TESTO Chi può mettere limiti alla misericordia di Dio?
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XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (31/10/2004)
Vangelo: Lc 19,1-10
In quel tempo, Gesù 1entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
C'è una tentazione grave e, purtroppo, non infrequente né ancora del tutto scomparsa; non fu solo di Israele, riaffiora anche oggi. E' la tentazione di confondere l'immenso dono dell'amore con cui Dio ci ha scelti con l'esclusivo possesso della salvezza, che è grazia sua. E c'è il rischio di ridurre in tal modo la dimensione universale della redenzione ai ben più angusti limiti delle nostre vedute umane.
Il Concilio Vaticano II ci ha insegnato che la chiesa - nuovo Israele di Dio - è "sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" e ci ha confermato che "la missione della chiesa è universale" (LG n.1).
Ma la tentazione rimane. E spesso assume volti diversi. Talora ci pare basti il saperci noi stessi salvati; altra volta, all'interno della stessa comunità ecclesiale, ci sentiamo appagati da quell'esperienza che viviamo in un gruppo particolare e a noi sembra l'unica esperienza che porti alla santità; non di rado guardiamo con qualche scetticismo ad un cammino ecumenico e ad un dialogo interreligioso; e, infine, qualche volta l'animo nostro è pervaso dalla sfiducia che nella cultura attuale si possa incarnare il messaggio del Regno.
Come resistere a questa tentazione? Con un impegno che la grazia di Dio può sostenere in noi. Abbiamo bisogno di riscoprire l'ampiezza universale della creazione e della redenzione, mistero di amore; dobbiamo riconoscere con gioia le diverse esperienze spirituali che nella comunità portano alla ricchezza e manifestano la molteplicità dei doni dello Spirito Santo; dobbiamo scoprire, con fede, nelle altre chiese cristiane quei "semi del Verbo" che germoglieranno in pienezza nella verità e nella carità.
Il cristiano non può, quindi, che dare dimensione universale al suo cuore e alla sua speranza.
Non credo che ci sia chi possa dubitare della potenza della parola di Dio, che entra nell'intimo del cuore e fa nascere la fede. Temo, invece, non manchi chi dubita della disponibilità degli uomini d'oggi ad ascoltare e ad accogliere questa Parola.
Si parla spesso di una cultura che si rivelerebbe sorda ed estranea a valori spirituali, ancor più se religiosi; si dice che scienza e tecnica avrebbero dato all'uomo risposte secondo le quali non verrebbe più la pena di cercare al di fuori o al di sopra di lui; non si nega che superficialità e distrazione impedirebbero una seria attenzione al problema religioso; da qualcuno si giunge a dire che l'affermarsi di un benessere esasperato, la corsa al profitto economico senza scrupoli, la degradazione del costume stesso di vita, renderebbero inacettabile il messaggio evangelico.
Mi pare che si debba ripensare questo atteggiamento di sfiducia.
Zaccheo era "capo dei pubblicani e ricco"; "era un peccatore". Eppure egli "cercava di vedere quale fosse Gesù"; celava nell'animo il desiderio di incontrarlo; d'accordo, un desiderio ancora confuso, a metà tra la curiosità e l'imprevedibile voglia che dal vedere Gesù qualcosa di nuovo accadesse. E il Signore non trasformò in conversione autentica quell'iniziale apertura che Zaccheo offriva alla sua parola e al suo amore?
La vita del capo dei pubblicani cambiò totalmente; cadde l'orgoglio; la ricchezza sembrò ingombrante; rese a chi aveva frodato quattro volte tanto e ai poveri donò i suoi beni. Entrò così "in quella casa la salvezza".
La conversione è libera opera di Dio e chiunque può incontrarlo e trovare perdono, pace e gioia, in una vita nuova. Chi mai potrebbe porre limiti alla misericordia di Dio?
Non basta attendere, bisogna andare incontro a chi è nella difficoltà, a chi vive nella colpa, a chi è lontano o estraneo alla comunità dei credenti.
Bisogna "entrare" nell'intimità dell'altro, con rispetto ed amicizia, affinché dal messaggio accolto possa nascere quella comunione che sostiene e ravviva la fede nella carità.
Liberi da pregiudizi, liberi dalla paura del commento di chi sta a guardare. Perché Cristo cammina con noi e ci invita ad avere parte con lui e con quei peccatori che egli ha reso giusti e santi.