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TESTO Commento su At 16,22-34 e Gv 14,1-11a

don Michele Cerutti

III domenica T. Pasqua (Anno B) (19/04/2015)

Vangelo: At 16,22-34|Gv 14,1-11a Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,1-11a

1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».

5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

Paolo e Sila a Filippi conoscono il tempo della prigionia e della persecuzione. Il Signore, tuttavia, non si dimentica di loro e cerca di aiutarli nella loro missione. Un terremoto libera i compagni prigionieri, ma Paolo e Sila preferiscono rimanere lì dove sono. Essi sanno che occorre convertire i carcerieri. Questi si fanno contagiare da questi due discepoli di Gesù.

Rileggere questa esperienza, vissuta da Paolo e narrata negli Atti, mi fa pensare a come i cristiani sono chiamati a essere testimoni laddove si trovano anche in mezzo a tante difficoltà.

Molto spesso come cristiani sogniamo situazioni di tranquillità e vorremmo vivere la nostra fede in luoghi in cui tutti ci apprezzano. Paolo e Sila potevano scappare hanno preferito rimanere lì in quel carcere e sono riusciti a convertire persino i carcerieri. Il luogo e le situazioni non sono scelti da noi, ma dal Signore.

Il cardinale Van Thuan raccontava, durante gli esercizi spirituali, nell'anno santo del 2000 a Giovanni Paolo II la sua esperienza nel carcere del Vietnam comunista. In quei 15 anni e passa di carcere vissuti nel carcere il cardinale ha convertito carcerieri e carcerati. Egli ha potuto esclamare: quella era la mia cattedrale. Van Thuan è stato lui stesso un vero terremoto in quel carcere.

Anche lui ha potuto rileggere come Paolo nella Lettera ai Colossesi la sua gioia nella persecuzione a nome di Cristo.

D'altra parte il Vangelo lo riafferma con forza. "Non abbiate paura. Vado a prepararvi un posto". Il Signore è consapevole che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura. A noi il compito di vivere la fede in maniera profonda.

Gli apostoli non comprendono e gli dicono: "Non conosciamo dove vai come possiamo conoscere la via?". Gesù risponde: "Siete stati con me e non mi conoscete ancora?". Capita anche a noi cristiani. Veniamo a Messa e poco sappiamo su chi sia Gesù: facciamo delle belle esperienze di fede, ma poi lo conosciamo veramente?

La salvezza passa anche per sentieri impensabili, ma sicuramente è Cristo la via certa che ci conduce al Padre. Quando si perde la strada da Lui tracciata si rischia di sbandare. Ci si può legare a devozioni belle ed importanti, ma se non hanno fondamento in Cristo non conducono da nessuna parte.

La devozione mariana, la devozione ai Santi trovano in Cristo il loro fondamento. Quando viene meno questo fondamento le devozioni assumono la forma di superstizioni. Ogni volta che Gesù non entra nella nostra vita e lo lasciamo fuori della porta per farlo entrare quando ci fa comodo c'è il rischio forte della superstizione. Allora prendono piede nuove forme di spiritualità.

L'uomo ha bisogno di credere è sempre abitato dal trascendente e ha sete di assoluto. Lo dimostra il fatto che non è per niente vero che l'uomo di oggi non crede più perché aumenta l'adesione al New Age e a tutte quelle forme di ricerca del trascendente che portano a una ricerca di benessere. Una ricerca in cui la tecnica è al centro non è al servizio dello scopo che si è fissati.

Non c'è un incontro, un'esperienza di incontro con Dio come è nel cristianesimo che nasce proprio nell'incontro con Gesù. Quanto c'è bisogno di riscoprire nella nostra fede la necessità di fare esperienza di Gesù. E' lui che bussa alle nostre porte, non siamo noi a cercare. A noi è dato il compito di farci trovare.

 

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