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TESTO Commento su Marco 9,2-10

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II Domenica di Quaresima (Anno B) (01/03/2015)

Vangelo: Mc 9,2-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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2Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. 5Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 6Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. 7Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». 8E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.

9Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. 10Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

COMMENTO ALLE LETTURE

Commento a cura di Giuseppe Di Stefano

CHI CONDANNERÀ?

La difficoltà più grande di annunciare il perdono di Dio tra la nostra gente sta nel fatto che tanti non credono che qualcuno mai li possa perdonare per ciò che hanno fatto.

Ciò che è più difficile, infatti, non è perdonare, ma credere in un Dio che al male del mondo ha risposto con il sacrificio del suo Figlio, il suo Unico e Amato Figlio, per noi.

Nella morte in croce del Figlio si compie, infatti, quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l'uomo e salvarlo, e questo per solo amore.

Dinanzi a un Dio così scandalosamente dalla nostra parte, «chi sarà contro di noi?» (Rm 8, 31b).

Eppure non ci è difficile immaginare quali pensieri e sentimenti stringevano come in una morsa il cuore di Abramo mentre preparava il «coltello per immolare suo figlio» (Gn 22, 10). Quale padre sano di mente sacrificherebbe la vita del suo unico figlio, fosse anche per obbedire al Signore?

La risposta a questo interrogativo la troviamo nel silenzio di un Dio che sembra essere stato come "ingoiato" dalle tenebre del Venerdì santo, in cui risuona con forza soltanto la supplica accorata di suo Figlio: «... perché mi hai abbandonato?».

È guardando a quel corpo inchiodato sulla croce, torturato, schiacciato, ucciso, a quel fianco squarciato che siamo certi di non sbagliarci su Dio. Perché sbagliarci su Dio è il peggio che ci possa capitare, perché poi ci sbagliamo sulla storia, sul mondo, sull'uomo, su noi stessi, sul futuro, sui rapporti umani.

Nella persona di Isacco ci viene messo davanti un figlio - come ogni figlio - che è minacciato di essere sacrificato. Il suo non è il racconto di un sacrificio mancato, ma piuttosto il racconto di un sacrificio compiuto: il sacrificio del sacrificio!

Fermando la mano di Abramo prima che possa sacrificargli il figlio, Dio «sventa questa minaccia a vantaggio di tutti, per evitare che qualcuno, guardando un padre sacrificare il proprio figlio, si faccia l'idea che Dio sia abitato da quella violenza che, invece, spesso abita il nostro cuore ed anima i nostri gesti» (Michael Davide).

Colui che dalla nube indica Gesù come il Figlio amato da ascoltare (Mc 9, 7), non può essere un Dio che vuole i sacrifici, ma l'amore. Quello stesso Dio che, nel suo Unigenito, si rivelerà come colui che si sacrifica, per non aver accettato di sacrificare nessuno.

«Che diremo dunque in proposito? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?

[...] Non c'è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù» (Rm 8, 31-35. 1).

 

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