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TESTO Eredi del Regno di Cristo

padre Antonio Rungi

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) - Cristo Re (23/11/2014)

Vangelo: Mt 25,31-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

L'ultima domenica dell'anno liturgico è dedicata alla solennità di Gesù Cristo, Re dell'universo. E' una domenica speciale, in quanto è la conclusione di un cammino spirituale ed interiore che abbiamo fatto nel corso dell'anno alla scuola della parola di Dio che ogni domenica abbiamo ascoltato e commentato e ci auguriamo di aver messo in pratica. E' un cammino di amore e carità quello che annualmente siamo chiamati a percorrere con l'anno liturgico, una vera miniera di grazia e benedizione per quanti vogliono seriamente pensare alla salvezza della propria anima, che, poi, è la cosa più importante della nostra vita, rispetto a quanti si affaticano per conquistare altri beni, terreni o di altro genere, che non hanno valenza davanti al Re dei cieli. In fondo, anche in questa domenica, ci viene nuovamente riproposto il tema dell'amore Dio, dal quale deve scaturire l'amore verso i fratelli. Un amore concreto, operativo, fatto di gesti e di empatia, caratterizzato dalla questa forte tensione verso l'altro, specie di chi si trova nella difficoltà. Questo Re che oggi adoriamo, Cristo Signore, sarà un giudice dal cuore misericordioso e buono, ma ci chiederà solo alcune fondamentali cose, se le abbiamo fatte o meno nella nostra vita. Certo a Lui tutto è presente e tutto Lui conosce, ma l'incontro con Cristo, nell'eternità, avrà un momento (se così lo possiamo definire) di un tu a tu con Dio. Un confronto che è decisivo, in quanto sarà per la felicità o la condanna. Certo il Figlio di Dio, venuto sulla terra, incarnandosi per opera dello Spirito santo nel grembo verginale di Maria, è venuto a portare la salvezza ed assicurare a ciascuna creatura umana un'eredità di un valore infinito, di un valore eterno, in quanto è la gioia di partecipare al Regno di Dio per sempre, nel Santo Paradiso.

Il testo del Vangelo di oggi, su cui abbiamo meditato nella domenica del 2 novembre scorso, in occasione dell'annuale commemorazione dei defunti, ci riporta alla realtà di una vita eterna che passa attraverso la scelta della carità. Un giudizio di Dio sul nostro operato e quello dell'intera umanità ci sarà e sarà espresso secondo criteri e parametri evangelici.

Vorrei sottolineare in questa meditazione ed omelia questo ultima versetto del vangelo di Matteo sul giudizio universale: "E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna". L'eternità e il nostro destino futuro lo costruiamo noi con le nostre mani, con le mani e il cuore dell'amore o dell'odio. Tutti abbiamo sperimentato nella vita l'amore e l'odio. Sono due forze contrastanti che si eliminano a vicenda. Chi segue la via dell'amore, sceglie anche per il suo futuro la gioia del regno di Dio, entrerà a far parte di coloro che saranno felici per sempre e davvero. La via dell'amore e della felicità è la via del dono, dell'accoglienza, dell'attenzione, della misericordia, del servizio umile e disinteressato verso i poveri e i bisognosi del mondo.

Da questo vangelo dell'amore che Papa Francesco ogni giorno coglie l'occasione per richiamare all'attenzione dei credenti il loro fondamentale impegno di amare e donare, di servire e rendersi disponibile.

Un Re che ci chiede di fare il bene agli altri, non chiede per se stesso nulla. Anzi è stato Lui stesso a dare tutto per noi, morendo sulla croce, sacrificandosi per noi. Una regalità speciale, fuori dai canoni delle regalità e dei regni di questa terra, che hanno altre prospettive di soggiogare le persone e il mondo alle proprie idee e posizioni.

Nella prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi, che oggi ascoltiamo, ci viene proprio evidenziata la missione di Cristo. Una missione che si concentra sul tema della morte e risurrezione, sulla Pasqua.

Gesù Cristo quindi, al centro della redenzione "consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza". Per cui, "è necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico a essere annientato sarà la morte". Una regalità per la vita e non per la morte. La morte, infatti, è la negazione della vita, è l'opposto e l'opposizione della vita. Cristo è per la vita e la vita oltre la vita, senza la quale non possiamo parlare di vera vita.

Questo Re, inoltre, si indentifica con il pastore umile, buono ed accorto, perché tutte le sue pecorelle possano trovare conforto e gioia in Lui, e che nessuna di essa non avverta la solitudine dell'esistenza o dello smarrimento, ma solo l'amore che è ricerca e attenzione, come ci rammenta

Il nostro Dio, il nostro Re, è un Dio che va alla ricerca e soffre se anche una sola delle sue pecore dovesse perdersi, smarrirsi, non ritrovare la strada del paradiso. In questa sua affannosa ricerca, se gli uomini non rispondono a questo amore, alla fine c'è la separazione, c'è il giudizio, tra pecore e pecora e tra montoni e capri. Segno evidente che Dio non può fare a meno di emettere il suo verdetto sul nostro comportamento, se non va verso il pentimento, verso la conversione permanente.

Sia questa allora la nostra umile preghiera in questo giorno di lode e ringraziamento al Re dei Re: O Padre, che hai posto il tuo Figlio come unico re e pastore di tutti gli uomini, per costruire nelle tormentate vicende della storia il tuo regno d'amore, alimenta in noi la certezza di fede, che un giorno, annientato anche l'ultimo nemico, la morte, egli ti consegnerà l'opera della sua redenzione, perché tu sia tutto in tutti".

Concludo questa mia riflessione con una delle espressioni più belle che hanno accompagnato il canto e la preghiera della Chiesa nei secoli: Christus vincit, Christus regnat, Christus, Christus imperat.

E con un saluto finale che fino a non molti anni fa tutti utilizzavamo per salutare i sacerdoti, i parroci: "Cristo, regni!". "Sempre".

Regni sempre nella nostra mente, nei nostri pensieri, nel nostro agire, nel nostro vivere quotidiano nella gioia e nella sofferenza che tante volte può interessare la nostra vita e la vita degli altri. Regni il Signore, perché il suo Regno è un Regno d'amore e di gioia, comunque e sempre. Amen.

 

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