TESTO Mt 22,15-21
XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (20/10/2002)
Vangelo: Mt 22,15-21
In quel tempo, 15i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». 21Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
L'ostilità cresce nei confronti di Gesù e cercano di coglierlo in fallo. Se Gesù risponde che bisogna pagare le tasse a Cesare, va contro i desideri del popolo e passa per collaborazionista, se dice che non vanno pagate si mette contro l'autorità, e si può arrestare.
A prima vista sembra che la risposta di Gesù sia un abile escamotage, ma sapendo che Gesù non sente il bisogno di difendersi e non rinuncia mai a provare ad amare e aiutare i suoi interlocutori, anche se ostili, penso che bisogna guardare a questa risposta con più attenzione.
Per Gesù, Dio e Cesare sono su due piani diversi, e non possono essere antagonisti, tanto è vero che Cesare, anche volendo, non può uccidere Dio, e Dio, pur potendo, non vuole uccidere Cesare.
I suoi interlocutori fanno questa domanda perché per loro il mondo è diviso tra buoni e cattivi, e ognuno deve decidere con chi stare. Sono loro che sono incastrati da questa logica, che limita molto la loro libertà.
Per Gesù esistono Dio Padre e le sue creature. Dare a Dio ciò che è di Dio, significa che riconosco che sono figlio di Dio. Questo ha il duplice vantaggio di farmi sapere chi sono e cosa sono chiamato a fare: sono figlio di Dio, e sono chiamato all'amore. Chi ama sa cosa deve dare a Cesare, perché corrisponde al collaborare per il bene comune.
Chi ama fa politica, perché fa delle scelte per il bene comune, e desidera collaborare con il cesare di turno, affinché le cose vadano sempre meglio, indipendentemente dal colore d'appartenenza. L'importante è essere disposti a rimetterci per il bene comune; in pratica ad amare.
Visto cosi, il potere di Dio e quello di Cesare non sono in antagonismo. Piuttosto, sono chiamati a collaborare.
Dico anche che vivere in un paese dove il sistema tributario è organizzato è un lusso. Dove questo non è possibile, c'è miseria, violenza e ingiustizie. Bisogna combattere affinché queste tasse siano usate bene; ma un cesare che le organizzi, ci vuole, per le strade, la sanità, le scuole e tant'altro. Fare politica per il bene comune è una gran carità, fonte di molte sofferenze e amarezze. Provare per credere. E'molto più facile criticare chi fa politica che non farla.
Poter dare a Dio ciò che è di Dio e a Cesare ciò che è di Cesare, è bellissimo, perché è segno di libertà, di figliolanza, di fraternità. Il paradiso terrestre è una società fatta di figli di Dio che collaborano tra di loro, facendo una politica basata sulla solidarietà, sul mutuo aiuto. Mentre un mondo diviso tra buoni e cattivi, è un mondo destinato a vivere sempre in guerra.
Il pacifismo nasce dall'egoismo che promuove le guerre, la pace nasce dal dono di se. Signore mandaci il tuo Spirito affinché possiamo continuare a costruire questo tuo Regno, lavorando nella tua Vigna.