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TESTO Deserto, perdizione, Amore di salvezza

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (14/12/2014)

Vangelo: Gv 1,6-8.19-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose:

«Io sono voce di uno che grida nel deserto:

Rendete diritta la via del Signore,

come disse il profeta Isaia».

24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Ancora Giovanni Battista fa' la parte del leone in queste liturgie domenicali, nelle quali afferma se stesso come promotore della verità, ma non come la verità in pienezza. Non è un profeta, non è Elia (anche se poi Gesù vedrà un nuovo Elia in Giovanni Battista), non uno qualsiasi dei pronuncia tori della verità, bensì "voce di uno che grida nel deserto" invitando tutti alla conversione e all'emendamento della propria vita. La contestualità attuale sembra presentarci un mondo che predilige il deserto: scandali continui di cui è responsabile la politica e l'amministrazione ai nostri giorni, i compromessi delle Istituzioni con la mafia e con la disonestà, la facilità con cui si compiono azioni illecite a discapito dell'intera comunità, evidenziano come la nostra convivenza sia davvero contrassegnata dal "deserto", cioè dalla precarietà morale e dalla carenza di motivazioni fondamentali di vita e di interazione fra di noi. Il "deserto" è infatti la presunzione dell'uomo di poter procedere autonomamente e forte delle proprie scelte e dei propri criteri, presumendo di non aver bisogno che di se stesso. Il deserto è insomma l'ostinata lontananza da Dio, per di più l'avversione gratuita nei confronti di ogni religiosità e di ogni imperativo etico ritenuto ingerente e necessario, la persistenza del relativismo etico e religioso. Ma la carenza del trascendente conduce in definitiva alla mancanza di considerazione degli altrui diritti, alla volontà di voler imporre se stesso sugli altri, all'indifferenza verso l'utilità comune... Insomma, la lontananza da Dio è alla base della perversione e della disfatta che rovinano il mondo e deprimono la società mediante fatti di cronaca demoralizzanti.

Non è in definita la perdita del senso di Dio a determinare agghiaccianti episodi quali la barbara uccisione di bambini o di coniugi per banali motivi? Non è dovuto alla carenza di Dio il continuo assistere ad aberranti fatti di cronaca nera sul sangue che imbratta tante nostre strade? Il deserto, cioè la volontà ostinata di prescindere da Dio, l'indifferentismo religioso e il fenomeno della secolarizzazione sono di fatto la causa portante dell'autolesionismo dell'uomo. Come dice Henri de Lubach, "Non è vero che l'uomo non possa organizzare la terra senza Dio. E' vero piuttosto che, senza Dio, egli non può che organizzarla alla fin fine contro l'uomo." (E. De Lubach) " Giovanni, uomo di condotta penitente e di aspetto austero ed eloquente già nella sua persona, ci invita alla sostituzione dei criteri di condotta umana con i parametri della volontà divina. Egli si propone come "voce", cioè emissione fonetica trascendente che invita tutti all'attenzione prima ancora di annunciare la Parola e che chiama di conseguenza all'ascolto e all'umile attenzione.

Nel deserto Dio non si stanca mai di provocarci e di indurci alla considerazione del suo amore nei nostri riguardi, alla presa di coscienza che e sue vie sovrastano le nostre vie e i suoi sentieri non sono paragonabili ai nostri; egli ci predispone a renderci conto che l'effimero non paga e che l'ostinata propensione per il peccato non può che danneggiare solo noi, rivelandosi nelle sue illusorie certezze. Nel deserto Dio non lesina la sua misericordia soprattutto nei confronti degli innocenti costretti a subire le ingiustizie e le vessazioni del nostro tempo, degli onesti costretti a soccombere alle ingiustizie, dei buoni e dei giusti ossessionati dal malvagità e dalla cattiveria altrui: come afferma Isaia (Prima Lettura) nei confronti di tutti i deboli e degli afflitti da povertà e oppressione Dio con il suo Spirito invia loro il lieto annuncio di giustizia e di liberazione, declamando inesorabilmente la sua predilezione per loro e la volontà di riscattare quanti soffrono.

Ma il deserto resta pur sempre il luogo in cui si viene chiamati al ravvedimento e alla conversione, al mutamento radicale di noi stessi e della nostra vita orientandoci non verso l'uomo ma verso Dio. Per ciò stesso il deserto è anche la dimensione nella quale appunto il peccato è comunque occasione di sperimentare l'amore di Dio.

 

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