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TESTO L'anima della preghiera

don Mario Campisi   home page

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (17/10/2004)

Vangelo: Lc 18,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 18,1-8

In quel tempo, Gesù 1diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

"Basta che preghino! In un modo o nell'altro, non è questo il problema...". L'abbiamo sentita tante volte questa frase, sulla bocca di ecclesiastici e di laici. E, francamente, ci siamo sentiti un po' imbarazzati. A reagire si fa la figura dei soliti "snob" che hanno la ricetta più sofisticata per ogni attività spirituale. Eppure il vangelo di oggi, a modo suo, ci invita a reagire, a non dare per scontato quello che credono i più, o quello che fanno, quando pregano.

Che cosa è la preghiera senza la fede? Solamente un gesto di contrattazione per assicurarsi un appoggio da parte di chi è più potente di noi. O addirittura una specie di scambio, gestito attraverso l'offerta o il rito. In certi casi può essere anche un modo per "mettere le mani su Dio", per fargli fare quello che vogliamo noi, per farlo agire a nostro favore.

Ma è questa la preghiera cristiana? Se parla di fede, Gesù lo fa proprio perché alla base della preghiera c'è una fiducia incondizionata in Dio e nel suo amore, un abbandono a lui, alla sua parola, sicuri di essere in buone mani. Il discepolo, allora, quando chiede - e lo fa con la confidenza e la costanza di un figlio - prende sempre a modello il Padre nostro.

Non comincia rovesciando su Dio i suoi desideri, ma esprimendo la sua disponibilità a realizzare il progetto che Dio ha su questo mondo. Solo dopo aver fatto questo, ha senso domandare anche ciò che è necessario alla nostra vita. Solo se si è disposti a fare la nostra parte, si può poi invocare Dio per ottenere la luce, la forza, il coraggio necessari per la vita di ogni giorno.

Non una preghiera, dunque, che si attende tutto da Dio, ma una disponibilità a fare la sua volontà, anche quando costa.

Non una preghiera che, paradossalmente, aspetta che sia Dio a cambiare e non esprimere un atteggiamento di conversione.

Non una preghiera "comandata" solo dal bisogno, dalla necessità, ma una manifestazione di amore, di lode, di impegno.

Non una preghiera dettata da un atteggiamento rinunciatario di fronte alle sfide quotidiane, ma una sorgente continua di audacia e di fraternità. Non una preghiera per tirare Dio nel proprio campo, ma per scoprire che egli è il Padre di tutti.

In fondo se la preghiera parla un linguaggio, questo è il linguaggio della fede e dell'amore.

 

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