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TESTO La fede del servo inutile

don Marco Pratesi   Il grano e la zizzania

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (03/10/2004)

Vangelo: Lc 17,5-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,5-10

In quel tempo, 5gli apostoli dissero al Signore: 6«Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Gesù usa un'espressione paradossale - lo fa spesso - per esprimere la forza della fede: "potreste dire a questo gelso...". La fede può ottenere da Dio qualunque cosa. Ma l'esempio addotto da Gesù non deve trarci in inganno: la fede non serve a creare effetti speciali e spettacolari. In via ordinaria essa non ha l'obbiettivo di impedire alle cose di seguire il loro corso. Lo vediamo dall'esempio di Gesù stesso. Al momento di essere arrestato egli sa che il Padre potrebbe mandare legioni di angeli per salvarlo, ma non lo chiede: egli deve vivere la propria pasqua. La fede serve proprio e primariamente a questo: a vivere la propria personale pasqua, permette di attraversare il Mar Rosso verso la vita nuova. Avere fede significa essere certi che tutto, vita e morte, salute e malattia, ricchezza e povertà, può servire al nostro bene. Lo dice Paolo: "Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio".

Il mondo ha le sue leggi, e dentro queste leggi noi dobbiamo agire in modo positivo per noi e per gli altri. Entro questo quadro dobbiamo attuare il progetto di Dio, fare la sua volontà. Avere fede significa, in altre parole, considerarsi servi di Dio. Perché la nostra fede sia autentica occorre - ecco il secondo insegnamento - essere servi che non avanzano alcuna pretesa nei confronti del padrone.

Siamo abituati a contabilizzare tutto, e anche la nostra relazione con Dio: tot di debiti (peccati) tot di crediti (buone azioni). Gesù ci invita a uscire da questa mentalità. Dio non è un padrone ma un Padre, il suo amore è gratuito: non mi ama per i miei titoli di merito, mi ama gratuitamente, per me stesso, non per ciò che faccio o non faccio. Dobbiamo mettere la nostra fiducia non in quello che facciamo di buono, ma nella gratuità di Dio. Se insistiamo a metterci sul piano della giustizia, dei meriti, dei debiti e dei crediti, allora ci condanniamo, perché non abbiamo nessuna capacità di meritare l'amore di Dio. Se ci mettiamo sul piano dell'amore, capiamo di non avere alcun diritto ad essere amati da Dio; e tuttavia scopriamo che Dio ci ama e si pone - Lui - al nostro servizio.

A questo punto il cerchio si chiude: se facciamo quello che Dio vuole, allora Dio fa quello che noi vogliamo, ci esaudisce. Allora potremo dire al moro: "Sradicati e trapiantati nel mare", e ci ubbidirebbe.

All'offertorio:

Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio aumenti la nostra fede, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente.

Al Padre Nostro:

Chiediamo al Padre di poter fare la sua volontà con lo spirito dei servi inutili:

 

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