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TESTO Commento su Is 65,13-19|Ef 5,6-14|Luca 9,7-11

don Michele Cerutti

I domenica dopo il martirio di S. Giovanni il Precursore (Anno A) (31/08/2014)

Vangelo: Is 65,13-19|Ef 5,6-14|Lc 9,7-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,7-11

7Il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», 8altri: «È apparso Elia», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». 9Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.

10Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. 11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

Paolo ci invita a essere saldi e ancorati al messaggio cristiano. C'è la preoccupazione che le Comunità cristiane si disperdano dietro a falsi predicatori a coloro che dopo la morte di Gesù iniziano a diffondere eresie. D'altra parte nelle prime comunità vi era un fermento dovuto a provenienze diverse nel cristianesimo.

Nei primi secoli la Chiesa ha dovuto ridefinire la dottrina per dare le certezze della nostra fede.

C'è un richiamo anche a noi oggi nel nostro contesto dove i messaggi che ci vengono lanciati sono in dissintonia totale con il Vangelo. Domenica scorsa la liturgia ci invitava a scorgere con attenzione la testimonianza di fede. Il primo libro dei Maccabei ci parlava di quella testimonianza degli Ebrei spesa fino al sangue per essere fedeli al Dio delle promesse. Lo sguardo al mondo cristiano e alla difficoltà in alcuni paesi di dirsi tali ci deve aver spronato a essere orgogliosi di appartenere a questa fede donataci gratuitamente dal Signore e di conseguenza più fervorosi.

L'invito di Paolo è rivolto ancora una volta a tutti anche noi che non siamo chiamati probabilmente a un martirio cruento, ma chiamati a testimoniare nel quotidiano l'essere uomini e donne che si professano cristiani. L'invito è a uscire dal nostro torpore da quel cristianesimo di pasticceria che ci rende però sempre distanti da un vero impegno per essere autenticamente discepoli di Cristo. Su valori imprescindibili siamo chiamati a dare la nostra testimonianza autentica in tutti gli ambienti anche se il vento tira controcorrente non possiamo cedere. Non dobbiamo aver paura Paolo stesso ci dice siamo figli della Luce e non delle tenebre e allora la paura non può e non deve sorprenderci. Essere figli della Luce ci permette di camminare senza incespicare nelle tenebre che ci circondano. La testimonianza di famiglie in Francia, che nel luglio 2013 sono state arrestate perché indossavano magliette con messaggi riguardante la famiglia cristiana proprio nei giorni in cui in quel paese si discuteva sulle convivenze etero e omosessuali, ci dice che il coraggio è necessario.

Siamo creati per un progetto di gioia come ci dice bene Isaia. Il Signore anche in mezzo alle difficoltà ci dà la mano per rialzarci per proseguire il cammino. Isaia in questi versetti indica il progetto di Dio per il popolo che dopo l'esilio babilonese rientra nella Terra Promessa. Il Dio Padri sogna ancora e continua a riscommettere su questo popolo che nella storia non è stato sempre fedele.

Succede così anche nella nostra vita. Quando pensiamo che non ci siano più strade da percorrere Lui ci offre la soluzione e apre a noi il cammino. Quando il cuore è indurito la fine che si corre è quella di Erode.

Vuol vedere Gesù perché in ogni uomo c'è la richiesta di verità, ma il cuore indurito impedisce di vederlo. Erode vuole cercarlo da solo, non si fa aiutare in questo pensa che sia sufficiente il suo potere, i suoi soldi per attirare Gesù. Non cammina con altri alla ricerca della verità. Le folle di contro fanno unità per cercare il Maestro e Lui di fronte alla preghiera insistente della moltitudine si avvicina a loro per parlare, guarire.

L'uomo che vive nelle tenebre non comprende la necessità di camminare insieme d'altri. L'uomo che comprende di essere figlio della Luce cerca con altri di proseguire il cammino. La nostra fede è una realtà che va condivisa è donata proprio per questo fine. Gesù insiste molto su questo aspetto. "Quando due o tre sono riuniti nel mio nome io sarò con loro".

Sproniamoci in questo oggi che rischiamo di vivere troppo la dimensione intima della fede. "E' un qualcosa di mio" è una espressione che se ci accorgiamo è molto diffusa. Allora tutto si vive in questa dimensione anche la vita sacramentaria. Penso alle realtà dei battesimi o dei matrimoni il ricercare la chiesetta particolare per invitare i miei amici e parenti. Penso a coloro che frequentano la Messa solo quella dove c'è poca gente per trovare una semplice intimità. Allora la preghiera si rivolge alle esigenze del proprio mondo e non alle esigenze dell'umanità.

La fede è contrario. La fede va alimentata in un contesto comunitario. La fede diventa matura perché si confronta con fratelli non perfetti, ma come me cadono e hanno la forza di rialzarsi. Chiediamo di crescere in questa dimensione di fede.

 

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