TESTO Commento su Giovanni 3,13-17
Esaltazione della Santa Croce (14/09/2014)
Vangelo: Gv 3,13-17
«13Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. 14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
Il Verbo, inchiodato sulla croce per amore, ha riunito tutte le genti, di ogni ceto, etnia e cultura, per formare un solo popolo che spera, crede e loda il Signore vincitore del peccato e della morte. Nel suo amore, più forte di qualsiasi barriera temporale, il credente trova la forza per lottare contro le avversità, contro quelle tentazioni che estraniano il credente dalla realtà donataci da Cristo: la vita eterna e la consolazione già su questa terra.
Ecco allora il senso della festa odierna. Esaltare la croce del Signore non significa elogiare il Dio del dolore, dell'indolenza nei confronti delle passioni umane; quanto piuttosto, riconoscere che il Dio rivelato il Venerdì Santo è il misericordioso, il prossimo alle nostre vicende. Talmente vicino a noi da darci "il Figlio unigenito, perché chiunque creda in lui abbia la vita eterna" (Gv 3,16). E il Verbo ha modificato la realtà dell'esistenza, indirizzando ogni pena, ogni affanno, sulla via della croce. Per cui, adesso, ogni croce sparsa per il mondo, ogni ingiustizia invocata da chiunque, non è inesaudita, ma accolta e trasformata dall'amore di Dio, dalla presenza dolce e silenziosa del Crocifisso-Risorto. A riguardo, alcuni affermano che le sofferenze fisiche e spirituali sono date da Dio per la nostra purificazione, cioè non si è ancora degni di fissare il Suo volto ed è necessaria la via del dolore e del patire. Ma non è questo il senso della croce. Innanzitutto, nel vangelo Gesù guarisce le ansie, le malattie, fa ritornare in vita i fanciulli, consola i disperati. In seguito, sulla croce Cristo Gesù si sacrifica per noi, muore per donarci la vita, quella eterna, non una prospettiva di dolore: "Dio ha mandato il Figlio non per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui" (v.17). Accogliere e trasformare, quindi, esprime che Dio per mezzo del Figlio dona a tutti la possibilità di una vita nuova che non termina con la morte, che non si dispera di fronte alla malattia, che non ha paura di confrontarsi con i "grandi" del mondo per chiedere la giustizia; ma che si rinfranca in ogni istante nell'incontro con Lui, la nostra vera pace.
Il Crocifisso-Risorto chiede la nostra disponibilità ad imitare la Sua obbedienza al Padre (Fil 2,8), vale a dire, amare i nostri fratelli, sacrificarsi per loro, per divenire discepoli di speranza e carità. L'obbedienza implica l'ascolto dei bisogni dei fratelli; ciò è possibile solo se siamo disponibili ad imitare il sacrificio di Cristo Signore, la Sua capacità di abbassarsi fino a toccare e guarire la nostra miseria. E noi, come cristiani, chiamati per vocazione ad essere santi, perché purificati dal sangue dell'innocente, siamo in grado di spogliarci della sete di carriera, di egoismo, per rivestirci di umiltà e aiutare chi ha bisogno di verità, con sincerità? Amen.