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TESTO Gesù, un amico da amare

mons. Antonio Riboldi

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (06/10/2002)

Vangelo: Mt 21,33-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

La pietra che i costruttori hanno scartato

è diventata la pietra d’angolo;

questo è stato fatto dal Signore

ed è una meraviglia ai nostri occhi?

43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.

Siamo nel mese di ottobre, che la Chiesa dedica alla recita del S. Rosario.

E vorrei con voi, miei amici carissimi, aprire questa nostra riflessione sulla Parola di Dio, trasmettere a ognuno di voi il mio grazie alla Mamma Celeste, che ci ha dato modo, con questa semplice preghiera, il Rosario, di stare un momento con lei, ripensando, o meglio contemplando, la vita di Gesù:

una contemplazione che poi è come entrare nel cuore di Dio, che dà senso e speranza alla nostra quotidianità.

Sono tante, ma tante le persone - e non solo le donne ma anche tanti uomini e tanti giovani - che non fanno trascorrere una giornata senza la recita del Rosario.

Come un voler unire cielo e terra, la nostra ferialità con l'amore del Padre; quasi a ripeterci che non siamo soli, ma sopra di noi splende sempre l'Amore e quindi la speranza.

Lo ricordo il Rosario nella mia famiglia, come in tantissime altre.

Faceva parte della nostra giornata vissuta in semplicità, una volta. Era la nostra "TV", ma aperta al Cielo. Un'altra cosa. Chiudeva la fatica della giornata.

Riuniva tutta la famiglia, a volte allargata ad amici, e sembrava una dolce melodia che dava un altro senso ad essere famiglia.

Dopo le fatiche della giornata, gli errori della giornata, quel momento diventava il ritrovarsi tutti uniti, come fossimo "chiesa domestica" in mezzo a cui c'era Gesù. Era davvero come sentire e respirare il profumo del Cielo che si abbassava fino a noi. Ed era così in quasi tutte le famiglie.

Visitando una sera un piccolo centro della mia Diocesi, alla periferia, dove le case sembrano unirsi e fare corona, era facile sentirsi dentro come in una sinfonia di Ave Maria che si inseguivano da famiglia a famiglia, proprio come una "corona".

E chi, visitando Lourdes o Fatima, ricorda il Rosario della sera alla luce della fiaccolata, non ha sentito davvero il cielo vicino e quasi il rosario diventare un dialogo con la Mamma Celeste che in quei momenti si rivela "cara mamma", molto vicina alla nostra vita, raccontandoci da discepola e maestra "la vita di Gesù, cui ha partecipato con totalità di cuore? Chi non ha pianto di commozione e di gioia in quei momenti?

Sono fiero di poter dire che la recita del S. Rosario per me è come un momento di serenità e grazia, ogni giorno. Ed è anche sentire la forza della speranza, quella che ti fa guardare con fiducia al domani, che sai nelle mani di Dio, che usa le tue mani armate del Rosario per costruire pace.

Ricordo un giorno visitai un liceo per parlare di legalità contro ogni criminalità organizzata. Un discorso pericoloso. Alla fine i giovani si affollarono attorno alla mia macchina. Ero solo, senza autista. "Non ha paura?" mi chiesero commossi. "No", risposi.

"E che fa durante la strada?" "Nelle mani stringo la corona del S. Rosario che recito e mi accompagno con l'ascolto di musica di Chopin".

Piangevano di commozione quei giovani. Dopo una settimana ricevetti un pacco con dentro le cassette di tutte le composizioni di Chopin ed una corona del Rosario. Con un biglietto dove era scritto: "Quando è in viaggio non si senta solo, ma ci sappia vicine tutte a pregare con lei e per lei e sentire Chopin".

Il Vangelo di questa domenica ancora una volta il Signore mostra la sua grande voglia di essere tutti noi operai nella sua vigna. Una vigna, la Chiesa, il mondo, l'umanità, che Lui "piantò e circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò ai vignaioli e se ne andò.

Al momento del raccolto mandò i suoi servi a ritirare il raccolto, ma questi furono presi a bastonate, altri li uccisero, altri li lapidarono. Alla fine mandò suo figlio: "Avranno rispetto di mio figlio!" si disse il padrone della vigna.

Ma i vignaioli, vedendo in lui l'erede, pensarono addirittura di venire loro in possesso della vigna e così lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero" (Mt.21,33-43).

E' il racconto della storia dell'amore che il Padre ha per l'uomo, l'umanità.

Un Padre che non si lascia prendere la mano dall'ira dopo il rifiuto che Adamo ed Eva fecero di Lui con il peccato originale. Lui è Padre. Noi siamo, lo vogliamo o no, lo riconosciamo con verità o neghiamo la stessa verità, "sue creature", che Lui vuol salvare a tutti i costi. Noi siamo sua vigna.

E' chiaro come nella parabola Gesù fa riferimento ai tanti profeti che Dio mandò per ammonire gli uomini. Ma questi il più delle volte fecero la fine dei servi inviati dal padrone: furono bastonati o uccisi. Ed anche il nostro tempo, è tempo di persecuzioni e martiri. L'amore del Padre arriva a donare Suo Figlio, Gesù. Ma anche lui, l'erede, fu crocifisso.

A leggere questa parabola, non si riesce davvero a capire la ragione dell'uomo che sembra non voglia riconoscere che la vigna, ossia tutto il bene che noi abbiamo e siamo, è dono, è frutto del Signore.

A volte la nostra superbia, simile a quella di Adamo, ci porta ad appropriarci di ciò che non è nostro e farci padroni, o meglio ladri.

In questi giorni si è tanto parlato della questione del Crocifisso, ossia se il Crocifisso doveva tornare nelle scuole, nelle strutture pubbliche.

E' vero che questo esporre Gesù crocifisso non può passare per un fatto politico. Deve essere il frutto di una memoria della nostra civiltà fondata sulla fede cristiana: una civiltà che è un poco non solo la nostra memoria, ma siamo noi. Ma perché tanta voglia di "cacciarLo?": Perché potrebbe influenzare chi deve crescere nella vita, come sono gli alunni? Perché dovrebbe essere il sale della pedagogia? Perché è uno stimolo a essere onesti e chiederci se siamo davvero di Cristo?

"Gli alunni - diceva uno che credeva di saperla lunga - devono avere davanti a sé campo libero da tutti, senza alcun punto di riferimento, se si vuole che la loro scelta sia libera". Impedisce forse Gesù una scelta di vita? Lui che è la Via, la Verità, la Vita? Quale scelta di vita può esserci per ogni uomo se eliminiamo subito la sola Verità della vita che è Dio?

Il bello è che poi non ci si pone il problema di vedere la croce fare bella mostra nelle sfilate di moda, in modo indecente, quasi una bestemmia. "La croce del peccato" era scritto di un modello di croce al collo di una donna in modo davvero sconveniente.

Quello che fa male è anche solo parlare di crocifissi sì, crocifissi no, ignorando che quella croce è il più grande atto di amore di Dio: un amore che dovremmo avere sempre presente per sentire la bellezza di essere amati.
Mi è dolce ricordare un amico.

Portava sempre tra le mani un piccolo crocifisso. "E' come se Gesù mi tenesse per mano. E quando le difficoltà crescono lo stringo talmente forte, come Gli stringessi la mano e a volte la mia mano porta l'impronta della croce, come se questa si fosse incisa per sempre.

Ma per me è una gioia ed una gloria sentire la croce nelle mani: è come stringere le mani piagate di Gesù".

Auguro a tutti i miei amici, che si uniscano alla grande catena di quanti ogni giorno recitano il S. Rosario o stringono la croce, in tutto il mondo, che questo immenso coro di Ave Maria davvero sia la sicurezza di un arcobaleno di pace.

Altri forse hanno fiducia nella potenza delle armi, ma questa immensa catena è la grande catena della pace. Facciamone parte.

 

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