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TESTO Commento su 1Mac 10,41-2,29-38|Marco 12,13-17

don Michele Cerutti

Domenica che precede il martirio di S. Giovanni il Precursore (Anno A) (24/08/2014)

Vangelo: 1Mac 10,41-2,29-38|Mc 12,13-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 12,13-17

13Mandarono da lui alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. 14Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?». 15Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». 16Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». 17Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E rimasero ammirati di lui.

Il Vicino Oriente inizia ad essere interessato al fenomeno di contatto con le altre culture. Roma inizia le su conquiste e non risparmia la Palestina. Antioco Epifane, che si fa' chiamare "Dio manifesto", ma che i suoi sudditi soprannominano subito "pazzo", messo dai Romani, introduce il culto alla divinità pagane e obbliga tutti i sudditi alla venerazione. Questo porta malumore. Il popolo ebraico vuole mantenersi fedele al Dio dei Padri e questo porta inevitabilmente al martirio. Il Libro dei Maccabei ci narra le testimonianze di Ebrei che fino all'effusione del sangue non cedono alle richieste di Roma. Un esempio per noi cristiani chiamati a vivere la fede oggi nella società in cui viviamo.

Anche oggi vivere la fede in tante parti del mondo è difficile. Penso a tanti esempi e tutti ne abbiamo sentito letto di difficoltà a essere cristiani. Molti dei nuovi martiri del XXI secolo vengono dall'Africa. I cristiani soffrono, tuttavia, anche nei paesi musulmani (Pakistan, India, Iraq) in cui sono minoranza, soprattutto dove un Islam dal volto aggressivo pretende di rappresentare la vera fede musulmana. In queste aree, i cristiani, non assumono atteggiamenti di lotta, sfuggendo alla logica di guerra e di terrore che le centrali terroristiche vogliono realizzare. Il rischio è quello di invocare una sorta di riscossa o di vendetta cristiana. Infatti, oltre al martire bisogna guardare al persecutore, non per una sorta di semplice buonismo, ma per comprendere che dietro quella carica anticristiana e antiumana in una prospettiva di atteggiamento intelligente aperta al perdono. Infatti, bisogna sapere che la violenza contro i cristiani non è sempre motivata in senso ideologico, non sempre è esplicitamente anticristiana. Eppure si percepisce da parte dei persecutori che la presenza e la vita dei cristiani rappresentano un resistenza profonda alle ragioni materiali del vivere, al dominio di pochi sull'esistenza di molti, all'imbarbarimento della convivenza.

Benedetto XVI ci insegna che il martirio è la rivelazione del volto vero del cristianesimo: la forza nella debolezza. "Apparentemente sembra che la violenza, i totalitarismi, la persecuzione, la brutalità cieca si rivelino più forti, mettendo a tacere la voce dei testimoni della fede, che possono umanamente apparire come gli sconfitti della storia. Ma Gesù risorto illumina la loro testimonianza e comprendiamo così il senso del martirio. Nella sconfitta e nell'umiliazione di quanti soffrono a causa del Vangelo, agisce una forza che il mondo non conosce. Quando i cristiani sono veramente lievito, luce e sale della terra, diventano anche loro, come avvenne per Gesù, oggetto di persecuzione; come lui sono segno di contraddizione".

E noi di fronte a questo scenario come ci comportiamo. La nostra fede è ancora tiepida fatta di sconcerto se ci cambiano gli orari delle messe e il luogo solo per assolvere con un bollino il nostro precetto? La fede di chi vuole sentire dire il nome del defunto nella celebrazione eucaristica pensando così che la Messa è quella propria e non della Comunità? La fede è vissuta in maniera responsabile nel contesto sociale in cui viviamo?

Gesù ci offre una indicazione preziosa nel brano del Vangelo. Entriamoci con gradi diversi per trarre insegnamenti utili per la nostra vita. Gesù è assediato da nemici che vedono in Lui un soggetto pericoloso. I Farisei, osservanti meticolosi della Legge, erodiani, difensori di Roma, lo accerchiano con domande per trovare un fallo.

La domanda di oggi ha un carattere politico. Sappiamo che i farisei si attaccheranno su una possibile disobbedienza a Roma di Gesù, che a loro dire si proclama Re, per farlo uccidere. Oggi gli chiedono i suoi avversari: "E' giusto pagare le tasse a Roma?".

A domanda diretta Gesù utilizza l'immagine di una moneta per mostrare che è giusto dare a Cesare quel che è di Cesare. Sulla moneta è rappresentato Cesare. Occorre dare a Dio quel che è di Dio. Cesare a sua volta creato anche Lui a immagine e somiglianza di Dio porta impresso il volto di Dio come ogni uomo. Quindi il potere politico risponde a Dio, principio e fine di ogni cosa.

Marco scrive il Vangelo nel 70 d.c. quando tra i cristiani serpeggiava l'idea che non era giusto pagare le tasse a Nerone. Ricordando questo evento Marco ci dice che il cristiano ha un dovere di osservare le leggi umane imposte dagli Stati per quanto riguarda il pagamento delle tasse. Un chiaro impegno per tutti anche per i cristiani di oggi. Ricordiamolo non pagare le tasse è colpa grave.

L'ammonimento di Gesù è al cristiano perché viva non in maniera disincarnata nel mondo, ma giocandosi nel contesto sociale in cui vive tenendo conto che agisce come cristiano e quindi discepolo di Gesù. Nell'impegno politico il cristiano ha responsabilità importanti affermare quei valori a cui non si può fare a meno, chiamati a vivere con una testimonianza che può andare anche controvento, ma ben radicata per non sbandare.

Nella storia modelli di politici cristiani non mancano. Nel XX secolo un Re si è contraddistinto per la serietà del suo impegno di cristiano a servizio della nazione ed è stato il Sovrano Baldovino di Belgio.

"Era il 4 aprile del 1990. In Italia c'era fermento per i Mondiali quando le Camere del Belgio approvarono un disegno di legge che depenalizzava l'aborto entro le prime dodici settimane di gravidanza. Il popolo belga aveva detto sì attraverso i suoi rappresentanti, ma c'era un problema: il re.

La legge, per concludere il suo iter, aveva bisogno della sua firma di ratifica, ma la sua mano proprio non ce la faceva a firmare. Qualcosa, in lui, diceva di no a quella prassi che aveva tutti i crismi della correttezza istituzionale: democratica, moderna, evoluta. Si rischiò la crisi istituzionale. Alla fine dovette cedere, ma con uno di quegli stratagemmi che ti fanno amare gli stratagemmi. Cedette l'uomo di stato, non l'uomo. Re Baldovino abdicò per due giorni, smise di essere re per permettere l'iter legislativo in sua "assenza". Non fermò la legge sull'aborto, ma neppure la firmò.Ci insegnò una cosa grande, di fronte ai nuovi miti della modernità, del "ce lo chiede l'Europa", del "non si può fermare la storia". Ci insegnò che esiste una coscienza, nell'ultimo suddito come nel suo re. «So che agendo così - scrisse al Capo del Governo Wilfried Martens - non scelgo una strada facile e che rischio di non essere capito da un buon numero di concittadini. Ma è la sola via che in coscienza posso percorrere».

Chiediamo ancora politici coraggiosi che sanno dimostrare agli uomini di tempo scelte controcorrente sullo stile del Vangelo.

 

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