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TESTO Io non voglio sacrifici ma gioia

Marco Pedron   Marco Pedron

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (24/08/2014)

Vangelo: Mt 13,44-52 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

47Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.

51Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». 52Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

Forma breve (Mt 13,44-46):

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

Lunedì - C'è qualcuno che non vive come tutti

Nel vangelo di oggi Gesù, come domenica scorsa, continua a parlare del regno dei cieli.

Il regno dei cieli non è il regno dell'aldilà ma è un regno dell'aldiqua, un'alternativa alla società. Tutti vivono in un modo. Ma chi vive come Gesù, vive in un modo diverso da tutti dove i valori dell'amore, della condivisione, della misericordia, del perdono sono alla base di questo regno.

In un paese ci sono due fratelli: uno dei due, il maggiore, accordandosi col padre e facendo una finta compravendita, ha ereditato tutto il capitale e i possedimenti paterni lasciando all'altro fratello nulla, se non il minimo che la legge prescrive. Nel frattempo il padre è morto e adesso dopo vent'anni il fratello maggiore, che vive da solo, è ammalato. Il fratello minore, truffato a suo tempo da lui, si è preso spontaneamente l'incarico di prendersene cura e di curarlo. Gli amici gli dicono: "Ma perché lo fai? Con tutto quello che ti ha fatto?". "E' vero, ma è mio fratello. Se lui ha fatto così con me io non farò così con lui". E gli amici rincarano la dose: "Ma tu sei matto! Nessuno farebbe come te!". "Lo so, dice lui: tutti vivono in un modo, ma questo non è l'unico modo di vivere. E per il fatto che lo facciano tutti non vuol dire che sia l'unico modo di vivere". E lo fa pieno di gioia!
Tutti fanno in un modo... ma alcuni vivono diversamente.

Il regno di Dio è questo: tutti vivono in un modo dove l'altro è da combattere, da eliminare, da fargliela pagare; tutti vivono nella diffidenza, nel nervosismo, nell'odio, nel sacrificio... ma alcuni vivono in un modo diverso. Il regno di Dio è un modo alternativo di vivere (per questo sarà sempre controcorrente e in contrasto con la struttura e con come tutti vivono).

C'è qualcuno che vive non combattendo ma accogliendo; c'è qualcuno che vive non nel dovere ma nel piacere. E chi vive così ha una cosa che nessuno può darti, se non, appunto, che vivere così: la gioia.

Martedì - Dio non vuole sacrifici

La religione del tempo era basata sul sacrificio, sull'impegnarsi, sul dovere: più ti impegnavi, ti sacrificavi, rinunciavi a ciò che ti è caro e ti astenevi ai piaceri della vita e più eri gradito a Dio. Ma che Dio è quello che vuole il sacrificio dell'uomo?

Nel vangelo, però, Gesù non dice mai questo. Anzi, l'esatto contrario! Dio non vuole sacrifici, imposizioni, rinunce: non gli dobbiamo niente. Il suo amore è già garantito e la sua pienezza di vita è già raggiunta. E allora perché seguirlo? Perché pregare? Perché venire alla domenica a messa? Perché vivere in un certo modo? Semplicemente per la gioia: perché ti fa felice! Perché ti aiuta; perché ti nutre!

Nel vangelo di Mt troviamo solamente due volte la parola sacrificio, ed è entrambe per rinnegarlo. Gesù rifacendosi all'espressione del profeta Osea non richiede sacrifici ma misericordia.

1. In Mt 9,10-13 si dice: "Mentre Gesù sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: "Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori". Cosa accade: Gesù porta un messaggio di accoglienza e di amore a questi lontani e "i giusti" dicono: "Eh, no, non è giusto! Questi sono peccatori, questi devono convertirsi, questi devono espiare i loro peccati, questi devono digiunare, faticare... E' troppo facile, allora!... E allora tutti si comportano così!".

I giusti (quelli che vogliono il sacrificio) vedono se stessi: "Noi fatichiamo per essere accolti da Dio e questi invece tu li accogli senza nessuna fatica". I buoni, invece vedono gli altri: sono felici perché questi arrivano da Gesù. Un uomo che non è felice della tua felicità è un uomo che non ti ama.

2. In Mt 12,1-8 si dice: "In quel tempo Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. Vedendo ciò, i farisei gli dissero: "Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato". Ma egli rispose loro: "Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell'offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrifici, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell'uomo è signore del sabato"". Cosa succede? E' sabato; i discepoli hanno fame e mangiano delle spighe. Allora i farisei si richiamano alla legge: "Di sabato non si può!". "Ma non fanno nulla di male!". "Ma non si può, lo dice la regola!". Allora Gesù risponde: "Uno, vi ricordo, che perfino Davide lo fece; due, il vostro cuore è senza amore, pieno solo di rabbia, odio e rancore".

Il regno di Dio non è mai sacrificio perché nel sacrificio una parte di te (quella che si sacrifica) si mette contro un'altra parte di te (quella che non vuole e che sente appunto il fare così come un sacrificio).

Mercoledì - Dove c'è la gioia vera, lì Lui c'è

E se Gesù mai parla di sacrifici o di sacrificarsi per il regno, continuamente invece parla di gioia. Il termine "gioia" nel vangelo di Mt lo troviamo sei volte (Mt 2,10; 13,20; 13,44; 25,21.23; 28,8).

Si è insistito troppo sulla necessità di preghiere e riti: Dio è un incontro. Dio non è affatto difficile da seguire, non è affatto impegnativo, non è affatto un sacrificio seguirlo: perché ti riempie il cuore, la vita, ti inebria, ti fa innamorare, ti dà ciò che nessun altro ti può dare. Lui è passione. Perché gli apostoli lo seguivano? Perché lui era come l'aria; Lui era la vita; Lui era tutto.

Una bambola di sale cercava il mare perché, le avevano detto, avrebbe potuto finalmente sciogliersi e lasciarsi andare. Un giorno arrivò al mare e gli disse: "Chi sei?". "Sono il mare! Entra e mi conoscerai!". E lei ci entrò. Si sciolse e fu felice di sciogliersi nel mare perché adesso lo conosceva, perché aveva trovato ciò che cercava da tutta la vita.
Nel regno di Dio ci sono solo scelte e gioia.

Uno dei tanti intervistatori che andavano da Madre Teresa a Calcutta un giorno le chiese: "Ma perché lo fa?" (e si riferiva al prendersi cura dei lebbrosi e all'accompagnare alla morte i malati terminali). E lei: "Perché mi dà gioia".

Ciò che si fa con gioia, anche se impegnativo, non pesa! Non a caso la parola amore (charis) viene dal greco gioia (charà): se non c'è gioia non c'è amore!

Giovedì - Perché lo fai?

"Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo (Mt 13,44)".

Pieno di gioia=per la gioia (lett.). Ecco qua: ciò che l'uomo fa è perché ha capito che solamente questo gli dà gioia. Quindi ciò che fa non è frutto di chissà quali sforzi o rinunce ma per la gioia. Il rischio che prende e il "vendere" (=lasciare) tutto è motivato dalla gioia.

Quindi ciò che fa non consiste nel lasciare qualcosa ma nel trovare il tutto. Qui non si parla di una ricompensa esterna ma di una dimensione interiore. Per cui il lasciare, il cambiare vita, l'essere controcorrente o diversi, sì, certo, è difficile, ma lo accetti perché ciò che trovi ti dà una gioia impagabile.

La madre di un nostro animatore ha chiesto al figlio: "Ma perché lo fai? Perché ti prendi le ferie per andare ad animare i ragazzi? Non sarebbe meglio che andessi in ferie a riposarti al mare o in montagna? Torni a casa distrutto: che senso ha? Mi chiedo perché lo fai". E lui: "Perché mi fa felice, mamma".

Una delle più belle riposte che ho mai sentito è stata quando ad un incontro un ragazzo ha chiesto ad un prete: "Perché lei è prete?" (chissà quali risposte si aspettava!). E lui, con un sorriso immenso e una semplicità disarmante: "Perché mi fa felice!".

Anche gli apostoli avevano lasciato tutto ma questo non li aveva fatti felici. E' per questo che avevano rivendicazioni e pretese: "Allora Pietro gli rispose: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?"" (Mt 19,27). La gioia non è il motivo per cui gli apostoli fanno le cose. Loro si aspettano ricompense, posti di privilegio, posizioni chiavi nel "regno". E quando le cose non le fai con gioia diventano pesanti, diventano dei sacrifici e insopportabili.

La gioia è la caratteristica del credente. Ma se uno venisse qui nelle nostre chiese che tipo di persone vedrebbe? Vedrebbe la gioia nei loro volti? Vedrebbe delle celebrazioni piene di gioia, di festa, di un amore toccabile, palpabile, sensibile? Spesso noi Chiesa ci lamentiamo che le nostre chiese sono vuote: d'accordo, ma perché le persone dovrebbero venirci? Si va e si sta solo dove c'è la Vita e la Gioia.

Nel diario di un curato di campagna, Georges Bernanos dice: "Te lo dico io chi è il contrario di un popolo cristiano: il contrario di un popolo cristiano è un popolo triste".

Nietzsche: "Cristiani, mostratemi la vostra gioia e io vi crederò".

Venerdì - Cosa cerchi? E... dove cerchi?

"Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra (Mt 13,45-46)".

Questa parabola è simile alla prima. C'è un mercante che va in cerca di perle preziose: è uno che s'intende di affari. Trovata la perla di grande valore capisce l'importanza di questa e tutto il resto perde di valore.

Il lasciare tutto, il cambiare vita, l'essere diversi, che quelli dal di fuori considerano "essere pazzi", in realtà sono ben motivati: l'uomo ha trovato la cosa più importante della sua vita. L'uomo ha trovato una cosa per quale dare la vita.

Anche San Paolo lo dice: "Quello che poteva essere per me un guadagno, l'ho considerato una perdita a motivo di Cristo. Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo (Fil 3,7-8)".

Quando hai trovato questa "perla" il resto è niente! E' questa "perla" che ti rende felice!

Il gruppo musicale The Sun ha avuto un cambiamento radicale: avuta la fama, il successo e la gloria, ha poi cambiato vita avvicinandosi al vangelo e a Gesù. Questo perché pur avendo tutto erano infelici e avevano preso "deviazioni" molto pericolose. Un ragazzo, durante una loro testimonianza, ha chiesto a loro: "Ma cosa vi ha spinto a rinunciare a tutto quello che avevate per cambiare vita?". E uno di loro: "E' proprio questo il punto: tutto quello che avevamo era niente! Oggi forse non abbiamo la gloria di ieri (se verrà l'accoglieremo) ma oggi abbiamo una cosa che ieri non avevamo: la felicità".

"Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita?" (Mt 16,26). E' la grande domanda che bisogna porsi: "Sei felice?". Perché si può avere niente o tutto ma essere infelici. E vale la pena vivere così? Vuoi vivere così?

Gli orientali dicono: "Vivi solo quando hai trovato un tesoro per il quale saresti disposto a morire".

A Madre Teresa, il suo padre spirituale un giorno disse: "Ma che ci stai a fare qui (insegnava alle ragazze bene della città), tu hai un cuore grande; se stai qui tradisci ciò che sei. Segui ciò che sei!". E così lasciò il collegio e se ne andò per le strade di Calcutta. Ovvio che fu felice: era fatta per quello.

Quando gli Olandesi giunsero in Sud Africa trovarono che gli indigeni giocavano con dei sassetti che splendevano. Erano diamanti, ma per loro erano semplicemente dei sassi. Così scambiarono birra per diamanti. Il tesoro è lì vicino a te, ma se tu cerchi altro non lo troverai mai.

La vera domanda è: Cosa cerchi? E dove cerchi? Perché se cerchi fuori di te non troverai!

Rabbi Ezechia, di Cracovia, figlio di Jekel, dopo tanti anni di profonda miseria ricevette in sogno l'ordine di andare a Praga per cercare un tesoro sotto il ponte che conduce al palazzo reale. Ezechia si mise in cammino e raggiunse il luogo. Ma il luogo era supersorvegliato dalle guardie. Tuttavia ritornava tutti i giorni al ponte per vedere se vi era qualche possibilità. Vedendolo tutti i giorni, il capo delle guardie gli chiese se avesse perso qualcosa o se aspettasse qualcuno. Allora Ezechia gli raccontò il sogno. Il capo delle guardie scoppiò a ridere: "E tu poveraccio, per dar retta ad un sogno sei venuto fin qui a piedi? Ah, ah, ah! Stai fresco a fidarti dei sogni! Cosa dovrei dire io, allora, che ho sognato di dover andare fino a Cracovia da un certo Ezechia, figlio di Jekel, per cercare un tesoro sotto la stufa", e rise nuovamente. Ezechia lo salutò, tornò a casa sua e cercò sotto la stufa. In effetti, lì c'era un tesoro.

Sabato - Ogni albero non dà che i suoi frutti

"Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi" (Mt 13,47-48).

La terza parabola parla del risultato di questa scelta. Chi vive così, "alla Gesù", è davvero vivo.

"Di pesci"= l'evangelista non dice "di pesci"; è un'aggiunta del traduttore. Perché non scrive "di pesci", anche se è chiaro che si riferisce ai pesci? Perché si rifà alla missione dei discepoli di essere "pescatori degli uomini". Gesù li chiama infatti a pescare uomini e non pesci!

Pescare un pesce significa tirarlo fuori dal suo habitat naturale. Il pesce ha la vita nell'acqua e tirarlo fuori significa farlo morire. Pescare un uomo, invece, significa tirarlo fuori da quello che può dargli la morte per dargli al vita.

"Cattivi"=Mt non usa cattivi, che può indicare un giudizio, un significato morale, ma "marci": i pescatori non fanno un giudizio morale sui pesci, ma ovviamente tengono quelli che sono vivi e buttano via quelli che sono morti, in stato avanzato di putrefazione.

E' la stessa espressione che Gesù ha utilizzato per l'albero "marcio" che non può che produrre frutti cattivi. "Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni" (Mt 7,16-18).

Quindi non è un giudizio ma una constatazione tra chi è pieno di vita e chi è già morto. Il messaggio di Gesù ti fa vivere. Ma se tu sei morto non rimane che vivere da morti.

Domenica - Avremo solo e nient'altro ciò che sceglieremo

"Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti" (Mt 13,49-50).

Sembra un'immagine tremenda, da far paura, ma in sostanza invece dice: "Ognuno avrà ciò che vorrà". Non è che gli angeli verranno per giudicarci e diranno: "Tu di qua... tu di là". Ma semplicemente constateranno (come la rete): "Tu che sei morto (dentro) non puoi che vivere tra i morti; tu che sei vivo (dentro) non puoi che vivere da vivo e tra i vivi". Se tu vivi da vivo avrai la vita. Se tu vivi da morto, avrai la morte dentro. Nessuna condanna, solo delle conseguenze di ciò che tu vuoi. Tu, non piangere mai; non darti mai la possibilità di commuoverti, di gioire; non leggere, non fare qualche corso, non cambiare mai idee, rimani sempre lo stesso, non metterti mai in gioco; non fare mai qualcosa di nuovo, di diverso, ecc... e avrai, come ovvia conseguenza, ciò che hai seminato. Se semini nulla otterrai nulla. Tutto qui.

Fa sempre discorsi da "osteria", credi al "sentito dire", alle risposte facili; lasciati andare al giudizio (senza mai verificare i fatti); non ascoltare gli altri... e per forza che morirai dentro. Se non nutri la tua anima muori: è inevitabile. Nessuna condanna, solo conseguenze.

Sei esattamente la risultante delle scelte o non scelte di ieri e domani sarai esattamente la risultante delle scelte o non scelte di oggi.

"Fornace ardente" è un termine preso dall'A.T. (Dn 3,6) dov'era la pena per chi non adorava la statua di Nabucodonosor, il falso Dio. Quella che era la pena per chi non adorava il falso Dio diventa qui la fine per chi ha adorato il falso Dio. Se tu insegui il falso Dio dell'esteriorità, dell'essere lontano da te, dell'approvazione, della gloria, finirai col "bruciare" il tuo cuore, la tua anima e la tua parte sensibile: la perderai.

"Dove sarà pianto e stridore di denti": è un'immagine biblica che indica la constatazione del fallimento della propria esistenza. C'è un momento in cui vai così lontano da te che non riesci più a tornare indietro: quello è il fallimento della propria vita.

"Avete compreso tutte queste cose?". Gli risposero: "Sì". Ed egli disse loro: "Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" (Mt 13,51-52).

Mt chiude questo capitolo ricordando che lo scriba (che era il grande teologo, la persona più prestigiosa, di Israele) deve tornare ad essere discepolo, scolaro, ad imparare, perché in realtà, non hanno capito niente del regno dei cieli.

E questo ci ricorda che tutti siamo sempre discepoli: Papa, vescovi, studiosi, scienziati, esperti, tutti dobbiamo sempre avere l'umiltà di imparare, di mettere cioè in gioco le nostre idee, per cambiarle, perché si modifichino in base al nuovo che accade. Chi rimane nel vecchio muore. Come l'acqua: se scorre, se è nuova, è viva e si può bere; se stagna è mortale.

E Mt conclude: non si tratta di buttar via il vecchio. Il vecchio è un tesoro che altri hanno vissuto. Ma di aggiornare il vecchio col nuovo. Infatti prima mette "le cose nuove" e poi quelle "vecchie". Gesù, cioè, ha la precedenza su Mosè e se vuoi capire Mosè devi leggerlo attraverso Gesù.

Così il nuovo di oggi fa progredire verso la verità il vecchio. Chi rimane nel vecchio muore.

Pensiero della Settimana

A che serve all'uomo guadagnare il mondo intero
se poi non è felice?
A che serve all'uomo andare sulla Luna
se poi non è capace di vivere sulla Terra?
A che serve all'uomo scoprire l'universo
se poi non è capace di scoprire il proprio cuore?
A che serve all'uomo lavorare una vita
se poi non porta niente con sé?
A che serve all'uomo avere tanti uomini vicini
se poi non è capace di amarli?

 

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