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TESTO Commento su Ez 47,1-2.8-9.12; Sal 45; 1Cor 3,9c-11.16-17; Gv 2,13-22

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Dedicazione della Basilica Lateranense (09/11/2014)

Vangelo: Ez 47,1-2.8-9.12; Sal 45; 1Cor 3,9c-11.16-17; Gv 2,13-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 2,13-22

13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». 17I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.

18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Domenica scorsala Liturgia ci ha proposto il ricordo dei defunti. Tutti abbiamo persone care da ricordare nella fede in Cristo. I nostri cari non sono morti ma vivono alla presenza di quel Dio in cui hanno creduto durante la loro vita terrena e quindi coloro che solitamente chiamiamo "morti sono più vivi di noi, noi non li vediamo essi invece ci guardano e pregano Dio Padre per noi.
Quando recitiamo la professione della nostra fede diciamo di credere nella "comunione dei santi" questa non è altro che la comunione fra noi che siamo vivi in terra e loro che vivono, ormai santi perché pieni di grazia, alla presenza di Dio.
Diceva un autore di cui ora non ricordiamo il nome che "morti" sono solo quelli che non hanno nessuno in vita che li ricordi.

In questa domenica la liturgia ci propone il ricordo della dedicazione della cattedrale del vescovo di Roma la Basilica di San Giovanni in Laterano, celebrata un tempo solo dalla città ma oggi celebrata in tutte le Chiese di rito romano.
Nella prima lettura tratta da libro del profeta Ezechiele, lo stesso ci racconta la visione in cui vide scaturire dalla soglia del tempio un fiume che scorreva abbondante verso oriente e risanava tutto quanto bagnava; il fiume era rigoglioso di pesci, gli alberi intorno pieni di frutti anche in inverno e le stesse foglie, che non seccavano mai utili come medicine.
Ezechiele vede questa visione profetica ma, più tardi l'apostolo Giovanni la vedrà realizzata, attraverso la morte del Cristo, per la redenzione dell'umanità. L'acqua ed il sangue che sgorgheranno dal fianco del Cristo sono i segni della nostra salvezza essi rappresentano il battesimo e l'eucarestia.
Con il ritornello del salmo 45/46: "Un fiume rallegrerà la città di Dio" viene ripresa la potenza del fiume che dove scorre porterà gioia e fecondità.
Nei versetti viene ricordato come il signore è nostro rifugio e salvezza, è soprattutto aiuto nei momenti difficili Egli, Signore degli eserciti, veglierà su noi che dobbiamo confidare sempre in lui e non temere nulla di male perché è con noi.
Tanti ruscelli finiscono il loro scorrere in un fiume più grande e lo rendono maestoso, cosi per noi il fiume rappresenta la redenzione e per arrivare ad essa ci vengono dati i sacramenti che ci accompagnano in tutte le tappe della nostra vita terrena, questi segni che Cristo ha compiuto in terra e con i quali vuole incontrare ciascuno di noi partono tutti dal Battesimo che ci purifica e ci inserisce nella vita del Cristo come fratelli.
Nella seconda lettura l'apostolo Paolo scrive alla comunità di Corinto, e li esorta a ricordare che loro sono l'edificio di Dio per mezzo della grazia ricevuta, io ho posto le fondamenta e poi un altro costruirà su di esse. Attenzione però a non distruggere quello che è la vera natura dell'uomo, cioè voi siete tempio di Dio e nessuno può distruggervi perché verrà distrutto da Dio stesso, perché in voi vive lo Spirito.
Già nel vecchio testamento la tenda rappresentava il luogo dove Mosè si appartava per parlare con il Signore.
I tempi sono un luogo dove riunirsi per incontrare il Signore, di essi possiamo ammirare la grandezza, La bellezza e la maestosità, ma solo il Cristo e di conseguenza l'uomo sono tempi dello Spirito per mezzo della grazia che riceviamo nei sacramenti.
Nel brano di vangelo l'apostolo Giovanni racconta come ha scacciato dal tempio mercanti e ha spiegato il perché del suo agire.
Il racconto pensiamo sia noto a tutti, anche perché ci appare come la prima volta che Gesù si "arrabbia". Entrato nel tempio lo trova pieno di molti che vendevano le loro mercanzie, animali e i cambiavalute con i loro denari. Fatta una cordicella Gesù scacciò tutti dal tempio, disse di portare fuori gli animali e gettò per terra il denaro affinché la casa di suo Padre non diventasse un mercato.
I giudei chiesero allora a Gesù che cosa voleva fargli capire con il suo comportamento.
Gesù disse di distruggere il tempio e lui lo ricostruirà in tre giorni, Gesù però si riferiva alla sua morte e risurrezione, con cui ha realizzato il progetto del Padre su di lui ed ha donato a ciascuno di noi la redenzione.
Difficile per i Giudei, ma anche per noi oggi se non fossimo stati illuminati dalla "Parola", capire quello che Gesù aveva detto. Il tempio era stato costruito in ben quarantasei anni, come potevano credere che si potesse edificare in soli tre giorni?
Quante volte nella nostra giornata incontriamo persone a noi care, conversiamo piacevolmente con loro e godiamo dell'amicizia, ma forse mai vediamo in loro il "tempio di Dio", eppure, se battezzati, hanno in loro lo Spirito, che però noi non riusciamo a vedere nell'incontro.
Siamo persone di fede, crediamo nella Parola, frequentiamo i sacramenti, allora come mai non riusciamo a coglier ciò che di veramente importante ognuno di noi ha in se stesso.
Solo quando a sera, stanche dopo le fatiche di un giorno in cui il lavoro, la casa, i figli, anche il volontariato non ci hanno fatto rivolgere lo sguardo in alto, allora nella preghiera ringraziamo il Signore per tutto ciò che in quel giorno ci ha dato specialmente per le persone incontrate che ci hanno testimoniato la loro fede.
Come i discepoli, che hanno capito ciò che il Cristo voleva dire dopo la sua morte e risurrezione, anche noi solo a fine giornata dedichiamo un po' di tempo alla nostra parte cristiana e religiosa.

Per la riflessione di coppia e di famiglia
- Che cosa è per noi il tempio? Ci sentiamo pietre vive di esso? Cosa facciamo per diventarle?
- Dopo la celebrazione della Messa condivisa, siamo capaci di sentirci ancora "tempio di Dio" quando arriviamo sul sagrato della nostra Chiesa?
- Essere tempio di Dio cosa comporta per la nostra vita?
- Ci sentiamo grandi perché battezzati?

Gianna e Aldo - CPM Genova

 

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