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TESTO La morte è staccarsi dalla sorgente

Marco Pedron   Marco Pedron

V Domenica di Pasqua (Anno B) (03/05/2015)

Vangelo: Gv 15,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

Lunedì - Io sono sempre con te, ogni giorno

In una famosa pagina del profeta Ezechiele, il profeta si chiede quali siano i pregi della vite: "Che pregi ha il legno della vite?". "Nessuno!". Il legno della vite è l'unico legno tra gli alberi della campagna con il quale non ci si può fare nulla. Non si può fare un oggetto né un utensile: il legno della vite è buono soltanto per far passare la linfa vitale ai tralci e produrre frutta.

Quindi il legno della vite è inservibile se non per portare frutto ed è a questa immagine del profeta Ezechiele che Gesù si riallaccia nell'immagine del vangelo di oggi con il vangelo della vite e dei tralci.

1 Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore.

Io sono=come domenica scorsa e come molte volte in Gv, Gesù afferma la pienezza divina. Quando Gesù dichiara "Io sono", questo significa la pienezza della condizione divina perché "Io sono" è il nome di Dio.

Io sono= quando Mosè nell'episodio del roveto ardente chiese a quell'entità che si manifestava il suo nome, l'Entità rispose: "Io sono colui che sono". Dio non diede un nome perché il nome limita una persona, ma gli rispose manifestandogli un'attività che lo rende riconoscibile.

La tradizione ebraica ha sempre interpretato questa risposta come l'attività di Dio che è sempre vicino al suo popolo.

Quest'espressione infatti indica sia un "io ero colui che ero", sia "io sono colui che sono", sia "io sarò colui che sarò". Dio, cioè, è colui che c'è sempre, in ogni momento della vita; è colui che non abbandona mai; è colui che è sempre presente.

Quindi quando Gesù dice "Io sono" sta dicendo: "Io sono Dio", cioè rivendica la condizione divina.

Allora possiamo capirli i Giudei (in Gv i Giudei sono sempre i capi religiosi e non il popolo): infatti, se uno che conosciamo vi dicesse: "Io sono Dio", voi chiamereste la psichiatria e lo interneremo da qualche parte almeno per qualche settimana!

La vite era l'immagine nella cultura di Israele del popolo di Israele: c'è il famoso Cantico d'amore di Dio per il suo popolo, per la sua vigna, in Isaia 5; c'è il profeta Geremia che parla di Israele come una vigna, ecc.

Io sono la vera vite=Gesù dichiara di essere la vera vite: quindi ci sono delle false viti.

Gesù continua un processo di sostituzione di se stesso con le precedenti realtà.

Gli ebrei elogiavano la manna dal cielo, il nutrimento di Dio, ma Gesù dice: "Io sono il pane vero e non la manna dal cielo; la manna ti sazia adesso ma poi ne hai ancora bisogno, il mio pane, invece, sazia per sempre".

Gli ebrei elogiavano la luce della Legge (per gli ebrei la luce veniva dalla Legge) ma Gesù dice: "Non la Legge (=l'A.T.) ma io sono la Luce del mondo".

Gli ebrei si sentivano il popolo del Signore e di questo ne erano fieri ma Gesù dice: "Non voi ma io sono il vero popolo (=vite) piantato dal Signore".

Il Padre è l'agricoltore=ci sono dei ruoli ben distinti. Gesù è la vite, cioè dove scorre la linfa vitale mentre il Padre, che è l'agricoltore, è interessato perché la vigna porti sempre più frutto.

Martedì - Ricevere e dare: così ce n'è sempre per tutti

2 Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.

Ogni tralcio che non porta frutto lo toglie=Gv sta parlando della comunità cristiana.

Cos'è questo frutto? L'amore viene comunicato al tralcio e poi chiede di trasformarsi in "frutto", cioè in amore per gli altri.

Questa trasformazione avviene nell'eucarestia: si accoglie Gesù, il Pane della Vita, lo si mangia, lo si riceve, si percepisce tutto il suo amore, per diventare poi pane, amore, per gli altri.

Il rischio è che nella comunità vi siano quelli che assorbano questo pane ma poi non si facciano pane per gli altri: è un elemento passivo, che pensa soltanto a sé e al proprio interesse e quindi non comunica vita.

Non è Gesù ma il Padre stesso lo toglie perché un tralcio che è inutile.

Questi sono i due movimenti essenziali della vita: ricevere e dare. Così avviene per il respiro, così avviene per il sangue, così avviene per il dono della vita (nascita), così deve avvenire come stile di vita.

Ricevo (passione, informazioni, amore, perdono, aiuto, sostegno, compassione) e do (passione, informazioni, amore, perdono, aiuto, sostegno, compassione). Allora il cerchio della vita continua sempre: tutti ne hanno sempre e nessuno rimane senza.

Gli atteggiamenti conseguenti sono: la gratitudine (per il ricevere), il dono gratuito (per il dare).

Mercoledì - Vivi e lascia a Dio il compito di migliorarti

Ogni tralcio che porta frutto lo pota=cioè ogni tralcio che riceve l'amore di Dio (Pane dell'eucarestia) e che poi lo comunica (cioè diventa pane per gli altri) lo purifica.

Potare=kathaireo non è potare ma purificare. La traduzione è chiaramente fuorviante perché purificare non è potare e sul quel potare noi abbiamo costruito un sacco di significati teologici.

Purificare e potare sono due cose completamente diverse. Infatti, potare è tagliare mentre purificare è togliere le imperfezioni. Se il tralcio è buono (infatti comunica linfa, vita) perché tagliarlo? Purificare, invece, vuol dire: "E' un ottimo tralcio; se ci sono delle impurità che diventano un ostacolo le togliamo".

Una volta si diceva: "La vita, anzi Dio stesso ti pota, cioè ti manda delle sofferenze, ti manda delle croci, ma non perché ti vuole male ma perché tu possa portare più frutto!". Ora di un Dio che ci fa soffrire, anche se per buoni motivi, non c'è molto da fidarsi! Dio era come quei padri che ti tirano i ceffoni e ti puniscono "menandoti" e ti dicono: "Ma guarda che è per il tuo bene!". Sarà!, ma non mi fido molto!

Cosa significa purificare? Il Padre che ha a cuore che il tralcio porti più frutto sa individuare quegli elementi nocivi, quelle impurità, quei difetti che ci sono nel tralcio e Lui provvede ad eliminarli. L'azione è del Padre: non è l'uomo che deve pensare a se stesso, cioè alla propria perfezione spirituale, che può essere tanta illusoria quanto è grande la propria ambizione. L'uomo deve concentrarsi sul dono totale di sé.

Allora: in ognuno di noi ci sono dei limiti, ci sono dei difetti, ci sono delle brutte tendenze, ma noi non ci dobbiamo preoccupare. Sarà il Padre che se vede che questi limiti, queste tendenze, sono dei limiti a portare più frutto, Lui stesso penserà ad eliminarli e non noi.

Quindi l'unica preoccupazione del tralcio è portare frutto, cioè comunicare vita. Tutti gli impedimenti ad un frutto abbondante sono questioni del Padre.

Due genitori meravigliosi, animatori dei ragazzi nella loro parrocchia, pieni di vita, generosità e calore, diventati genitori, sono entrati nel tunnel della perfezione. Loro che erano un modello per tutti si erano identificati nel dover essere perfetti e nell'aspettativa degli altri di dover essere sempre così. Solo che, non accorgendosi, erano diventati troppo formali, troppo attenti alle regole, troppo giudicanti ("così non va bene!; questo non è cristiano, ecc") e avevano perso la loro carica energetica e vitale. E quando diventi sterile ci pensa Dio a fartelo vedere. Infatti, il loro primo figlio ad un certo punto manifesta grossi problemi di disgrafia e di dislessia: "Come'era possibile che proprio loro avessero un figlio così!? Che vergogna: non erano più dei genitori modello! Proprio il loro figlio aveva dei problemi!". Così iniziarono a "sparire" dalla parrocchia, a non farsi più vedere: si vergognavano. Fu difficile per loro accettare che loro figlio fosse così, ma questo gli insegnò a mettere da parte il loro "falso" perfezionismo, ad uscire dal dover essere "modello" per gli altri e tornare a ridere, scherzare e ad essere pieni di vita e calore come un tempo.

Era stato un uomo perfetto: non aveva mai - e dico mai - saltato la messa domenicale nella sua vita. Era stato fedele al digiuno ogni venerdì e aveva sempre osservato tutte le regole cristiane. Per tutti era un modello di santità e di perfezione. Quando morì andò davanti a Dio: "Vediamo le tue mani, vediamo cos'hai fatto?", gli disse Dio. E lui, pieno di orgoglio gli mostrò delle mani linde, pure, perfette, mai contaminate con nulla. "Mi dispiace", gli disse Dio, "il Paradiso non è un posto per te". "Ma come, disse l'uomo, guarda le mie mani incontaminate!". "Infatti, disse Dio, non sono contaminate perché non hanno fatto nulla!". E non entrò in Paradiso.

Allora: invece di essere preoccupati di essere santi (bisogno inconscio di mostrare al proprio genitore quanto si è bravi: quindi orgoglio) pensa ad amare le persone e a donare la tua vitalità.

Amare è contaminarsi, è sporcarsi le mani, è entrare nella vita che non è affatto perfetta, è sbagliare, è impastarsi, è coinvolgersi. Il perfetto tutto questo non lo fa e per questo non conosce l'amore.

Tu pensa ad amare e a donarti: se c'è qualcosa che non va, ci pensa Dio a fartelo capire. Questo dà grande serenità e uno non deve sempre stare lì a dirsi: "Vado bene... non vado bene... è giusto... non è giusto...". Se c'è qualcosa che non va ci pensa Dio a fartelo vedere: tu ama.

Giovedì - Non sempre la santità produce amore

ma sempre il vero amore è santità

3 Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.

Voi siete gia' puri=katharoi (aggettivo del verbo kathaireo=purificare tradotto purtroppo con potare). Non si capisce perché qui l'aggettivo sia stato tradotto con "puri" mentre prima lo stesso verbo è stato tradotto con "potare". Traduzioni sbagliate danno immagini di Dio falsate!

Qui Gv fa un gioco di parole tra il verbo purificare e l'aggettivo puri.

Ma perché già puri? La parola di Gesù è un amore che si fa servizio (Gv 13: la lavanda dei piedi). Ciò che purifica l'uomo non è il fatto che Gesù gli lavi i piedi (purificazione religiosa: "Sono puro=sono in grazia, sono senza peccato, sono immacolato") ma la disponibilità poi di lavare i piedi agli altri (purificazione evangelica=amare, servire, donare, mettersi a servizio degli altri; Gv 13,14-15: "Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato l'esempio perché anche voi facciate come ho fatto io").

Quindi, è questo servizio (lavare i piedi agli altri) che ci fa puri. Quando andremo di là il Gran Capo non ci chiederà: "Vediamo un po', a quante messe hai partecipato? Quanti rosari hai detto? Quanti giorni di digiuno hai fatto? A quanti pellegrinaggi hai partecipato?". Ma ci dirà: "Quanto perdono hai dato? Quanto amore hai riversato? Quando gioia hai trasmesso? Quanto hai festeggiato i successi degli altri? Quanta libertà hai donato? Quanti sorrisi hai acceso? Quante parole di pace hai detto?". Questo ci chiederà!

Le preghiere, i rosari e tutti i pellegrinaggi ci servono ad amare di più e a non essere più perfetti o migliori degli altri. Sono strumenti per sviluppare l'amore non per essere migliori o superiori agli altri.

Secondo la concezione del tempo Dio era puro e per entrare in contatto con Dio bisognava essere puri. Ma la purità con Gesù non è più data dalla devozione religiosa ma dall'amore e dal donarsi agli altri.

Venerdì - Decido io da chi farmi condizionare

4 Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me.
Qui Gv sottolinea due cose.

1. Rimanete in me=scegli da chi vuoi dipendere. Gli altri "ci influenzano", ci piaccia o no (come anche noi influenziamo loro; d'altronde l'amore è un condizionamento!): questo non lo possiamo gestire o decidere noi. Ma possiamo sempre decidere da chi farci influenzare o detto in altre parole da chi farci nutrire!

Ecco l'importanza di "rimanere" in Lui, cioè di non staccarsi dalla fonte della linfa. Se ti distacchi dalla linfa muori, secchi, diventi sterile. E' ovvio!

C'è bisogno di frequentare persone dal cuore grande... perché se stai sempre con quelle che giudicano, parlano male e criticano tutti e tutto, diventi come loro.

C'è bisogno di concedersi momenti di ricarica fisica e psicologica, di gioia e di divertimento... perché se solo dai, se solo fai, se ti agiti sempre, poi ti esaurisci, diventi triste e nervoso.

C'è bisogno di momenti di nutrimento spirituale, di alimentare la tua anima... perché se non te ne prendi cura, come tutte le cose viventi, lei muore.

C'è bisogno di frequentare luoghi e gruppi che "ti danno" energia, vita, ricarica, luce, gioia... perché se stai sempre con i lupi imparerai ad ululare.

2. Portare frutto=ciò che ricevi dev'essere comunicato. L'amore, la gioia, la luce, il perdono che Dio ti dà, dev'essere poi riversato sugli altri. Da questo sapremo se l'hai anche ricevuto. Infatti, chi lo riceve lo dà. Ma chi non ne ha fatto esperienza, al di là di ciò che dice, non lo dà perché non lo conosce.

5 Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.

Chi rimane in me porta molto frutto=il portare frutto non è un miracolo ma una conseguenza ovvia. Se sei collegato con la radio senti al musica; e sei collegato con Sky vedi le partite di calcio o i film; se sei collegato con Dio ricevi vita perché Lui è Vita ("Io sono la resurrezione e la vita" Gv 11,25).

Sabato - Non staccarti mai da ciò che è vitale

6 Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.

Secca=inaridisce (letteralmente). Gv, che prende quest'espressione dal profeta Ezechiele quando vede la situazione del popolo come una vallata di ossa secche e inaridite (Ez 37), indica il popolo senza spirito.

Chi non rimane in Gesù si inaridisce perché si esaurisce e, non ricevendo, non dà nulla.

Quindi per Gv il non rimanere in Gesù, è l'aridità, l'essere senza spirito, senza vita: e quando tu sei senza vitalità, senza calore, senza energia, che cosa doni? Doni cose, doni parole vuote, doni frasi fatte, doni convenevoli, doni formalità, doni esteriorità, perché non sai donare lo spirito, la vita, ciò che tu non hai.

Un ragazzo di 30 anni, suicida, scrive: "Questa vita fa schifo. Avere tutto, e non avere nulla".

Un altro ragazzo quindicenne ha scritto: Volevo latte e ho ricevuto un biberon. Volevo dei genitori e ho ricevuto un giocattolo. Volevo parlare e ho ricevuto un cellulare. Volevo imparare e ho ricevuto pagelle. Volevo pensare e ho ricevuto sapere. Volevo una visione generale e ho ricevuto un'ideuzza. Volevo essere libero e ho ricevuto la disciplina. Volevo amore e ho ricevuto la morale, cosa è giusto e cosa è sbagliato. Volevo una professione e ho ricevuto un posto di lavoro. Volevo felicità e ho ricevuto denaro. Volevo libertà e ho ricevuto un motorino. Volevo un senso alla mia vita e ho ricevuto una carriera. Volevo prendere il volo ma mi è stato detto di accontentarmi. Volevo una fede e ho ricevuto delle preghiere.

A che ti serve tutto quello che hai, tutto quello che dai ai tuoi figli, tutto quello per cui lotti, se poi perdi il tuo cuore, la felicità, il senso della vita?

Domenica - Chiedi quel che vuoi e ti sarà dato

7 Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto.

Chiedete quel che volete e vi sarà dato=Gesù certo ci dà tutto ciò che desideriamo. Ma non dimentichiamoci delle condizioni perché questo accada. Quali?

1. Rimanere in lui=cioè che abbiamo sempre bisogno di rifornirci del suo amore, della sua compassione, del suo perdono, della sua vita. Non possiamo mai dire: "Beh, adesso non ne ho più bisogno! Beh, adesso sono a posto!". Fai così del cibo? Fai così dell'aria? Fai così col cuore? Abbiamo quindi sempre bisogno di ricevere.

2. E le mie parole rimangono in voi=quali parole? Quelle che ha appena detto, che l'amore ricevuto deve diventare amore riversato. Lo ricevi e lo doni. Abbiamo quindi sempre bisogno di donare, di darci agli altri, di servirli con la nostra vitalità.

Solo con queste due condizioni possiamo chiedere quel che vogliamo e Lui ce la darà. E ce la darà perché siamo in sintonia con Lui.

8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

Glorificato=c'era l'idea fino a quel tempo che Dio dovesse essere magnificato con opere straordinarie, meravigliose (costruzione del tempio; solenni liturgie; cospicue offerte; sacrifici e digiuni grandi) ma adesso basta.

L'unica maniera per manifestare la gloria di Dio è far vivere il suo amore in noi. Come Lui ci ha amati, così nella nostra vita amare gli altri. Questa è la gloria che Dio vuole da noi.

Discepoli=si è discepoli di Gesù, allora, non perché si è preti o suore, ma perché in noi vive il suo amore e si riversa su questo mondo. L'essere discepoli di Gesù non è più un ruolo, una posizione sociale, ma un modo di vivere.

Pensiero della settimana

L'arte dell'educazione

L'arte dell'educazione è continuare a crescere, mentre vivi.
Ogni momento apporta la sua lezione.
Ogni persona è un maestro.
Cresci in tutte le direzioni, in tutti i sensi.

Sviluppa l'anelito alla bontà, l'entusiasmo per la conoscenza,

la capacità di amicizie, la sensibilità di fronte alla bellezza,
l'interesse per il prossimo.
Cresci! L'uomo mai si esaurisce.

Mai l'uomo arriva alla fine. L'educazione giammai si arresta.
Rudolf Steiner

 

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