TESTO Commento su Lc 17, 15-19
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Mercoledì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (12/11/2014)
Vangelo: Lc 17,11-19
«Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: "Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a render gloria a Dio, all'infuori si questo straniero?". E gli disse: "Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!"».
Lc 17, 15-19
Come vivere questa Parola?
Dieci lebbrosi sono venuti a implorare da Gesù la guarigione. E li esaudisce. Solo al Samaritano però che torna indietro a ringraziarlo Gesù dice chiaramente: «La tua fede ti ha salvato!». Come mai Egli rivolge queste parole sorprendenti soltanto ad uno dei dieci? Perché anche Gesù aspetta qualcosa da parte loro. Il miracolo presuppone sempre un legame personale con lui. Egli guarisce, ma perché gli si venga a dire una parola di ringraziamento che instauri un rapporto personale con lui. E se guarisce a distanza, è perché i dieci lebbrosi si ricordino di ritornare sui loro passi, per la gioia di attenderli e di stabilire con loro una relazione, e non perché scompaiano definitivamente nell'anonimato! Solamente allora il miracolo si compie veramente in tutta la sua pienezza. La salute allora viene data integralmente, sia al corpo, sia allo spirito. Gli altri nove non sono che dei miracolati imperfetti, solo a metà. La loro guarigione è rimasta solo esteriore e sterile, quasi come se non fosse avvenuta, perché il loro cuore non è stato guarito, non si è aperto alla riconoscenza per Gesù e all'azione della sua Grazia.
Il rendimento di grazie chiude, in un certo senso, il circuito di relazione con Dio, stringe il legame con lui ed è questa la cosa più importante. Ricevere un beneficio diventa a questo punto secondario, perché è fondamentale entrare in relazione col Donatore. Dio vuole che noi sentiamo il suo amore, vuole che lo riconosciamo, perché non si limita a darci solo dei benefici materiali, ma vuol darci se stesso. Ringraziando, cioè riconoscendo i suoi doni, noi entriamo in relazione con lui, completiamo quel rapporto che egli ha iniziato per primo con noi e che non può essere perfetto senza la collaborazione della nostra "riconoscenza" del suo dono.
Per questo è fondamentale l'azione di grazie, perché è riconoscere che Dio ci ama e questo c'impedisce di godere egoisticamente dei suoi benefici, ripiegandoci nel nostro egoismo, come è avvenuto purtroppo negli altri nove lebbrosi risanati, ma spariti nel nulla.
La voce della liturgia
«È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, lodarti e ringraziarti sempre per i tuoi benefici, Dio Onnipotente ed eterno. Tu non hai bisogno della nostra lode, ma per un dono del tuo amore ci chiami a renderti grazie; i nostri inni di benedizione non accrescono la tua grandezza, ma ci ottengono la grazia che ci salva»
Prefazio comune IV
Don Ferdinando Bergamelli SDB - f.bergamelli@tiscali.it