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TESTO Il fastidio di Dio: "Ma chi mi ha dipinto così?"

don Marco Pozza   Sulla strada di Emmaus

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (27/07/2014)

Vangelo: Mt 13,44-52 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

47Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.

51Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». 52Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

Forma breve (Mt 13,44-46):

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

Si parla di un uomo che le ha distratto il cuore: "sei il mio tesoro". E viceversa: si parla di una donna che gli ha distratto l'anima, sin quasi a stordirla: "sei splendida come una perla". Il tesoro e la perla: ma anche i gigli e le focacce, la bellezza e l'amore, il batticuore e le sorprese della notte. Perché ciò che preme a Dio - prima di tutto, a fondamento di tutto, ancor prima del tutto - è dire all'uomo quanto la memoria di lui faccia battere il cuore pure a Dio. Esatto: non il Dio accigliato e cocciuto, barboso e melanconico, arruffato e serioso sin quasi allo stremo di certe raffigurazioni. Purtroppo anche di certe catechesi più o meno ortodosse: no, quelle sono le immagini che l'uomo s'è fatto di Dio, forse la conseguenza di ciò che l'uomo s'è sentito raccontare di Dio. Di sicuro non è ciò che Dio dice di se stesso e del suo paese: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo (...) Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose». Ecco come Dio descrive se stesso: narrando di tesori nascosti e di perle che appaiono. Il Vangelo è il cuore di Dio ma è per l'uomo: non solo tesori e perle ma anche mercanti e ortolani, cercatori di bellezza.

Un Dio che organizza una "caccia al tesoro"? Non è sciatteria, tanto meno banalità: è il vero cruccio del Cielo. Una di quelle dolci simulazioni che si fanno tra amanti: "trovami se sei capace", oppure "facciamo che io mi nascondo e tu mi cerchi". C'è chi va cercando Dio ostinatamente come il mercante va alla ricerca della perla - «andare», «cercare», «trovare», «comprare» -: a forza di cercare, il bracconaggio riesce. E c'è gioia in quell'incontro: «pieno di gioia», sottolinea il Vangelo, tanto sobrio nelle parole quanto copioso di piccoli particolari. Ma c'è anche chi Dio magari non lo sta cercando: per distrazione, per disinteresse, per scarsa familiarità con la gioia. In questo caso, è Dio a mettersi in moto, come per l'uomo che sta solcando le zolle di quel terreno. Mica sta cercando un tesoro, semplicemente lo trova, s'imbatte in esso, ne rimane stregato. Entrambi, però, il vangelo li accomuna per la gioia: una festosità così gaia nel cuore al punto tale da stravolgere la loro vita. Sorpresi dall'amore, sorprendono la cruda ferialità di un'esistenza che non sarà più la stessa. O, meglio, che leggeranno incuneandosi nelle feritoie di un Cielo diventato familiare. Sin quasi fanciullesco per quella sua voglia matta di giocare con i figli di quaggiù.

Del Dio barboso e accigliato? Il Vangelo mica arreca traccia: quei connotati da paura e da rimorso dell'anima li hanno aggiunti gli uomini - anche gli uomini della sua stirpe - perché è più facile manovrare un Dio vendicativo e tenebroso piuttosto che imbattersi in un Dio amabile e fanciullesco, sin quasi imbarazzante nel suo modo di raccontarsi e di affidarsi alla storia della sua umanità: un Dio che si nasconde per farsi trovare, un Di oche s'apposta per arrecare sorpresa, un Dio che finge d'essere lì - magari appena dietro la zolla - per caso quando in realtà t'aveva teso un tranello: per sorprenderti, per sorprendersi, per sorprenderli. Loro: quelli che non alla gioia non ci credono più, quelli che al Cielo temono di volgere ancora lo sguardo, quelli che alla religiosità popolare han preferito la bestemmia come ultimo approdo di un'ostinata ricerca. Quella nella quale è capitolata la grandezza di Salomone: «Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?». Dio gli aveva concesso il lusso di chiedere qualsiasi cosa volesse, Salomone s'arrischiò puntando dritto all'essenziale: un cuore docile e nulla di più. Per non tradire quel primordiale annuncio che è rimasto lo stesso nel trascolorare dei giorni: "Dio ti cerca e ti sta trovando. Non te lo perdere, altrimenti sei perduto". E perduto l'appuntamento con la sorpresa, perderà pure l'appuntamento con Dio. Tanto che di Lui, poi, farà solo grottesche caricature: tutte tristi, tra l'altro.

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