TESTO Ut unum sint
V domenica T. Pasqua (Anno B) (03/05/2015)
Vangelo: Gv 17,1b-11
1Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. 2Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. 3Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. 4Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. 5E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.
6Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. 7Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, 8perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.
9Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. 10Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. 11Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi».
Stefano si rivolge ai giudei e invita a guardare la storia della salvezza in maniera tale che al centro vi sia Cristo.
Una lettura della Parola di Dio priva di Gesù rischia di portare ad un'attesa del Messia, alla maniera ebraica.
Riporto un testo tratto dal Corriere di Ragusa che colpisce per aver colto nel segno in maniera sintetica, la lezione che dobbiamo trarre anche dal grande insegnamento di Stefano:
Perdere il nesso che lega l'Antico e il Nuovo Testamento equivale a non cogliere la lunga e paziente pedagogia che Dio non si stanca di portare avanti nel corso della storia. Attraverso uno sguardo complessivo fra Antico e Nuovo Testamento si possono cogliere i tratti fondamentali sulla personalità di un Dio vivente e presente, coinvolto e operante nella storia dell'uomo e del mondo; un Dio che instancabilmente e senza soste è alla ricerca dell'uomo e lo chiama all'ascolto della sua "Parola"; un Dio sempre disponibile a un dialogo aperto con l'uomo; un Dio che interviene e giudica il senso della storia; un Dio che non abbandona mai, ma che aiuta a far capire quanto questa nostra storia appartenga ad un progetto orientato ‘tutto' verso di Lui. Un Dio che alla fine dei tempi giudicherà tutti, ciascuno secondo il suo operato su questa terra. I due libri del Vecchio e del Nuovo Testamento visti sotto l'aspetto spirituale, benché scritti in tempi lunghi, in epoche e lingue diverse, attestano l'unità, l'evoluzione e la continuità teologica del messaggio religioso inviato da Dio all'uomo. Uniti in maniera stupefacente da un "filo conduttore unitario" rivelano, in una visione unica e incomparabile, il grandioso disegno di Dio che, servendosi della progressiva crescita della coscienza religiosa e del senso morale di un popolo, intende operare la salvezza e la redenzione del genere umano. Nelle parole e nelle opere di Dio dell'Antico Testamento, la ‘Chiesa Cattolica' vi ravvisa le prefigurazioni di ciò che Dio compirà nella persona incarnata del Figlio, Gesù. I cristiani, quindi, leggono l'Antico Testamento alla luce di Cristo, che è la chiave di lettura di tutta la Bibbia e la pienezza di tutta la Rivelazione; anche il Nuovo Testamento esige di essere letto alla luce dell'Antico, come se, in una sorta di "reciproca complementarietà", il Nuovo fosse nascosto e svelato nell'Antico, e viceversa.
Da Stefano impariamo la sincerità della verità. Non dobbiamo insabbiarla questa verità o sminuirla.
Stefano la espone sapendo anche che viene decretata la sua condanna.
Bando alle paure e alle preoccupazioni i martiri ci insegnano il coraggio della fede anche in mezzo a tante difficoltà.
Dalla testimonianza coraggiosa della fede abbiamo la risposta coraggiosa ad una vita di fede da parte della gente lontana.
La tiepidezza non è sicuramente attrattiva.
La seconda lettura tratta dalla lettera di San Paolo apostolo alla Comunità di Corinto è un invito a quei cristiani a non farsi affascinare dai grandi oratori, perché la sapienza di Dio va oltre la grande oratoria dei sapienti.
La Sapienza di Dio prende vie che noi uomini molto spesso conosciamo.
Se ripercorriamo alcune biografie di santi vediamo che molto spesso non erano grandi studiosi, ma uomini molto semplici.
Pietro e i primi apostoli erano pescatori, la Vergine Maria, nelle apparizioni riconosciute è apparsa a bambini di famiglie umili.
"Beato tu o Padre che ti sei rivelato ai piccoli, non ai sapienti e agli intelligenti" dice Gesù nella sua preghiera al Padre ed è proprio così.
Lo possiamo sperimentare nella nostra personale i nostri nonni o genitori ci hanno trasmesso una fede e questi non erano magari uomini e donne di grandissima cultura.
Gesù ha per loro una particolare attenzione.
Per quei discepoli che non avevano lauree particolari Gesù rivolge una preghiera particolare al Padre.
Siamo negli ultimi momenti di vita per Gesù nel brano del Vangelo che oggi abbiamo proclamato.
Egli si rivolge al Padre in un momento sicuramente drammatico per Lui e rivolge una preghiera perché i suoi vivano nell'unità.
E' la preghiera che Gesù rivolge per tutti noi suoi discepoli.
«Com'è bello sapere che il Signore, appena prima di morire, non si è preoccupato di se stesso, ma ha pensato a noi! E nel suo dialogo accorato col Padre, ha pregato proprio perché possiamo essere una cosa sola con Lui e tra di noi. Ecco: con queste parole, Gesù si è fatto fa nostro intercessore presso il Padre, perché possiamo entrare anche noi nella piena comunione d'amore con Lui; allo stesso tempo, le affida a noi come suo testamento spirituale, perché l'unità possa diventare sempre di più la nota distintiva delle nostre comunità cristiane e la risposta più bella a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi».
Lo ha affermato Papa Francesco nella prima catechesi in San Pietro dopo la pausa estiva dell'anno scorso.
Il Santo Padre ha aggiunto:
«La divisione- è uno dei peccati più gravi, perché la rende segno non dell'opera di Dio, ma dell'opera del diavolo, il quale è per definizione colui che separa, che rovina i rapporti, che insinua pregiudizi... La divisione in una comunità cristiana, sia in una scuola, sia in una parrocchia, sia in un'associazione è un peccato gravissimo, perché è opera del Diavolo. Dio, invece, vuole che cresciamo nella capacità di accoglierci, di perdonarci e di volerci bene, per assomigliare sempre di più a Lui che è comunione e amore. In questo sta la santità della Chiesa: nel riconoscersi ad immagine di Dio, ricolmata della sua misericordia e della sua grazia».