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TESTO Lezioni di agraria per contadini frettolosi

don Marco Pozza   Sulla strada di Emmaus

XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (20/07/2014)

Vangelo: Mt 13,24-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 24espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. 28Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. 29“No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio”».

31Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. 32Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».

33Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

34Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, 35perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:

Aprirò la mia bocca con parabole,

proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.

36Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». 37Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. 38Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno 39e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. 40Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità 42e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. 43Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!

Forma breve (Mt 13,24-30):

In quel tempo, Gesù 24espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. 28Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. 29“No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio”».

I paradossi del Vangelo: quelli che stordiscono, spiazzano, forse anche infastidiscono. O, per lo meno, ti gettano addosso un qualcosa che annebbia la vista, che contorce i pensieri e che ti rimette al punto di partenza. Ancora una volta, l'ennesima, non l'ultima volta. Come oggi: una delle più splendide stramberie del Vangelo. Mica è la prima volta che allo sparuto gruppo d'umani al seguito di Cristo capita di vedere la zizzania: in terra di Palestina poteva capitare che qualcuno - immaginiamo per vendetta o gelosia, ch'è l'altra sua faccia - gettasse della zizzania nel campo del proprio nemico. Mica il padrone mostra d'essere sorpreso per questo. E nemmeno a destare la sorpresa è il fatto che alla fine il grano e la zizzania vengano separati, al tempo della mietitura. Ne l'uno, ne l'altro. Ad essere cagione di sorpresa e d'imbarazzante sconcerto è che il padrone ordini di non strappare la zizzania, ma di lasciarla crescere tranquillamente accanto e assieme alle spighe di grano buono. Verrebbe da chiederlo a quel contadino laggiù che sta ancora falciando l'erba: "Scusi, lei: ma dalle vostre parti per caso si fa così con la zizzania/gramigna?"

Del contadino non oso immaginare la risposta; ma del Vangelo è chiara, al netto di ogni ambiguità. Perché quello al centro della vista non è un campo qualsiasi, qui c'è un contadino tuttofare - un certo Gesù di Nazareth - che lo sta paragonando al campo di lassù, al Regno dei Cieli. Quello che si prepara quaggiù, nel regno degli uomini. Ecco dunque la domanda lecita, familiare, scontata: "Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?" Uno sconcerto raddoppiato, se anche l'ultimo intervento di Dio - quello per preparare il quale stuoli di profeti e profetesse hanno lasciato la pelle e la voce - non ha cambiato le cose. E la risposta è là, decantata e dipinta com'era nei primi righi del libro della Genesi. Quando qualcuno imbastardì la Creazione striandola con il sospetto di un Dio malvagio. E il padrone questo lo sa, non è un ingenuo: "Un nemico ha fatto questo". Punto e a capo: dire di più non serve. A loro deve bastare la certezza lapidaria del Padrone: che la zizzania, al tempo opportuno, verrà separata dal grano buono. Che la sua paziente e disarmante bontà a tutto potrà essere paragonata ma di certo non ad una mancanza di carattere. E tanto meno ad un'incapacità di scorgere dove abita il bene e dove dimora il suo opposto/nemico, ovverosia il male.

    "Non si crede perché Dio risolve il problema del male - dissi - E non si perde la fede perché si scopre che Dio non lo risolve. Se fosse così tutte le persone felici sarebbero credenti e tutte quelle colpite da sventure sarebbero atee e invece capita il contrario. C'è tutta una letteratura sulla fede che nasce dal dolore. Si crede più facilmente nonostante qualcosa piuttosto che a causa di qualcosa. Ieri la tua preghiera non sembrava proprio quella di un patsore in crisi"

    (M. Veladiano, Il tempo è un Dio breve, Einaudi)

Fosse per i discepoli la zizzania verrebbe strappata all'istante. Invece Cristo li stoppa, li redarguisce a modo suo, ne limita l'azione: mica devono essere loro i mietitori, a loro è chiesto di seminare. E di non cedere alla facile tentazione di disperare: «E' sperare la cosa difficile - scriveva Charles Péguy - a voce bassa e vergognosamente. La cosa facile è disperare ed è la grande tentazione». Disperare perché il bene sembra sempre inferiore, inadatto, troppo poco: anche il lievito è sempre poco rispetto alla pasta, eppure la fa lievitare tutta. Com'è anche del granello di senapa: quand'è piccolo, tutti a prenderlo in giro, a canzonarlo, a fare paragoni per scoraggiarne la crescita. Ma poi quando cresce, s'ingigantisce, s'irrobustisce valli tu a contare tutti gli uccelli che s'annidano tra le sue fronde. Quant'è buffo e amabile Cristo quando gioca con le parabole: come i bambini a fare castelli sulla sabbia, a cercare di nascondere l'acqua del mare in una buca scavata sul bagnasciuga, a dare di matto mentre tutt'intorno sono seri. Le parabole sono come dita per il Cristo dei Vangeli: quando il dito indica la luna, solo lo scimunito si ferma a guardare il dito perdendosi la luna. Così sarà - parole Sue - del Regno di Lassù, quello dei Cieli. Nel frattempo, però, c'è il quaggiù dell'uomo: terra dove il bene cresce accanto al male, dove Cristo è all'opera spartendosi la medesima terra con Maligno, dove non sempre è così facile strappare il male senza arrischiarci di rovinare pure del bene ch'è nascosto accanto. Forse per questo Cristo accetta di passare pure per incapace o impotente. Perché il bello sarà alla fine. Lassù: dove un chicco di grano vale più di un campo di zizzania.

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