria da Babilonia: "il Signore, Dio dei cieli, mi ha consegnato tutti i regni della terra..." (2 Cronache 36,23).

Con Ciro, i Giudei sono invitati a tornare dalla schiavitù di Babilonia alla libertà in Giudea.

Con Gesù i discepoli sono invitati a uscire dalla Giudea, terra di prigionia e di morte, per andare in tutto il mondo.

L'incarico di Ciro era quello di costruire un tempio al Signore.

Nella nuova realtà del regno, non vi sarà alcun tempio (Ap. 21,22), i discepoli sono il nuovo tempio dove si manifesta la presenza del Signore, Dio con noi (Mt 1,23), che sempre è con loro.

Le ultime parole di Gesù non chiudono il vangelo, ma lo aprono a tutto il mondo.

Non si parla di giudizio delle nazioni, invece i discepoli ricevono il compito di battezzare e predicare il vangelo, annunziare la salvezza offerta dal battesimo e dall'insegnamento di Gesù.
Ma chiediamoci cosa cambia tutto questo nella nostra vita?

Siamo fatti a immagine di Dio, che è relazione, e finché non entriamo in questa danza siamo abbandonati, isolati, vuoti, inesistenti.

Dio è amore, è comunione, è abbraccio e compassione per la nostra debolezza.

Dio non è di questo mondo e non interviene direttamente nella storia, ma si fa presente tramite coloro che si lasciano attraversare dal suo Spirito; ispira nuovi modi di trasmettere amore a ciascuno.

La Trinità è presente e suscita relazioni vere perché la famiglia umana, lasciandosi attraversare dall'Amore di Dio, sia sempre più in grado di creare comunione nel rispetto del singolo e della comunità.

E se guardessimo il nostro mondo nella luce della Trinità e accettassimo di meravigliarci?

Amici, se non viviamo in modo concreto queste verità, è perfettamente inutile conoscerle, quindi oggi, con le persone che ci circondano, con le nostre difficoltà e nella nostra reale situazione, vediamo come possiamo vivere questa festa, che è la festa delle relazioni, con la stessa vita di Dio.

Cristo ha introdotto l'umanità nella vita di Dio, ce ne rendiamo conto?
Un abbraccio a tutti e alla prossima settimana.

 

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