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TESTO Che grande il Cuore del Padre

mons. Antonio Riboldi

XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (12/09/2004)

Vangelo: Lc 15,1-32 (forma breve: Lc 15,1-10) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Forma breve (Lc 15, 1-10):

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

Tutto il Vangelo è davvero un raccontare le meraviglie di Dio, la sua tenerezza paterna, la cura che Lui ha di noi, fino a "sapere quanti sono i capelli del nostro capo", al punto, che "nessuno dei nostri capelli cade senza che Lui lo sappia"!

Il suo amore non si ferma neppure davanti alla nostra indifferenza o addirittura alle nostre offese che, a volte, rivolgiamo con una leggerezza che è sconcertante...come se offendere sia un modo di esprimere la nostra libertà, anche contro chi ci ha fatto questo dono, non certamente per dirGli di no.

Un esempio di tutto questo ci viene dal colloquio che Dio ha con Mosè. "Và, gli dice, scendi, perché il tuo popolo, che tu hai fatto uscire dal paese d'Egitto si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che avevo loro indicata! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: Ecco il tuo Dio Israele: colui che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto!" (Es. 32,7-11).

Facciamo presto noi uomini a sbattere la porta in faccia a chi ci ama, preferendo altri "padri", altre "case", che non daranno mai e poi mai quella gioia che è un dono che solo Dio sa dare a chi Lo ama.

Abbiamo sotto gli occhi ogni giorno visioni di crudeltà abissale, che sono la fotografia dell'uomo che ha scelto di abbandonare il Padre. Quello che trova nel mondo è ciò che satana sa offrire: odio, violenza, crudeltà, solitudine, insoddisfazioni, fino alla nausea della vita.

E' proprio vero che ognuno dà quello che ha: Dio l'amore e la gioia, il mondo o satana quello che ha, l'odio ed il malessere.

E' commovente e stupendo vedere come il Padre non si faccia prendere la mano, come facciamo noi, dalla vendetta o dal castigo, ma la sua gioia è di riuscire a riportarci a casa, con la misericordia che è davvero la dolce follia di chi sa che amare veramente ha come natura la fedeltà ad ogni costo, anche se la crudeltà arriva a crocifiggere il Figlio.

Tutto questo gioiello del cuore di Dio, lo racconta la parabola del "figlio prodigo" che oggi la Chiesa ci dona da riflettere e ancora meglio da contemplare e vivere.

"Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al Padre: dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra di loro le sostanze...il giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci, ma nessuno gliene dava" (Lc. 15,1-32).

E' la terribile storia di tanti, ma tanti, di ogni tempo, che hanno creduto alle "offerte di festa" del mondo e si sono trovati alla fine a sentirsi disperati. Penso a quelle famiglie da cui i figli se ne sono andati, lasciando alle spalle la sicurezza dei genitori per mettersi nelle mani di amici, che tali non sono. Conosco il dolore senza confine di tante mamme che hanno vissuto pregando, piangendo, desiderando il ritorno dei figli. E tante volte questi figli se li sono visti portare a casa in una bara! O hanno dovuto incontrarli in comunità per tossicodipendenti: o dati alla malavita, finiti bruciati dalla vendetta e uccisi.

E' immenso il mare delle lacrime di tante famiglie, oggi, nel vedere i propri figli ripetere la storia del figlio prodigo.

Sono mamme, papà, amici, che, come nella parabola del figlio prodigo, son idealmente sempre sulla porta in attesa miracolosa del ritorno del figlio o della figlia. E vivono di lacrime e speranza e preghiere.

Ci saremmo aspettati che "il padre" della parabola, chiudesse le porte di casa per sempre a chi aveva chiesto di andarsene, senza badare alla grave offesa ed al grande dolore.

Ma il Padre, forse a differenza di noi, la porta la lascia spalancata e lui sta in attesa sulla porta a dispetto del tempo. Ed è davvero commovente sapere, con certezza, che Dio non si fa intimorire dai nostri rifiuti, ma ama, attende, ha le braccia aperte, lasciando a noi il dono della conversione.

Ed è quello che è avvenuto nel figlio. "Allora il figlio "rientrò in se stesso", e disse: "Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre ho peccato contro il cielo e contro di te: non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò versoi suo padre".

Mi ricorda un incontro con tanti giovani che mi invitarono ad un recital, dove espressero la meravigliosa "rabbia" dei giovani, che trovano la forza di "rientrare in se stessi". Chiesi loro perché mi avevano invitato e perché era così importante che io ci fossi. La risposta me la porto in cuore, come l'invito ad una missione verso un mondo, quello dei giovani. "Abbiamo bisogno di un padre ossia di chi veramente ci mostri il volto dell'amore, che non vediamo più da alcuna parte, a cominciare dalle nostre famiglie". "Voi che state sempre insieme non vi amate?" La risposta è stata: "Noi, come dice uno scrittore, ci incontriamo senza conoscerci; stiamo insieme senza amarci e ci lasciamo senza rimpiangerci".

Per tanti, quando si trovano nei panni del figlio prodigo, con la morte nel cuore, torna a volte difficile rifarsi una vita. Bisognerebbe conoscessero "il dono dello Spirito", che sa riportare luce, ed è in quelle stupende poche parole: "rientrò in se stesso e disse, tornerò da mio padre". Difficile, forse, ma meraviglioso dono quello di abbandonarsi alla fiducia nella misericordia: ossia, riconoscere che non siamo felici lontani da Dio, se non addirittura contro Dio, e avere fiducia che Qualcuno ci attende a braccia aperte e mai con il dito di accusa teso, come facciamo noi. "Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro di te: non sono più degno di essere chiamato tuo figlio". Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".

Non abbiamo parole noi, poveri uomini, che non conosciamo la bellezza della misericordia e sentiamo tanto bisogno che qualcuno ci getti le braccia al collo, davanti al racconto di Gesù. Come si fa a non essere commossi leggendo parole che escono come un fiume di amore, direttamente dalla bocca di Gesù.

Abituati forse a conoscere la legge del "chi sbaglia, paghi" o "la vendetta è un onore", rimaniamo senza parole, davanti a Dio che non si allontana dalla porta di casa, ma attende con fiducia il ritorno del figlio e si commuove nel vederlo, fino a corrergli incontro e gettargli le braccia. Viene da piangere dalla commozione, è veramente immenso l'amore del Padre! Viene da dirGli un grazie senza fine, anche quando ci sporchiamo da capo a piedi delle nostre debolezze. Sappiamo che Lui ci aspetta sempre, pronto a rivestirci di abiti puliti e nuovi.

Con Madre Teresa di Calcutta voglio così pregare per l'amore fedele di Dio.

"Io credo nel tuo amore, o mio Dio. Guardando la croce fa' che possa vedere il Cristo che inclina la testa come per darmi un bacio. Vedere il suo cuore aperto per offrirmi un rifugio.

E non avere più paura, perché tu mi ami e vuoi che ci amiamo gli uni gli altri.
Anche se siamo peccatori tu ci ami, il tuo amore è fedele.

Se noi crediamo nel tuo amore, non ci sarà difficile, a nostra volta, riconoscere i poveri anche nella nostra casa. (dalle preghiere di Madre Teresa).

 

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