TESTO Commento su Lc 13,1-9
Paolo Curtaz Ti racconto la Parola
III Domenica di Quaresima (Anno C) (03/03/2013)
Vangelo: Lc 13,1-9
1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
6Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. 8Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Cosa ho fatto di male per meritarmi questo!», «Che croce mi ha mandato Dio!»: quante volte ho sentito pronunciare queste lamentazioni, queste imprecazioni verso Dio. Se Dio è buono, perché non (mi) evita il male?
Gesù, citando due noti eventi di cronaca dei suoi tempi, smonta una credenza popolare molto diffusa allora (e oggi). Un devoto medio pensava che le disgrazie, come appunto il crollo della torre di Siloe, punissero delle persone che - in qualche modo - potessero aver commesso degli orribili peccati. Ciò che Gesù dice è sorprendente, sconcertante: la vita ha una sua logica, una sua libertà. La causa del crollo della torre di Siloe è da imputarsi al calcolo delle strutture errato, o al lucro compiuto dall'impresa che ha usato materiali scadenti; l'intervento crudele dei romani è causa della loro politica di espansione che usa la violenza come strumento di oppressione. Non esiste un intervento diretto e puntuale di Dio, le cose possiedono una loro autonomia e noi possiamo conoscerne le leggi. Gesù ristabilisce le responsabilità: gran parte del dolore che viviamo ce lo siamo creato. La croce ce la danno gli altri o ce la diamo noi stessi con uno sguardo contorto e mondano della realtà. Ho scoperto, dopo molti anni, che molti passano la vita a piallare e carteggiare la propria croce, attribuendone a Dio la responsabilità. Dio fa quel che può: anche lui si ferma di fronte alla nostra ostinazione e durezza di cuore. Dio è limitato, quindi? No, ma Dio ferma la sua mano e ci lascia liberi, perché vuole dei figli, non dei sudditi.