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TESTO Solamente uomini felici vedono il Signore

Marco Pedron   Marco Pedron

Veglia Pasquale nella Notte Santa (Anno B) (04/04/2015)

Vangelo: Mc 16,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 16,1-8

1Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. 2Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. 3Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?». 4Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. 5Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. 6Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. 7Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”». 8Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite.

Lunedì - Quando vivi il vecchio non puoi cogliere il nuovo

1 Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.

IL PRIMO GIORNO DELLA SETTIMANA=lett. "il primo dopo il sabato". Perché Maria di Magdala non si è recata al sepolcro subito, il giorno dopo la sepoltura, ma ha atteso il giorno dopo il sabato?

Perché è ancora condizionata dall'osservanza della Legge del riposo del sabato. L'osservanza della Legge le ha impedito di sperimentare subito la potenza della Vita che c'era in Gesù. Gv fa osservare ai suoi lettori che l'osservanza della Legge ritarda l'esperienza della nuova creazione che viene inaugurata da Gesù.

Il primo giorno richiama il principio della Genesi, il primo giorno della Creazione: con Gesù inizia, cioè, un mondo nuovo, la vita creata da Dio, vita che non conosce la morte né la paura. Solo che la comunità rappresentata da Maria di Magdala è ancora condizionata dall'osservanza della Legge. E se Maria di Magdala non fosse stata condizionata da questa paura della Legge e si fosse recata al sepolcro un giorno prima, anche noi avremo celebrato la Pasqua un giorno prima.

ANCORA BUIO=le tenebre (skotia). Sono l'immagine delle tenebre, della comunità che non ha ancora compreso Gesù e il suo messaggio, Lui, la Luce del mondo.

PIETRA TOLTA DAL SEPOLCRO=la prima reazione di Maria di Magdala è correre da Simon Pietro e dall'altro discepolo.

Gesù aveva detto: "Viene l'ora in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo" (Gv 16,31). Cos'era successo? Era successo che gli apostoli si erano dispersi: ciascuno era andato per conto proprio, delusi e disperati.

Cosa fa, quindi, adesso Maria di Magdala? Fa il ruolo del pastore che raduna le pecore disperse.

2 Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!»

HANNO PORTATO VIA IL CORPO DEL SIGNORE=Sarebbe stato logico che dicesse: "Hanno portato via il corpo (visto che era morto!) del Signore". Invece, Maria di Magdala non parla di un corpo ma del Signore. Quindi c'è già l'allusione che è vivo.

Martedì - Chi "vive" non è in cimitero

3 Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro.

Gli apostoli vanno in cerca del Signore nell'unico posto dove Lui non c'è: nel sepolcro. Il Signore è la Vita, c'è dappertutto e in ogni posto dove c'è la vita; non c'è solo dove c'è la morte. Lc 24,5-6 lo dice chiaramente: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è resuscitato".

Maria ritarda l'incontro con il Signore per le sue regole (l'osservanza del sabato). La mera osservanza delle regole ti conduce a vivere una vita non tua: "E' giusto (ma giusto per chi?)? Ho fatto bene? Sono bravo? Sono in regola? Sono un buon cristiano?". Così si sviluppa una falsa personalità che non diviene ciò che è ma ciò che le regole, la società, l'ambiente, richiede.

Gli apostoli, invece, ritardano l'incontro con il Signore perché non ne hanno fatto ancora esperienza. Ci sono stati insieme tre anni ma non l'hanno ancora sperimentato come Vita.

Dio è esperienza, incontro, apparizione, è quella situazione dove "ti appare chiaro", evidente, che Lui è vivo perché ti ha reso vivo. Non è un libro da leggere ma un incontro da vivere.

SEPOLCRO=mnemeion, sepolcro, viene da mimnesko che vuol dire ricordare.

Cosa fanno gli apostoli? Gli apostoli "ricordano" quando Gesù era con loro, quello che avevano fatto insieme, "ti ricordi quella volta che... e quell'altra... sì che bello!... che forte che era...".

Il ricordo cerca di prolungare in vita chi è morto: per questo è un continuo tornare al sepolcro. Ma se si piange la persona come morta, non la si può sperimentare come viva nella propria esistenza.

Quel Gesù lì, il Gesù storico, infatti, è morto, finito, concluso: basta col tentare di riportarlo in vita, è morto! Gesù adesso chiede di essere sperimentato in un altro modo. Lui è vivo, ma non come prima. Lui è vivo nel nostro cuore, è il fuoco che ci brucia dentro, è l'ardore che ci sospinge, è la forza che ci anima, è il sangue che ci pulsa.

Una donna fa un sogno: sogna che quattro pietre, una per angolo, tengono un lenzuolo. Il lenzuolo volteggia perché c'è vento, ma non riesce a prendere il volo; cade una prima pietra, una seconda, una terza... ma c'è la quarta pietra che tiene il lenzuolo. Ad un certo punto le appare sua madre, il lenzuolo diventa il volto della madre morta vent'anni prima e le dice: "Lasciami andare!". Lei butta via la quarta pietra, il lenzuolo sorride e la madre se ne vola via. Da quel giorno, quella donna, sente sua madre viva dentro di sé.

Alcune persone continuano ad andare al cimitero, al sepolcro, per un culto della morte per quasi "riportare in vita" chi è morto, perché non riescono a slegarsi, a lasciarlo andare. Se sapessero che solo lasciandolo andare lo possono sentire vivo dentro di sé...!

Una donna dice: "Mio marito (morto dopo un anno di matrimonio!) è sempre con me". "E dov'è?". "Qui" (e mette la mano sul cuore). "Nessuno me lo può portare via da qui. Io non vado al cimitero: lì ci sono i rimasugli del suo corpo ma il suo spirito è vivo qui con me, sempre, ogni giorno".

Mercoledì - La mente capisce ma non può credere

E' solo il cuore che crede

4 Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.

Qui c'è una gara: corrono tutti e due ma il discepolo amato corre più veloce di Pietro.

PIETRO=Pietro (Simone=accettazione; Simon Pietro=dubbio) indica un'opposizione, un non comprendere Gesù. Pietro non ha voluto farsi lavare i piedi dal Signore (Gv 13,8), non ha voluto cioè accettare che l'amore è servire e non dominare.

L'ALTRO DISCEPOLO=non entra e lascia che sia Pietro il primo ad entrare. Perché? Perché per Pietro era finito tutto; la vicenda "Gesù" si era conclusa, per questo ha maggiormente, di più, bisogno di fare l'esperienza della Vita.

5 Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6 Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7 e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8 Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.

L'evangelista qui gioca con il verbo vedere per indicare che c'è un vedere e un vedere! La traduzione non trasmette questa differenza, che, invece, è fondamentale.

Gv 20,5: arriva il discepolo amato e vede. Il verbo blepo indica il vedere materiale ("Oggi vedo che c'è il sole"). E' un'osservazione, una constatazione, niente di più.

Gv 20,6: arriva anche Pietro e vede. Il verbo però è un altro, theoreo. E perché mai Gv ha bisogno di usare due verbi diversi? Perché è un vedere diverso! Theoreo (da cui la nostra teoria, teorizzare) indica il vedere di chi si fa domande ("Cosa sarebbe la vita senza il sole? Ma il sole da dove nasce?"). E' il vedere di chi si pone domande: non sa, non capisce, chiede e ricerca.

Il vedere di Pietro si ferma qui, non procede. E' il vedere della mente: cerca di capire, ci prova, ma non "vede" realmente perché tutto rimane un'idea, una possibilità, un "forse potrebbe essere così".

Gv 20,8: dell'altro discepolo si dice che "vide e credette" (di Pietro non si era detto che "credette"). Ma quel "vide" non è più blepo, né theoreo, ma orao che è il vedere che entra dentro alle cose ("Lo vedo sai: hai il sole, la felicità dentro di te"). E' il vedere del cuore, dell'anima. E' solamente con questo vedere che si può "vedere" il Signore.

Giovedì - La mente capisce ma è l'amore che vede

E perché questo?

Pietro (Cefa), già il nome dice tutto visto che Pietro significa pietra, duro, razionale, mentale!, Pietro nel vangelo rappresenta la mente, la razionalità, la durezza, la testa, il controllo.

Il discepolo amato, invece, rappresenta il cuore, l'amore, la disponibilità, il farsi amare.

Allora Pietro è la mente e il discepolo amato il cuore, l'amore. Allora capiamo di cosa si parla qui!: non si parla di un evento storico ma del modo, dell'unico modo in cui è possibile "vedere il Signore". Chi è che arriva prima? Ovvio: il cuore arriva sempre prima, arriva là dove la mente non può arrivare.

Del discepolo amato si dice che "si inchina", di Pietro no. Il discepolo amato è disponibile a plasmarsi, a cambiare, a seguire Gesù, Pietro, invece, non s'inchina, rimane fisso nelle sue idee e nelle sue posizioni.

Del discepolo amato si dice che vide le bende (othoniois) che non sono le bende di Lazzaro (keiriais; Gv 11,44). Infatti lett. sono "teli di lino" e questo termine è adoperato per le lenzuola del letto nuziale. Quindi questo discepolo sta "vedendo" che il sepolcro è un letto di nozze, che ciò che sembra "la morte", invece, è la "vita".

Di Pietro, invece, detto Cefa, si dice sì che vide le bende, ma soprattutto il sudario (segno della morte: infatti copriva il volto dei morti) che era posto sul capo (e si utilizza cefales=capo, lo stesso nome di Pietro=Cefa!). Pietro vede solamente la morte: la mente non sa aprirsi e sentire la vita.

La mente serve per capire ma è il cuore, l'amore, l'organo per sentire/vedere (orao).

La mente è una cosa buona ma non possiamo chiederle quello che non può fare. L'organo della fede non è la mente, la testa, Pietro, ma il cuore, l'amore, il discepolo amato.
La mente dice: "Bella donna", il cuore: "Sono innamorato".

La mente dice: "Mio padre mi picchiava sempre", il cuore sente il dolore del bambino terrorizzato.

La mente dice: "E' un bel regalo!", l'amore è colmo di una gioia irresistibile.

La mente dice: "E' una bella giornata di sole", il cuore si sente felice, traboccante e canta.

La mente dice: "Gesù è risorto" ma non cambia nulla nella vita di quella persona. E' una semplice informazione. Il cuore dice: "Gesù è vivo" e quella persona si sente amata, voluta, benedetta, felice.

Venerdì - L'amore è la condizione per la fede:
solamente uomini felici possono vederlo

solamente uomini vivi possono vederlo

Qui il vangelo afferma una regola fondamentale: solamente se c'è l'amore, l'apertura di cuore, ci può essere la fede. L'apertura di cuore, l'amore, è la predisposizione, la condizione per la fede. La testa capisce ma non può vedere, non è sufficiente. Se non sei disponibile ad aprirti, se non sei capace almeno un po' di amore, non puoi avere fede!

E questo ci dovrebbe far molto riflettere: invece di riempirci di informazioni religiose, le nostre liturgie dovrebbero farci fare esperienza di Dio, che è tutta un'altra cosa. Ce lo dovrebbero far toccare, sentire, sentire vivo e presente.

Su di un cartello in una casa di campiscuola c'era una frase meravigliosa: "Non cercare Dio, ci sei immerso".

Un giorno Pietro chiese a Gesù: "Come fai a credere nella resurrezione?". Gesù gli rispose con un'altra domanda: "Come fai a credere che anche quest'anno ci sarà la primavera?". "Perché accade ogni anno". "Giusto!". Di nuovo Gesù: "Come fai a credere che domani mattina ci sarà la luce, dopo questa notte". "Perché la vedo sempre, tutte le mattine". "Giusto!". Di nuovo, ancora Gesù: "Come fai a credere che dopo il sonno di stanotte domani mattina ti risveglierai?". "Perché accade così tutte le mattine". "Giusto. E' esattamente così. Quando hai visto una cose molte volte tu sai che esiste. Io la resurrezione la vivo ogni giorno: io la vedo sempre. Non ho dubbi: io so che esiste".

9 Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

La preoccupazione di Gv è che si possa credere alla resurrezione solo vedendo i segni della sua vittoria sulla morte. No! La resurrezione di Gesù non è un privilegio concesso a qualche personaggio vissuto duemila anni fa, che - fortunati loro - hanno potuto vedere. Ma è un privilegio per tutti. Come?

NON AVEVA COMPRESO LA SCRITTURA=cioè l'incontro con Gesù nella tua vita ti fa sperimentare una qualità di vita, una vita così piena, così viva, così ricca, così intensa, così libera, che ti fa sentire chiaramente che Lui è Vivo, che Lui c'è, che Lui è qui con te.

Allora non è più importante aver visto; non è più importante aver visto che il sepolcro è vuoto (e non si crede per questo!, che è solo un segno, una conseguenza della resurrezione); non è più importante aderire perché lo dice il Credo, ma perché tu sai, perché l'hai incontrato, lo hai visto, lo hai toccato. Per questo puoi dire che anche a te "è apparso".

Questo è un criterio decisivo: solamente uomini "vivi" nell'anima possono sperimentare la resurrezione, cioè la Vita che travalica la morte e ogni tipo di morte. Solamente uomini che hanno smesso di aver paura possono percepire la Vita.

Solamente uomini felici, vitali, pieni di vita, sanno chi è il Signore. Gli altri si fermano ad un santino o ad un preghiera di aiuto o di richiesta, imparano a sapere chi è il Signore ma non l'hanno mai incontrato. Mai il Signore gli ha scombussolato la vita; mai li ha fatti vibrare, gioire, entusiasmare; mai li ha fatti sussultare; mai hanno sentito la potenza, la forza, l'energia, la gioia sublime della sua presenza. Per questo si chiedono: "Che sia vero? Ma sarà così? E se non c'è niente? Ci rincontreremo? ecc.". E' chiaro, ovvio, che hanno dei dubbi perché sanno ma non sentono. Ma il giorno in cui lo sentirai non avrai più dubbi.

"Ero sordo come una campana. Vedevo la gente che faceva ogni sorta di giravolte: la chiamavano danza. A me, che ero sordo, pareva così stupido. Ma un giorno sentii la musica e capii: quant'era bella la danza!".

Elias, 37 anni, era un uomo impegnato per la liberazione dei ragazzi dalla prigionia delle favelas. Un giorno gli squadroni della morte andarono a casa sua e lo uccisero. Sua madre quando lo vide sanguinante gli disse: "Te l'avevo detto, perché ti sei impicciato con quella gentaglia?". "Mamma sono stato al mondo 37 anni e ho vissuto 37 anni. Sono stato felice di ciò che ho fatto. Lasciami andare!". E così morì. Sul suo diario ha scritto: "Quando incontri Dio non puoi più essere lo stesso, non puoi più far finta di non vedere, non puoi più tirarti indietro... Lui ti fa vivere davvero".

"L'amore è una gioia che straripa.

Se sei annoiato con te stesso che gioia potrai mai condividere con l'altro?
L'amore è un lusso. E' abbondanza.

Significa possedere così tanta vita che non sai più cosa farne, quindi la condividi.

Significa avere nel cuore infinite melodie da cantare; che qualcuno ascolti o no è irrilevante. Anche se nessuno ascolta, devi comunque cantare, devi danzare la tua danza...

Coloro che amano si sentono riconoscenti per il fatto che il loro amore sia stato accettato. Si sentono riconoscenti perché erano così colmi di energia che avevano bisogno di qualcuno in cui riversarla.

Quando un fiore sboccia e dona la sua fragranza al vento, si sente grato al vento perché la fragranza gravava sempre più intensamente su se stesso".

La Pasqua ci ricorda "l'obbligo" per ciascuno di noi di essere felice. Perché solo uomini felici possono vedere il Signore (visione, apparizione, illuminazione). Per "vedere il Signore" (apparizioni) bisogna avere la capacità di essere felici.

Le persone pensano che i soldi facciano la felicità e, invece, è vero il contrario: la felicità fa i soldi.

In uno studio scientifico americano si sono confrontati ragazzi all'età di 22 anni e dopo 7 anni. Chi era felice a 22 anni, a 29 aveva 2000 dollari in più all'anno, di media.

Ma c'è un'altra cosa ancor più interessante. In un altro studio sono state prese le fotografie di 230 giocatori della Major League di Baseball che hanno finito di giocare prima del 1950 e guardando minuziosamente le espressioni facciali si sono visti quelli che sorridevano di più e quelli che sorridevano di meno. Gli unici rimasti in vita nel 2009 erano coloro che sfoggiavano i sorrisi più radiosi. La vita media di chi non sorrideva era di 72,9 anni; quella di coloro che sorridevano parzialmente di 75 e quella di chi sorrideva intensamente 79,9.

Studi su suore e persone (Keltner e Harker) con il sorriso Duchenne (=gli angoli della bocca si piegano all'insù e la pelle a lato degli occhi si increspa) e con persone non-Duchenne (il sorriso Pan America: il sorriso stampato delle hostess o dei vecchi spot televisivi) hanno mostrato che chi aveva il sorriso Duchenne aveva una vita più felice, si sposava di più e viveva più a lungo.

Gli scienziati della Mayo Clinic di Rochester (Minnesota) ha selezionato un gruppo di 839 pazienti che si erano rivolti alla clinica 40 anni prima (alcuni erano già morti). Gli ottimisti (da un test compiuto al tempo) avevano una longevità del 19% in più.

Sabato - La vera felicità non dipende dagli altri

Si può vivere la felicità in 3 modi.

1. Lo stato incosciente di vivere. Siamo a livello di cervello rettiliano, il cervello dei coccodrilli, dove la felicità è mangiare, riprodursi, cacciare, essere pieni e satolli. Molte persone pensano che essere felici sia questo.

Felicità è avere: una bella casa, una bella auto, una bella donna, dei bei figli, una bella posizione, una bella carriera, ecc. La felicità qui è materiale e dipende dall'avere, dall'esterno.

E' la felicità dell'accumulo: pensi che più hai e più sarai felice. Abbiamo 10 volte il reddito di 50 anni fa, ma siamo anche solo 3 volte più felici? In effetti abbiamo molto di più... ma non di felicità. Anzi le persone si lamentano molto di più di 50 anni fa (è stato calcolato che si lamentano 5 volte di più).
Solo che questo tipo di felicità ha tante controindicazioni:

1. E' breve, momentanea (sei felice perché ti fanno un regalo: ti regalano la bici nuova ma dopo una settimana la felicità della bici nuova dov'è andata?) e stressante perché la puoi sempre perdere.

Non è un caso che più le persone sono ricche e più il tasso di suicidi aumenta.

2. La puoi sempre perdere per cui ti attacchi: nasce l'invidia, la gelosia, la paura, il giudizio. E' chiaro che per queste persone la felicità è fuori e se fuori non c'è, non possono essere felici.

3. La felicità non è mai adesso ma sempre domani: "Se avrò... quando... se lui... se lei...". Per cui queste persone corrono sempre, sono sempre indaffarate, devono conquistare chissà cosa o chissà chi, non smettono mai di fare, di pensare e di produrre. Ma non sono mai veramente felici.

Un ragazzo ha scritto ai suoi genitori una lettera: "Ho deciso: da domani smetto di "farmi" e voglio cambiare vita. Basta con questa vita, io so che posso cambiare". Solo che quella notte con l'ultima overdose ci ha lasciato le penne!

2. Lo stato cosciente di vivere. Corrisponde al cervello limbico: la felicità dipende dalle tue emozioni.

Ma cos'è che mi crea un'emozione positiva? L'essere amato dagli altri, l'essere stimato, riconosciuto, apprezzato. A questo livello si cerca di compiacere, di essere bravi, di essere accolti, di andare bene alla società, all'istituzione, di essere integrati nel sistema, così da ottenere "approvazione".

Chi di noi non conosce questa felicità e questa delusione? Quando siamo stati lasciati da chi amavamo, cos'abbiamo provato? C'è venuta voglia di amare ancora? Quando siamo stati rifiutati da chi doveva amarci, cos'abbiamo provato? Non abbiamo provato odio, risentimento, collera, che emerge verso ogni autorità che assomiglia a quella? Non abbiamo provato dolore, solitudine, abbandono, tanto da pensare che, forse, conviene non coinvolgersi più?

La felicità dipende qui da quello che gli altri fanno per te e dal tuo tentare di accomodarti per andare bene agli altri ed essere accettato da loro.
Ma questa felicità ha varie controindicazioni.

1. Se non sei accettato (=amato) ti conformi agli altri e perdi la tua identità.

2. Quando hai trovato qualcuno che ti fa felice, come fai a lasciarlo? L'altro è la tua felicità!

3. Vivi nel passato: "Se avessi fatto... se non avessi avuto... se non ci fosse stato quel blocco...".

4. Interpreti sempre: "Se faccio così va bene (=sono accettato)? Se faccio quello cosa succede, poi? Mi vogliono ancora?" e ti ingabbi in ciò che si deve fare e in ciò che non si deve fare, in ciò che è giusto e in ciò che non è giusto. Insomma ti incateni in regole che ti uccidono.

5. La felicità è sempre instabile e insicura perché dipende sempre dalle emozioni che sono proprio così: instabili. Oggi sei nella gioia, domani nella tristezza, e se la felicità sono le tue emozioni tu sei schiavo di esse.

6. Qui la religione è il timore di Dio (la paura del Capobranco), della punizione, il senso di colpa.

C'è un uomo che si crede un topo e per questo rimane sempre chiuso in casa perché fuori ci sono i gatti. Così fa tutta una serie di sedute dallo psichiatra. Al termine l'uomo sembra veramente guarito: "Chi sei tu?". "Sono un uomo!". "Sei un topo, tu?". "No, io sono un uomo!". Così l'uomo ritorna a casa, ma non esce. Allora lo psichiatra lo richiama: "Ma cosa sei tu?". "Non sono più un topo, dottore, io sono un uomo!". "E perché, allora, non esci di casa?". "Perché non so se il gatto lo sa!".

Domenica - Per essere felici ci vuole coraggio

A livello 3 la felicità è la Supercoscienza o il regno di Dio (in termini evangelici).

Qui il cervello coinvolto è la neocorteccia, cioè la capacità di fare connessioni e di diventare consapevoli che tutto è legato al tutto. Come nessuna parte del corpo è slegata dall'intero corpo, così nessun corpo è slegato dal Corpo dell'Universo (uni-verso=tutto verso l'Uno!).
A questo livello si è felici perché si accetta ogni cosa.

Il mio nemico ha un messaggio per me: non mi perdo il messaggio guardando il nemico. Ciò che è "negativo" so che è un movimento del "positivo"; so che non esiste l'uno senza l'altro, così come il giorno non esiste senza la luce. Allora il giudizio cessa: tutto è il movimento di un'unica danza.
Controindicazioni: poche! Forse solo una (la prima).

1. La felicità qui dipende da te. Sai che nulla ti può far felice se tu non lo sei. Sai che la tua felicità non sono più gli altri ma dipende da te perché in ogni istante sei tu che ti relazioni con gli altri. E, in ogni istante, puoi scegliere se volere ciò che è (ed essere felice della realtà) o rifiutare ciò che è perché non è secondo le tue idee (ed essere triste perché la realtà non corrisponde a te).

2. La felicità qui è contemplazione. Non voglio più possederti, averti, conquistarti, ma ti osservo, godo di te, ti sorrido per averti incontrato e ti ringrazio per la strada fatta assieme. Sono felice non perché sei "mio", ma perché esisti, perché ci sei. Non devo più averti per essere felice: posso essere felice anche se non sei mio!

3. La felicità qui è innamorarsi di sé. Non dipendo più dagli altri, ma sono felice di me. Sono felice non perché sono perfetto, ma perché ci sono, sono vivo (vitale) e sono ricco di potenzialità.

4. La felicità qui è rispetto. Rispetto vuol dire: "Non ti cambio... non ti voglio diverso... non ti voglio come io desidero... ti rispetto per quello che sei e ti amo per come sei".

5. La felicità qui è libertà (dipende da me) e gioia (assaporo tutto ciò che esiste).

6. La felicità è adesso (presente): è assaporare, godere, contemplare l'adesso, ciò che c'è qui ora, qualunque cosa sia.

Lev Tolstoi: "Il segreto della felicità non è di far sempre ciò che si vuole, ma di voler sempre ciò che si fa". Ecco la felicità: dire sì ad ogni cosa che si vive adesso.

Questa è la felicità della spiritualità, di Gesù, dell'anima, che diventa ringraziamento, gratitudine, arte, musica, danza, lode, canto, unità, estasi. In questa felicità non c'è più paura.
Dice Karen Blixen: "Per essere felici ci vuole coraggio".

E Sigmund Freud: "L'umanità ha sempre barattato un po' di felicità per un po' di sicurezza".

Delano Roosevelt: "Nessuno può renderti felice se tu non glielo consenti".

Sì, la felicità è una scelta. E' la scelta di vivere da uomini "vivi", innamorati di sé, liberi e liberati dalla paura degli altri. E' la scelta di vivere non possedendo, è la scelta di vivere ad un livello più elevato la vita, capitani della propria nave.

Pensiero della settimana

"Puoi amare solo quando sei felice dentro di te.
L'amore non può venire aggiunto dall'esterno.
Non è un indumento che puoi indossare.
Ricorda: l'opposto dell'amore non è l'odio, ma la paura.
L'odio è l'amore a testa in giù, non è l'opposto dell'amore.
Il vero opposto dell'amore è la paura.
Quando ami ti espandi: quando hai paura ti rattrappisci.
Quando hai paura ti chiudi; quando ami ti apri.

Quando hai paura ti assalgono i dubbi; quando ami hai fiducia".

 

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